Istat ha pubblicato un report con alcune stime preliminari sulla povertà assoluta, cioè la condizione in cui si è incapaci di accedere a un paniere di beni e servizi essenziali per mantenere uno standard di vita minimamente accettabile (sai come si calcola?).
L’andamento generale della povertà assoluta
Il documento, riferito all’anno 2023, evidenzia una condizione di stabilità della povertà assoluta, con una leggera crescita percentuale rispetto al 2022 sia in termini di nuclei familiari (da 8,3% a 8,5%) che di individui (da 9,7% a 9,8%). In termini assoluti si tratta di circa 2.235.000 famiglie e 5.752.000 persone.
Secondo Istat la distribuzione geografica della povertà assoluta nel 2023 rimane più marcata nel Mezzogiorno, in cui si registra l’incidenza più elevata sia a livello familiare (10,3%) che individuale (12.1%), ma in diminuzione rispetto al 2022 (quando era pari rispettivamente al 10,7% e 12,7%). Nel Nord si rileva invece un significativo peggioramento sia dell’incidenza familiare (da 7,5% a 8%) che individuale (da 8,5% al 9%).
L’intensità della povertà assoluta, cioè la distanza media della spesa per consumi delle famiglie povere dalla soglia di povertà, nel 2023 rimane stabile rispetto all’anno precedente (18,2%), con dinamiche differenziate fra le ripartizioni: è in crescita nel Nord (18,6%, dal 17,6% del 2022), mentre segna una riduzione nel Mezzogiorno (scende al 17,9%, dal 19,3%).
Le categorie più colpite dalla povertà
Il documento conferma la persistenza di un forte disagio economico tra i minori, con l’incidenza di povertà assoluta individuale che raggiunge il 14% nel 2023 (era il 13,4% nel 2022), il valore più alto dal 2014. Non stupisce in tal senso che le famiglie con almeno un figlio minore abbiano tassi di povertà molto più alti della media del Paese (12% rispetto all’8,5%, in aumento rispetto all’11,5% del 2022). Al contrario, le famiglie con almeno un anziano registrano uno dei livelli più bassi (6,4%).
Questo dato appare particolarmente interessante da leggere anche alla luce del fenomeno crescente della denatalità, che Percorsi di secondo wefare sta seguendo attraverso la serie Denatalitalia. In generale, come conferma anche il Report Coop 2023, le condizioni economiche spingono il 51% dei giovani tra i 20 e i 40 anni a non voler figli, mentre il 28% vorrebbe averli ma pensa non sarà possibile. I dati sull’incidenza della povertà confermano questi timori: chi sceglie di mettere al mondo un bambino ha maggiori possibilità di ritrovarsi sotto la soglia di povertà.
In questo senso occorre segnalare anche che la povertà continua a colpire in modo significativo anche le famiglie numerose (20,3% dei nuclei con più di 5 componenti sono in povertà assoluta nel 2023) anche se meno rispetto all’anno precedente (22,5%). Sarà interessante verificare se le misure a sostegno delle famiglie varate in Legge di Bilancio (sulla carta votate anche a sostenere la natalità, su cui però difficilmente avranno impatti) potranno favorire una diminuzione ulteriore di queste percentuali.
La riflessione necessaria sulle misure di contrasto
In conclusione, il 2023 segna una fase di sostanziale stabilità nella povertà assoluta in Italia, con lievi incrementi percentuali e un aggravamento in specifiche categorie di popolazione, in particolare per chi vive al Nord e nelle famiglie con minori.
Sarà interessante valutare i dati consolidati sul 2023, quando disponibili, e iniziare a immaginare gli impatti che avranno le scelte del Governo di abolire il Reddito di Cittadinanza sostituendolo con l’Assegno di Inclusione e il Sostegno per la formazione e il lavoro. Secondo diversi osservatori questo cambio di strumenti, vista anche la notevole discrepanza tra richieste effettuate e le domande accolte, sta determinando una crescita delle persone in difficoltà economica perché private di un sostegno importante.
Come segnalato anche dall’OCSE, in questa fase appare cruciale valutare miglioramenti per i nuovi strumenti che per ora si sono dimostrati incapaci di intercettare un’ampia fetta di bisogno prima coperto dal Reddito di Cittadinanza. Anche alla luce dei dati sopra sintetizzati, il rischio di conseguenze sociali ancora più drammatiche si fa sempre più concreto.