Tecnicamente, il take-up è il rapporto tra il numero di individui o nuclei familiari che ricevono una prestazione sociale e il totale di coloro che ne avrebbero diritto (Hernanz e al., 2004). Il non-take-up, quindi, si verifica quando persone eleggibili a un beneficio non lo ricevono, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga per scelta o per altri ostacoli. Un esempio concreto può essere il caso di una famiglia avente diritto all’Assegno di Inclusione, la misura che ha sostituito il Reddito di Cittadinanza, ma impossibilitata ad accedervi perché non ha presentato la dichiarazione ISEE richiesta o perché ignara dell’esistenza della misura.
Il fenomeno nel non-take-up è tutt’altro che marginale nel nostro Paese. Basti pensare che nel 2021, secondo INPS, il Reddito di Cittadinanza ha registrato un tasso di take-up solamente del 71% (INPS, 2023). E bisogna inoltre tener conto che in Italia le stime ufficiali del take-up delle misure di welfare pubblico sono scarse e frammentarie. Le poche stime presenti sono per lo più frutto di studi accademici isolati e la mancanza di dati precisi rende difficile calibrare politiche efficaci per ridurre il problema, che comporta costi elevati sia per i singoli che per la collettività. Non solo i beneficiari perdono l’accesso a un sostegno economico a cui avrebbero diritto, ma si indebolisce anche l’efficacia complessiva del welfare e la sua capacità di funzionare come strumento di investimento sociale a lungo termine.
Per individuare possibili soluzioni al fenomeno del non-take-up appare dunque necessario individuarne le cause. Di seguito si propone un’analisi che va in tal senso.
Le riflessioni proposte di seguito sono frutto della tesi di laurea dell’autore, discussa presso l’Università degli Studi di Milano e dedicata al tema “Non-Take-Up and Means- Test: The Case of Indicatore Situazione Economica Equivalente (ISEE)”. |
Le cause del non-take-up
Le prime ricerche sul fenomeno, risalenti agli anni ’60, attribuivano il non-take-up esclusivamente a fattori individuali. Tuttavia, studi più recenti hanno evidenziato il ruolo determinante delle barriere amministrative e delle caratteristiche di design delle policy. Secondo la classificazione di Van Oorschot (1994), le cause del non-take-up si articolano su tre livelli: individuale, amministrativo e design della policy (Goedemé e Janssens, 2022).
A livello individuale, il fenomeno è spesso spiegato attraverso il modello della scelta razionale: gli individui richiedono un beneficio solo se i vantaggi percepiti superano i costi. Tra questi ultimi rientrano i costi informativi e burocratici. Se le informazioni sono scarse frammentate e se la procedura per ricevere il benefit viene percepita particolarmente laboriosa, vi è una più alta probabilità di rinuncia. Inoltre, lo stigma può svolgere un ruolo chiave. La necessità di dichiarare la propria condizione economica può essere vissuta come umiliante. In contesti culturali dove prevale un forte valore del lavoro e dell’autosufficienza, il ricorso all’assistenza pubblica può essere percepito come una sconfitta. Anche fattori cognitivi, come il sovraccarico informativo o la tendenza a procrastinare, incidono sulla decisione. Infine, le reti sociali giocano un ruolo cruciale: chi ha contatti con beneficiari di misure simili tende ad accedere più facilmente ai sussidi, mentre chi ne è escluso tende ad essere meno informato sulle possibilità che ha a disposizione.
Sul piano amministrativo, tra le cause rientra spesso il coinvolgimento di più enti erogatori, che può portare ad una frammentazione delle informazioni disponibili e delle procedure. Spesso l’accesso a un beneficio richiede la collaborazione tra più organizzazioni, come nel caso della certificazione ISEE che coinvolge sia INPS che l’Agenzia delle Entrate. La carenza di campagne informative efficaci rappresenta un ulteriore fattore critico. La segmentazione delle informazioni tra diversi portali istituzionali e la scarsa copertura mediatica rendono difficile per i cittadini comprendere a quali misure possono accedere. A queste cause si aggiungono poi costi burocratici indiretti: raggiungere un ufficio pubblico in una zona mal servita dai trasporti o affrontare lunghe code agli sportelli può scoraggiare la richiesta del beneficio.
Infine, il design delle policy gioca un ruolo chiave nel determinare l’accessibilità delle prestazioni sociali. Regole complesse, criteri di selezione stringenti e procedure macchinose rappresentano fattori deterrenti, specialmente per le fasce più fragili della popolazione. Anche la digitalizzazione, pur avendo il potenziale di semplificare l’accesso, rischia di creare nuove forme di esclusione per chi ha scarse competenze digitali o non dispone di strumenti adeguati. L’ammontare del beneficio è un altro elemento determinante: importi troppo bassi o pagamenti dilazionati nel tempo possono ridurre l’interesse nel richiederlo. Infine, nei programmi che prevedono verifiche reddituali, il già citato stigma sociale può essere un fattore determinante sul take-up della misura.
Quali strategie per contrastare il non-take-up?
Se le cause possono essere molteplici ed interconnesse, anche le possibili soluzioni richiedono un approccio capace di intervenire su più livelli.
Tra le misure necessarie indicate dalla letteratura accademica vi è un miglior coordinamento tra gli enti coinvolti, per evitare la frammentazione dei servizi e ridurre i costi burocratici a carico dei cittadini. Una maggiore sinergia tra le istituzioni non solo faciliterebbe l’accesso ai benefici, ma renderebbe anche più efficace come vengono comunicati.
In questo senso, come detto, la difficoltà nell’orientarsi tra i portali online e le informazioni frammentate, rappresentano un ostacolo significativo. In Italia, ad esempio, manca un unico portale di riferimento che raccolga tutte le prestazioni sociali disponibili con i relativi criteri di eleggibilità. Questa carenza aumenta i costi informativi e incide direttamente sul take-up. In altre parole, un maggiore coordinamento nella comunicazione istituzionale tra enti erogatori potrebbe quindi rendere più accessibili le informazioni e facilitare l’accesso alle prestazioni.
Inoltre, la soluzione più efficace e strutturale sarebbe l’automatizzazione del processo di erogazione delle prestazioni sociali. Un sistema in cui i benefici vengono assegnati in automatico a chi ne ha diritto, ridurrebbe drasticamente il problema del non-take-up, eliminando la necessità di procedure complesse e riducendo al minimo il rischio di esclusione involontaria.
Ma per poter realizzare delle politiche di contrasto al non-take-up, serve prima di tutto il giusto riconoscimento sociale e politico del problema. Per questo sarebbe anzitutto necessario produrre con continuità e precisione stime ufficiali sui tassi di take-up delle prestazioni sociali. Soltanto così si può avere una piena coscienza del problema e della sua entità, in modo che possano essere adottate delle soluzioni per rendere il welfare più inclusivo ed efficace. Un tema che sarà oggetto di prossimi approfondimenti su questo portale.
Bibliografia
- Goedemé, T. & Janssens, J (2020), The concept and measurement of non-take-up. An overview, with a focus on the non-take-up of social benefits, Deliverable 9.2, Leuven, InGRID-2 project 730998 – H2020.
- Hernanz, V., F. Malherbet and M. Pellizzari (2004), “Take-Up of Welfare Benefits in OECD Countries: A Review of the Evidence“, OECD Social, Employment and Migration Working Papers, No. 17, OECD Publishing, Paris.
- INPS (2023), XXII Rapporto annuale INPS 2023. Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
- Van Oorschot, W. (1994), Take it or leave it: a study of non-take-up of social security benefits. Tilburg: Tilburg University Press.