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Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica quasi 13 milioni di nostri connazionali tra i 18 e i 64 anni devono gestire responsabilità di cura verso propri familiari. Nello specifico, nel 2018 sono circa 2 milioni e 827mila gli italiani caregiver, cioè che si prendono cura di un parente affetto da malattie gravi e spesso non autosufficiente; sono invece 10 milioni e 564mila le persone con carichi legati alla dimensione della genitorialità.

In totale si parla di circa il 34,6% della popolazione. Tale percentuale non si discosta molto dalla media europea: nell’UE28 sarebbero infatti 106 milioni (34,4%) gli individui a dover affrontare quotidianamente responsabilità di cura. In particolare l’Irlanda è il Paese dove la quota di individui con responsabilità di cura è più alta (quasi il 45% della popolazione); le percentuali più basse (circa il 28%) si trovano invece in Germania e Bulgaria (figura 1).


Figura 1. Responsabilità di cura per Paese UE28
Fonte: Indagine Istat “Conciliazione tra lavoro e famiglia – Anno 2018”


L’Istat evidenzia come tali condizioni influenzino in maniera particolare sulle dinamiche occupazionali
. Il report – scaricabile qui – afferma che “essere impegnati in un’attività lavorativa e allo stesso tempo doversi occupare di figli piccoli o parenti non autosufficienti comporta una modulazione dei tempi da dedicare al lavoro e alla famiglia che può riflettersi sulla partecipazione degli individui al mercato del lavoro, soprattutto delle donne, le quali hanno un maggiore carico di tali responsabilità“. Ciò è evidenziato dalla figura 2.


Figura 2. Tasso di occupazione di uomini e donne con figli al di sotto dei 15 anni
Fonte: Indagine Istat “Conciliazione tra lavoro e famiglia – Anno 2018”

In questo senso fa riflettere che oltre l’11% delle donne con almeno un figlio non abbia mai lavorato proprio per prendersi cura dei figli: un valore decisamente superiore alla media europea, pari al 3,7%. Nel Mezzogiorno, in particolare, una donna su cinque con almeno un figlio dichiara di non aver mai lavorato proprio a causa delle responsabilità di cura. In questa stessa area del Paese si registra anche la quota più alta di donne che dichiarano di non lavorare per motivi non legati alla cura dei figli (12,1% rispetto al 6,3% della media italiana e al 4,2% della media europea).

Armonizzare tempi di vita e di lavoro: un percorso a ostacoli

Quanto detto sin ora è strettamente connesso al fatto che la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli di vita familiare risulta difficoltosa per più di un terzo degli occupati (35,1%) con responsabilità di cura nei confronti di figli. Le maggiori difficoltà riguarderebbero l’orario di lavoro troppo lungo, l’organizzazione di turni e il lavoro nel fine settimana, l’impegno e la fatica, i tempi legati agli spostamenti (figura 3).


Figura 3. Tipo di difficoltà degli occupati con responsabilità di cura nei confronti di figli
Fonte: Indagine Istat “Conciliazione tra lavoro e famiglia – Anno 2018”

Come conseguenza di tali difficoltà, il 22,5% degli occupati con figli di 0-14 anni ha dichiarato di aver apportato un cambiamento nel lavoro attuale, come delle modifiche all’orario o – addirittura – il cambio di occupazione o mansione. Se padri e madri riportano problemi di conciliazione in egual misura, sono però soprattutto le donne ad aver modificato qualche aspetto della propria attività lavorativa per meglio combinare il lavoro con le esigenze di cura dei figli: il 38% delle madri occupate, oltre un milione, ha dichiarato di aver apportato un cambiamento, contro poco più di mezzo milione di padri (12%).


Come affrontare la situazione?

Alla luce di queste elaborazioni statistiche ci sempra cruciale sottolineare come siano necessarie azioni adeguate per affrontare la situazione attuale. Come già abbiamo avuto modo di segnalarvi, dovrebbe essere anzitutto la Politica a prendersi a cuore la questione, attraverso misure strutturali che superino l’attuale sistema fondato sui bonus e che favoriscano una maggiore equità dei ruoli (ad esempio investendo sul congedo di paternità).

Un altro fronte su cui invece qualcosa sembra muoversi è quello del welfare aziendale – e nello specifico quelle destinate alle spesa per il sostegno alla genitorialità e alla cura di familiari non autosufficienti – e delle azioni legate alla flessibilità organizzativa (smart working, flessibilità oraria in entrata e uscita, congedi parentali e familiari extra, disbrigo pratiche, ecc.) possano essere cruciali per i lavoratori italiani che si trovano a dover gestine oneri di cura.

Oltre ad un sostegno sul piano economico e nella riorganizzazione dei tempi, queste misure possono infatti contribuire a produrre un salto culturale, alimentando l’idea – espressa anche in questo nostro contributo – che le “questioni” della conciliazione vita-lavoro e della cura genitoriale-familiare non sono meramente femminili ma, piuttosto, riguardano in egual misura padri e madri.


Riferimenti

“Conciliazione tra lavoro e famiglia – Anno 2018”

In allegato la grafica di Istat che sintetizza i principali contenuti dell’indagine (cllica l’immagine per ingrandire)