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Il sistema di educazione e istruzione 0-6 anni

Lo scorso aprile sono stati approvati i decreti attuativi della legge 107/2015 che istituisce in Italia il sistema di educazione e istruzione dalla nascita fino ai sei anni. L’obiettivo è quello di offrire un’equa distruzione territoriale di strutture e servizi – allineati secondo standard nazionali – gestiti grazie a una ripartizione chiara ed efficiente dei diversi attori istituzionali.

Il Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino a 6 anni concorre così a far uscire i servizi educativi per l’infanzia dalla dimensione assistenziale – più orientata a rispondere ai bisogni di cura – per farli entrare a pieno titolo nella sfera educativa. Si intende infatti garantire continuità tra il segmento di età 0-3 e 3-6 ampliando i servizi educativi per l’infanzia (0-3) con l’obiettivo di raggiungere una copertura nazionale pari al 33% della popolazione sotto i tre anni, adeguamento richiesto dagli obiettivi europei 2020.

Il nuovo sistema verrà finanziato con un Fondo specifico per l’attribuzione di risorse agli Enti locali e per la prima volta sarà istituita una soglia massima per la contribuzione da parte delle famiglie.


L’assegnazione delle risorse in Conferenza Unificata Stato-Regioni

Con l’approvazione, il 2 novembre 2017, della Conferenza Stato-Regioni, parte ora il piano triennale che, attraverso i duecentonove milioni di euro stanziati, finanzierà interventi volti a potenziare nidi e scuole materne da 0 a 6 anni. Le risorse saranno destinate alle Regioni ed erogate dal Miur direttamente ai Comuni beneficiari, in forma singola o associata. Per il 2017, il Fondo è ripartito tra le Regioni: per il 40% in proporzione alla popolazione di età 0-6 anni, in base ai dati Istat; per il 50% in proporzione alla percentuale di iscritti ai servizi educativi al 31 dicembre 2015; per il 10% in proporzione alla popolazione di età 3-6 anni, non iscritta alla scuola dell’infanzia statale, in modo da garantire un accesso maggiore.

La Lombardia, con quaranta milioni di risorse stanziate, è la regione che riceverà più fondi. È prevista una specifica governance in cui il Miur avrà un ruolo di coordinamento, indirizzo e promozione, in sintonia con le Regioni e gli Enti locali, sulla base del Piano di Azione Nazionale che sarà adottato dal Governo.


La ricerca dell’Istituto degli Innocenti

Alla luce di queste novità, è interessante guardare alla ricerca pubblicata dall’Istituto degli Innocenti – istituzione pubblica fiorentina dedicata alla tutela dell’infanzia – volta a presentare i dati nazionali delle politiche educative per l’infanzia, attraverso le rilevazioni raccolte nell’anno educativo 2015/2016 in 50 Comuni Italiani.

Ciò che emerge innanzitutto è che se tutti i bambini dai 3 ai 6 anni frequentano le scuole per l’infanzia (1 milione e 6oo mila posti ad accesso per la maggior parte gratuito), in media solo un bambino su cinque frequenta l’asilo nido e la proporzione diminuisce a uno su dieci nelle regioni del Sud.

La mancanza di servizi educativi per i primi anni di vita del bambino condiziona fortemente la tendenza al calo demografico (con una media di numero di figli per donna sceso a 1,37) e alla disoccupazione femminile (al di sopra del 50% e di 10 punti superiore rispetto alla media europea).


Il rapporto tra domanda e offerta: alcuni dati

Lo studio condotto ha fatto emergere un primo dato significativo. Ogni anno, oltre il 13 per cento dei bambini che trova posto al nido rinuncia a esso prima di iniziare la frequenza. Di quelli che iniziano invece, il 6 per cento si dimette dopo qualche mese e il 10 per cento prosegue senza che la famiglia paghi la retta. Questa tendenza inoltre interessa maggiormente le zone con la più alta diffusione di servizi, ovvero al Centro Nord in cui la maggiore presenza di nidi, accompagnata da tariffe molto elevate (che i gestori non possono abbassare ulteriormente), induce le famiglie alla rinuncia al posto. Ciò dimostra come la diffusione quantitativa e qualitativa dei nidi non sia sufficiente a determinarne la facilità nell’accesso, dal momento che l’aspetto economico rimane il maggior elemento di criticità nella scelta o meno del servizio.

A sostegno di tale osservazione troviamo il fatto che non risultano dati di rinuncia per la scuola dell’infanzia ed è ormai pratica diffusa anticiparne l’ingresso tra i bambini che compiono i tre anni entro il 30 aprile dell’anno scolastico, senza però un adeguamento delle strutture in termini di rapporti numerici insegnanti/bambini e di funzionalità di ambienti e servizi.
 

Oltre il “servizio a domanda individuale”

Secondo lo studio dell’Istituto degli Innocenti, alla luce del quadro presentato, è fondamentale che, come valorizzato nella riforma, i nidi escano dal meccanismo del servizio a domanda individuale per essere integrati nel sistema nazionale di educazione e istruzione.

Se da un lato, per rendere progressivamente gratuito il loro accesso, è fondamentale un intervento di sostegno pubblico non più legato solo ai bilanci dei Comuni ma derivante dall’impegno diretto dello Stato, dall’altro è necessario attuare strategie che ottimizzino l’utilizzo degli spazi presenti nelle scuole per l’infanzia (dovuti in parte anche al progressivo calo demografico) così da poter erogare un’offerta educativa di qualità anche per i bambini sotto i tre anni, nell’ottica di implementare una rete di servizi per l’infanzia capillare e accessibile a tutte le famiglie.
 

Riferimenti:

Sito del Miur
Fortunati A., Pucci A. (2016), Mai più a domanda individuale, per favore, Firenze, Istituto degli Innocenti.