La povertà in Italia è stabile. Nel 2018 (come vi spiegavamo qui) si trovavano in povertà assoluta 1.822.000 famiglie per un totale di 5.040.000 persone: secondo Istat quasi gli stessi numeri del 2017. Il fatto che la povertà non sia diminuita non può far sorridere, ma guardando alla situazione generale del Paese forse si può parlare di una quasi-buona-notizia. L’anno scorso la crescita della nostra economia ha rallentato (da +1,7% al +0,9%) e al contempo sono calati i consumi medi delle famiglie (-0,9%). I dati dicono però che i nuclei con minore capacità di spesa sono gli unici che hanno mantenuto i propri livelli di consumo. In altre parole, le famiglie più povere sono quelle che hanno subito meno il trend negativo dell’ultimo anno.
Come è possibile? L’ipotesi, confermata anche da INPS, è che questo andamento sia dovuto al Reddito di Inclusione (REI), la misura pubblica di contrasto alla povertà che è stata in vigore per tutto il 2018 prima di essere sostituita, nel marzo scorso, dal Reddito di Cittadinanza. Il REI ha infatti raggiunto 1,4 milioni di persone (29% di chi era in povertà assoluta) che si collocavano in gran parte nel 10% più povero della popolazione. La misura dunque, pur non influenzando l’incidenza della povertà – quante sono le persone povere – ha permesso la diminuzione dell’intensità della stessa – quanto sono povere le persone povere. Con ogni probabilità, nonostante condizioni generali avverse, il livello della povertà nel nostro Paese non è peggiorato proprio grazie al REI. Non si è risolto il dramma, ma si è evitata la tragedia.
Cristiano Gori, ideatore e referente scientifico dell’Alleanza contro la povertà, in una recente intervista a Secondo Welfare ha spiegato come il REI, date le scarse risorse a disposizione, dal punto di vista monetario abbia fatto il massimo possibile. La vera “eredità” del REI, sostiene però Gori, non è da ricercare nei dati economici ma nei profili strutturali. Ad esempio, l’assunzione da parte dei Comuni di personale specificamente dedicato all’implementazione del REI (INAPP stima 3.000 persone) ha garantito la costruzione di una infrastruttura nazionale per il welfare locale necessaria allo sviluppo di percorsi che possano permettere alle persone di uscire effettivamente dalla povertà. Una impalcatura che sarà utilissima anche per il “discendente” diretto del REI, il Reddito di Cittadinanza, visto che la maggior parte dei beneficiari, pare, non potranno essere presi in carico dai Centri per l’Impiego e dovranno pertanto rivolgersi ai servizi sociali comunali per essere inseriti in percorsi di inclusione.
È questo uno degli elementi più significativi che emerge dal monitoraggio che l’Alleanza ha svolto lo scorso anno sul REI. Lo studio, che sarà presentato in autunno con un volume apposito, ha analizzato tra le altre cose platee, caratteristiche dei beneficiari, take-up, azioni messe in atto dagli ambiti sociali territoriali. Informazioni necessarie per capire meglio cosa ci ha lasciato il REI, ma che potranno essere molto utili per il Reddito di Cittadinanza che presumibilmente, anche per “esigenze europee”, dovrà presto essere “ricalibrato”.
Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio su Corriere Buone Notizie nella sezione "Il dibattitto delle idee" col titolo "L’inclusione del REI. Cosa ci lascia la ricetta anti povertà" ed è qui riprodotto previo consenso dell’autore.