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A partire dallo scoppio della crisi finanziaria del 2008 una “guerra civile” di idee ha attraversato l’Europa, estremizzando le tensioni presenti e portando la polity1 europea sull’orlo di una crisi esistenziale. Crisi dopo crisi, l’Unione in quanto tale è divenuta il bersaglio di feroci attacchi che ne hanno messo in discussione autorità, identità e coesione, stravolgendo quell’ethos comunitario costruito a fatica dopo il secondo conflitto mondiale. Ripercorrendo fin dall’origine il processo di integrazione europea, nel volume Politics and Social Visions (Oxford University Press, 2024) Maurizio Ferrera utilizza la chiave di lettura della sfera ideazionale per illuminare cosa ha condotto l’Unione Europea sull’orlo dell’abisso. E cosa ne ha permesso la rinascita a partire dalla crisi pandemica.

Idee: un fattore causale autonomo

L’assunto chiave da cui muove il lavoro di Ferrera riguarda la forza delle ideologie: non sottoprodotto di sovrastrutture economico-sociali, ma elementi aventi forza causale autonoma. Nel solco della tradizione Weberiana, le idee sono intese qui come forze di per sé efficaci nella storia, capaci di aprire nuovi scenari politici sulla base di simboli e immaginari costruiti a partire da interessi, valori e identità.

Le ideologie fungono così da mappe cognitivo-affettive necessarie per sistematizzare e organizzare ogni realtà politica, compresa quella della polity europea.

Come sottolinea Ferrera, le ideologie giocano infatti un ruolo essenziale nella strutturazione di ogni polity, non solo delineando identità e confini del conflitto legittimo, ma anche favorendo (o impedendo) la “comunalizzazione ideologica”: il raggiungimento di un nucleo minimo condiviso di valori in cui l’impegno verso la salvaguardia della polity è reso un “dato di fatto”, sottratto alle variabili di politicizzazione e conflitto distruttivo. Solo attraverso questa comunalizzazione la competizione tra ideologie può svolgersi nell’ombra rassicurante di stabilità e continuità, proiettando la polity verso un futuro che reclama a sua volta visioni politiche adeguate e responsabili.

Le occasioni perse e la de-comunalizzazione reversibile

La storia della comunalizzazione ideologica dell’UE è stata però a lungo una storia di fallimenti: è da essi che Politics and Social Vision prende il via nel suo itinerario ricostruttivo.

Il percorso tracciato da Ferrera si caratterizza come una serie di occasioni perse: la retta temporale dell’Unione appare infatti puntellata di “giunture critiche” in cui le principali famiglie politiche non sono riuscite a cogliere l’opportunità – o rispondere al bisogno – di un salto qualitativo nelle logiche di integrazione. In questo itinerario, di particolare importanza è quanto accaduto a partire dagli anni ’70, con la progressiva crisi di quel “consenso social-democratico” che fin dal Dopoguerra aveva guidato tanto le pratiche dell’integrazione europea quanto lo sviluppo dei welfare state nazionali.

Come spiega Ferrera, di fronte a questa crisi e alla necessità di trovare un nuovo “consenso” dalle capacità strutturanti, la (non) risposta è stata un prolungato vuoto di immaginario politico da parte delle due principali famiglie ideologiche europee, a lungo prigioniere delle proprie logiche endogene. Se i cristiano-democratici sono rimasti intrappolati nella “gabbia d’acciaio” di sussidiarietà e Ordnung2, il campo della sinistra europea è invece rimasto spezzato lungo linee territoriali e ideologiche, spesso intersecate: riformisti contro massimalisti, Nord contro Sud, nazionalismo di welfare contro sovranazionalismo. In questo contesto, le visioni politiche per una nuova Europa (che pur hanno iniziato a emergere, come testimonia la breve parabola dell’Europa Sociale) sono velocemente naufragate, lasciando campo aperto alle incursioni di ideologie nuove o “rinate”, proliferate di crisi in crisi.

L’ordine liberale dopo la pandemia: il ruolo di intellettuali e scienziati sociali

Dal passato al presente, Politics and Social Visions seziona queste nuove ideologie, talvolta “regnanti” (neoliberalismo e sue varianti), talvolta solo “contendenti” (nazionalismo, regionalismo, populismo, tecnocrazia), sottolineandone gli effetti destrutturanti sulla polity europea. Attenzione particolare è messa sulle implicazioni spaziali delle diverse ideologie. Se la competizione democratica orizzontale (destra-sinistra) è benevola per la polity, rendendola dinamica senza che i suoi confini politici siano messi in discussione, così non accade con le dimensioni spaziali implicite nelle altre ideologie qui citate. Sopra-sotto, massa-élite, dentro-fuori, noi-loro: tutte dimensioni di conflitto politico logoranti per la polity, con forte effetto de-comunalizzante.

È con la crisi dei debiti sovrani e la sua “guerra civile” – apice della de-comunalizzazione – che il volume chiude questa prima parte ricostruttiva, lasciando un’Unione schiacciata sui dogmi della responsabilità fiscale avanzati con forti pretese moralizzanti. Un’Europa forse ricca di ‘pragmatismo’, ma estremamente povera di visioni per il futuro.

Dal Pilastro europeo al futuro eco-sociale

È da questa fase di “crisi esistenziale” che la traiettoria fortemente discendente dell’UE inizia a invertirsi, aprendo a partire dal 2015 – sotto la pressione urgente della dilagante crisi sociale–  una stagione destinata a elaborare e realizzare i primi passi verso una nuova visione di comunità politica.

Seguendo Ferrera, protagonista di questa nuova fase è la “ritrovata” sinistra Socialdemocratica, capace di colmare una parte consistente delle precedenti divisioni, trovare nuova disciplina all’interno del Parlamento Europeo e negoziare con le Commissioni Junker e Von der Leyen (entrambe “benevole” dal punto di vista sociale) dei piani di azione per una più convinta socializzazione dell’Unione.

È in questi capitoli chiave che Ferrera disegna il recente passato e il presente del nuovo percorso intrapreso dall’UE: l’emergere del Pilastro Europeo dei diritti Sociali; la rapida espansione della produzione legislativa su standard sociali e lavoro; la vivace elaborazione (con il contributo decisivo della comunità epistemica) di nuovi paradigmi di policy, in parte concretizzati durante la fase Covid attraverso misure come SURE – Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency  e la Recovery and Resilience Facility (fulcro del programma NextGeneration EU, ndr).

Dopo Porto, l’Unione Europea sarà più sociale?

Una serie di vere e proprie rivoluzioni che è possibile organizzare logicamente all’interno della Gestalt3 dell’Unione Sociale Europea: una visione (o “meta-concetto”) di ampio respiro che Ferrera identifica come lo strumento più adatto per controbilanciare l’esistente Unione Economica e Monetaria, trasformando l’UE in una “insurance Unionpiù resiliente e giusta.

È da queste considerazioni che il volume si avvia verso la sua parte conclusiva, dove Ferrera avanza la propria proposta per il futuro dell’Unione: coltivare con cura i semi piantati nell’ultima decade e forgiare un nuovo ‘consenso progressista’, capace di rilanciare definitivamente il progetto europeo attraverso un nuovo contratto eco-sociale. Le basi immaginative (e di policy) sono in larga parte già presenti, elaborate dal “campo largo” della sinistra europea, dai Socialdemocratici ai Verdi: simboli come la Transizione Giusta, la sperimentazione di inedite forme di investimenti e solidarietà tra Stati Membri, nuove pratiche di condivisione del rischio (superando la gabbia del moral hazard), e la volontà di una regolamentazione sociale fondata su veri diritti e doveri (dando così maggiore sostanza a una cittadinanza europea oggi priva di consistenza).

Potenziare l’agenda dell’UE sulla cittadinanza sociale

È attraverso tutti questi elementi che l’UE, secondo Ferrera, può completare il processo di integrazione di “Europa dentro la Nazione”, facendosi comunità capace di fornire prosperità ai vari sistemi di welfare nazionali, non rimpiazzandoli (o smantellandoli), ma “assicurandoli” e spingendoli verso opportuni adattamenti, in una convergenza “al rialzo” incentrata su standard elaborati congiuntamente. Tutto ciò esaltando costantemente la componente di giustizia sociale all’interno delle grandi transizioni (e ”trasformazioni”, nel senso di Polanyi) che l’Europa deve e non può non affrontare, a partire dalla sfida del cambiamento climatico.

È per mezzo di questa visione di Unione eco-sociale che, infine, la copertina del volume trova spiegazione: due aeroplani, uno verde e uno rosso, pronti a spiccare il volo in un nuovo “progetto Speranza. Il tempo di ideologie e immaginari politici è dunque tutt’altro che terminato, e forte è la necessità di “stelle polari” capaci di guidare l’UE attraverso quel destino comune che, a partire dall’esperienza Covid, appare sempre più inevitabile. Tutto ciò rendendo nuovamente l’Europa un faro di avanguardia sociale nel mondo.

 

 

Note

  1. La “polity” è il termine con cui si indica l’organizzazione strutturale e istituzionale di un sistema politico, comprendente le regole, le procedure e le istituzioni che governano una società.
  2. L’Ordnung è un concetto tedesco che si riferisce all’ordine, alla struttura o alla regolamentazione di un sistema sociale, economico o giuridico. Ad esempio, nel contesto economico, il termine è presente nel concetto di “Ordoliberalismus” (ordoliberalismo), scuola di pensiero che enfatizza l’importanza di un quadro legale e istituzionale stabile per garantire la concorrenza e il funzionamento del mercato. L’Ordnung implica quindi un equilibrio tra libertà individuale e regolamentazione statale, volto a mantenere un ordine sociale ed economico efficiente e giusto.
  3. Concetto della psicologia che si riferisce all’idea che il tutto è più della somma delle sue part. Le persone, infatti, percepiscono oggetti e scene nel loro insieme piuttosto che attraverso una semplice somma di componenti individuali. In altre parole, la mente umana tende a organizzare e interpretare le informazioni visive e sensoriali come strutture complete e significative, anziché frammentate.
Foto di copertina: Antoine Schibler, unsplash.com