L’Alleanza contro la povertà in Italia sta elaborando alcune proposte destinate al miglioramento del Decreto per l’attuazione del Reddito di Cittadinanza (RdC) e, attraverso un documento pubblicato il 24 gennaio, invita Governo e Parlamento ad avviare un dialogo nell’interesse dei poveri. In questo articolo vediamo brevemente i contenuti del comunicato (disponibile qui) diffuso da questa associazione che coinvolge 38 organizzazioni che si occupano a vario titolo di povertà in Italia.
Il modello
Il RdC incrementa i fondi destinati ai poveri; come vi abbiamo mostrato in questo approfondimento quello stanziato dalla Legge di Bilancio è infatti il più alto ammontare di risorse destinato alla lotta alla povertà in Italia. Come sottolinea l’Alleanza, si tratta di un risultato chiaramente positivo ma che si accompagna a una serie di criticità che riguardano gli interventi messi in campo.
Le misure previste dal RdC si concentrano infatti esclusivamente sulla ricerca del lavoro. Tuttavia, numerosi poveri non sono in condizioni di lavorare. L’errore di fondo del RdC consiste nel fare dell’incremento dell’occupazione un obiettivo che in realtà non compete alle politiche contro la povertà. Inoltre, il potenziamento dei centri per l’impiego, richiederà un tempo significativo prima di poter effettivamente diventare concreto.
I minori sono ai margini del RdC. Da una parte sono sfavoriti nella distribuzione dei fondi (a causa della scala di equivalenza adottata) e, dall’altro, perché si riduce la possibilità per loro di fruire di servizi educativi e sociali. Trascurare la condizione di bambini e adolescenti è una conseguenza logica del modello proposto: in una visione concentrata esclusivamente sul lavoro, le problematiche relative all’infanzia non trovano spazio.
La naturale conseguenza di una misura che si concentra esclusivamente sul lavoro è la marginalizzazione dei servizi sociali comunali, che sono tuttavia gli unici a possedere le competenze necessarie a comprendere la multidimensionalità della povertà.
Per quanto riguarda la distribuzione delle risorse stanziate, si corre il rischio di alimentare due divisioni nella società. La prima è quella tra cittadini italiani e stranieri, dovuta alla discriminazione nei confronti di questi ultimi. Mentre è condivisibile richiedere che gli stranieri siano residenti da un certo periodo in Italia per fruire del RdC, portare questa soglia a dieci anni pare immotivato. La seconda divisione riguarda gli italiani in povertà che si trovano nel sud e nel nord del Paese. Non considerare il divario relativo al costo della vita, fa sì che i poveri che risiedono nel nord non ricevano sostegni adeguati.
I tempi
L’Alleanza critica inoltre la tempistica che il Governo intende adottare. Il RdC è introdotto con troppa fretta e questo potrebbe comportare: 1) un elevato rischio di caos nella presentazione delle domande; 2) l’impossibilità di assumere personale opportunamente contrattualizzato e formato (cioè i cosiddetti navigator); 3) la messa in campo di controlli inadeguati relativi alle condizioni economiche dei richiedenti.
L’enfasi attribuita agli interventi volti a promuovere l’occupazione distoglie lo sguardo dalla realtà. Il Decreto, infatti, indica chiaramente che la ricerca di occupazione attraverso i centri per l’impiego dipenderà dalla disponibilità di strutture e personale: data la loro attuale carenza, vi è il rischio concreto che queste modalità interesseranno solamente pochi utenti.
In sostanza, sottolinea l’Alleanza, il RdC è disegnato in modo da poter erogare rapidamente il maggior numero possibile di contributi economici, a prescindere da qualunque azione di inserimento lavorativo. Nei prossimi mesi, assisteremo quindi alla distribuzione "a pioggia" di risorse piuttosto che alla realizzazione di interventi di attivazione. La situazione in cui versano i centri per l’impiego rende infatti sostanzialmente inapplicabili le cosiddette “norme anti-divano”.
Guardando il futuro
Riassumendo, il timore dell’Alleanza è che, per come sono stati disegnati gli interventi, il Reddito di Cittadinanza non consenta di valorizzare l’opportunità di disporre di significative risorse. In sostanza, il rischio è che il RdC si riveli la strada sbagliata per rispondere alle esigenze dei poveri e questo senza peraltro raggiungere gli obiettivi di incremento occupazionale.
Esiste inoltre il pericolo che tutto ciò faccia crescere la schiera di chi si oppone alla lotta contro la povertà. La paura è che il malfunzionamento del RdC in futuro induca a pensare che sostenere i poveri sia esclusivamente uno spreco di risorse.