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Tra gli esiti dell’interlocuzione istituzionale in sede di approvazione del Reddito di cittadinanza, vi sono alcune modifiche rilevanti rispetto alla prima versione del testo, grazie alle quali è stato recuperato un ruolo significativo per i Comuni. Ora il quadro è destinato a precisarsi con l’uscita di alcuni importanti atti applicativi. In questo articolo, uscito nel numero 3/2019 di Welfare Oggi, ne parlano Samantha Palombo, Chiara Poli e Chiara Minicucci del Dipartimento Welfare di ANCI.

Dopo un intenso dibattito a cui anche i Comuni hanno partecipato nell’ambito del serrato confronto che l’ANCI ha portato avanti con il Governo e il Parlamento, ha preso avvio il Reddito di cittadinanza, misura di contrasto alla povertà e di attivazione lavorativa a sostegno delle fasce più deboli della popolazione, che mira al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale del nucleo familiare.

Si tratta di una misura cui sono destinate risorse ingenti – assai superiori rispetto a quelle del REI – a regime 7 miliardi di euro e che amplia sia il beneficio economico, sia la platea dei beneficiari, stimabili in 5 milioni di individui, sebbene il numero delle domande accolte sinora faccia pensare ad un ridimensionamento di questa iniziale stima.

A partire da un impianto iniziale sbilanciato sul versante lavorativo e sul ruolo dei Centri per l’impiego, l’interlocuzione sia a livello politico sia tecnico tra ANCI e Ministero ha permesso di recuperare nell’architettura del Reddito di cittadinanza il ruolo centrale dei Comuni.

Ciò appare del tutto opportuno, considerando che la misura è rivolta a persone che presentano livelli di fragilità diversi e spesso complessi, che generalmente vanno oltre il semplice bisogno lavorativo, rimandando invece a situazioni ben più difficili, che riguardano le aree di intervento sui cui i Comuni operano. La condizione di povertà è infatti molto spesso caratterizzata da molteplici vulnerabilità e bisogni (dal punto di vista dell’inclusione non solo lavorativa, ma anche sociale, sociosanitaria, scolastica, ecc.), ossia da una molteplicità di fattori che coesistono e che pertanto vanno affrontati secondo un approccio integrato di rete dei vari servizi territoriali. Ai Comuni, che per mandato istituzionale hanno consolidate competenze ed esperienza nella valutazione multidimensionale e nella presa in carico in rete con gli altri servizi territoriali, è affidata l’attivazione di percorsi di inclusione della parte più fragile della platea.

Accanto a ciò, nelle scelte organizzative è necessario tenere conto anche del diverso grado di strutturazione dei servizi e quindi della capacità di presa in carico. Da questo punto di vista, i Comuni, già da diversi anni, prima con il PON Inclusione e poi con le risorse del Fondo Povertà, hanno dato avvio ad un reale processo di rafforzamento dei servizi sociali, cosa non avvenuta invece nei Centri per l’Impiego che, in questi ultimi anni, sia a causa della mancanza di investimenti adeguati, sia del complesso passaggio di competenze dalle Province alle Regioni, versano in situazione di grande difficoltà e di carenza di personale, attrezzature e competenze. Questa situazione ha determinato difficoltà non marginali nella gestione del SIA/REI; premesso che l’auspicio è che il previsto e necessario potenziamento dei Centri per l’Impiego possa avvenire in tempi brevi per rispondere adeguatamente ai bisogni dei beneficiari e del mercato del lavoro, si ritiene che la scelta di non porre l’architrave organizzativa del Rdc solo su queste strutture sia stata una scelta saggia e funzionale al successo della misura. Più in generale, va tenuto conto che il Rdc presenta un impianto complesso, coinvolgendo una pluralità di attori con competenze diverse chiamati ad interagire; ciò sarà possibile solo se si sarà in grado di avviare una forte concertazione e una governance ben strutturata, sia a livello centrale sia a livello territoriale, soprattutto tra l’ambito sociale e quello lavorativo, che rappresentano due pilastri della misura.
 


Il Reddito di cittadinanza in sintesi

Avvio
Aprile 2019 (domande raccolte dal 6 marzo 2019)
Risorse
 Fondo Reddito di cittadinanza: 2019: 7.100 mln (di cui 5.906,8 mln per il beneficio); 2020: 8.055 mln; dal 2021: 8.157 mln.
 Fondo Povertà: 2019: 347 mln; 2020: 587 mln; 2021: dal 2021: 615 mln. Quota fissa, non aumentabile, destinata al rafforzamento
dei servizi sociali comunali.
Finalità
Misura di (re)inserimento nel mondo del lavoro e di contrasto alla povertà. Il Rdc assume la denominazione di Pensione di cittadinanza per i nuclei familiari composti esclusivamente da 1 o più componenti pari o >67 anni.
Platea stimata dal Governo 
5 milioni di persone, di cui 47% dei beneficiari al Centro-Nord e il 53% al Sud e Isole.
Per beneficiarne
– Cittadino italiano o UE o lungosoggiornante, con almeno 10 anni di residenza in Italia di cui gli ultimi 2 continuativi;
– Requisiti economici;
– Possesso di beni durevoli.
Beneficio
Tra i 480 e i 9.360 euro annui, in base ai parametri già indicati, per massimo 18 mesi, rinnovabile previa sospensione di 1 mese.
Richiesta
Il Rdc si può richiedere alle Poste Italiane, sia direttamente all’ufficio postale che in via telematica, oppure ai CAF convenzionati
con l’INPS e ai patronati. 
Verifica requisiti
L’INPS verifica i requisiti economici e patrimoniali entro 5 giorni dalla richiesta; a tal fine, è previsto un dialogo con le banche dati dell’Anagrafe tributaria, del Pubblico Registro Automobilistico e di altre PP.AA.
Nelle more del completamento dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente, il Comune verifica i requisiti di residenza e soggiorno (non sono indicati termini temporali) secondo modalità che saranno definite con accordo in Conferenza Stato-Città ed autonomie locali e ne comunica l’esito all’INPS tramite piattaforma informatica.
Erogazione
ll Rdc viene riconosciuto dall’INPS dopo verifica dei requisiti ed è erogato tramite la Carta Rdc emessa da Poste Italiane.
Ai suoi beneficiari sono estese le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di gas ed elettricità riconosciute alle famiglie economicamente svantaggiate.
Il percorso di attivazione lavorativa e sociale
Il beneficio economico è condizionato alla dichiarazione da parte dei componenti del nucleo maggiorenni (e non esonerabili) di immediata disponibilità al lavoro (DID), entro 30 gg. dal riconoscimento del beneficio in via telematica tramite l’apposita piattaforma digitale o il portale nazionale delle politiche del lavoro o al primo incontro presso il Centro per l’impiego (CPI), nonché all’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo (Patto per il Lavoro con un Centro per l’Impiego o un’Agenzia per il Lavoro o un Ente di formazione accreditato) e all’inclusione sociale (Patto per l’Inclusione con i servizi sociali dei Comuni).
Sia nell’ambito del Patto per il Lavoro che del Patto per l’Inclusione, i beneficiari saranno tenuti a partecipare a progetti utili alla collettività predisposti dai Comuni, per un minimo di 8 ore settimanali e un massimo di 16 ore settimanali.



Il ruolo dei Comuni

Seppur i Comuni non siano più il punto di accesso per presentare le domande (come invece avveniva nel Rei) e sebbene la platea venga preliminarmente suddivisa tra Comuni e Centri per l’impiego dalle piattaforme informatiche attraverso procedure automatiche, i Comuni continuano a svolgere un ruolo determinante e strategico.

In primo luogo, infatti, i Comuni restano protagonisti della presa in carico dei nuclei più fragili, attraverso la valutazione multidimensionale dei bisogni dell’intero nucleo familiare e la predisposizione e attivazione di un progetto personalizzato (“Patto per l’inclusione”) che mira all’affrancamento dalla condizione di disagio e marginalità sociale e che prevede specifici impegni identificati dai servizi competenti. L’attivazione di tali progetti è rivolta anche ai beneficiari inviati dai Centri per l’impiego, laddove opportuno.

In secondo luogo, ai Comuni compete la predisposizione, in collaborazione con il Terzo settore, dei progetti di pubblica utilità come misura di attivazione per tutti i beneficiari, da realizzare in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni.

A questi compiti si aggiungono anche competenze amministrative quali la verifica dei requisiti di soggiorno e residenza, riferita a un periodo di 10 anni di cui gli ultimi due continuativi, l’alimentazione delle banche dati e la segnalazione dei fatti suscettibili di sanzioni o decadenza del beneficio.

In ogni caso i Comuni restano anche nel Rdc un punto imprescindibile di riferimento e informazione per i cittadini, in quanto enti di maggiore prossimità, attraverso sportelli di segretariato sociale.

Per far fronte ai loro compiti e favorire il rafforzamento dei servizi, il legislatore ha confermato l’attribuzione direttamente ai Comuni (che si coordinano a livello di ambito territoriale), delle risorse residue del Fondo Povertà per il rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali, pari a 347 milioni per il 2019, 587 milioni per il 2020 e 615 milioni dal 2021, oltre alle risorse del Programma europeo “PON Inclusione”, che sarà riprogrammato per i prossimi anni.

Quanto agli atti programmatori, sebbene sia stato abrogato il Piano nazionale di contrasto alla povertà, rimane comunque in vita il Piano per gli interventi e servizi di contrasto alla povertà, predisposto nell’ambito della Rete della Protezione e Inclusione sociale, che provvede a individuare i livelli essenziali (LEP) da garantire prioritariamente attraverso il riparto ai Comuni delle citate risorse del Fondo Povertà. Restano anche in vita gli atti di programmazione regionale che vanno redatti nel rispetto e nella valorizzazione delle modalità di confronto con le autonomie locali.
 


La presa in carico e lo smistamento della platea tra CPI e Comuni

I Comuni non hanno più il ruolo di regia della misura complessiva, né sono il primo e unico punto di accesso, come accadeva nel REI. Infatti, la richiesta del beneficio è effettuata dal cittadino alle Poste Italiane, sia direttamente all’ufficio postale che in via telematica, oppure ai CAF convenzionati con l’INPS e ai patronati. Entro 30 gg. dal riconoscimento del beneficio, ai fini dell’attivazione di un percorso di inclusione lavorativa e/o sociale, la platea dei beneficiari viene smistata dalle piattaforme informatiche tra Centri per l’Impiego (CPI) e Comuni come segue:

A) Centri per l’Impiego
I componenti dei nuclei familiari se in possesso di uno o più dei seguenti requisiti (e i relativi familiari che abbiamo presentato la DID):
 Disoccupazione da max 2 anni;
 Beneficiario Naspi o altro ammortizzatore sociale per disoccupazione involontaria;
 Aver sottoscritto un Patto di servizio attivo presso i CPI;
 Non aver sottoscritto un progetto personalizzato presso i Comuni.

Sono altresì convocati i singoli beneficiari tra i 18 e i 29 anni, non occupati e non frequentanti un regolare corso di studi (NEET), ma non i loro familiari, che sono convocati dai Comuni, se non in possesso dei succitati requisiti. I beneficiari stipulano un Patto per il Lavoro con un CPI o un’Agenzia per il Lavoro o Ente di formazione (obblighi relativi all’accettazione di 1 su 3 offerte di lavoro in base a specifici requisiti di distanza e di durata del periodo di disoccupazione).
Nel caso in cui il CPI, in esito a un incontro, ravvisi nel nucleo particolari criticità di avvio al lavoro (secondo criteri che saranno
definiti con accordo in Conferenza Unificata), invia il richiedente ai servizi sociali del Comune per la valutazione multidimensionale,
motivandone l’invio.

B) Servizi sociali dei Comuni
Tutti coloro che non rientrano nelle suddette fattispecie. Il Comune procede a una valutazione preliminare:
– se emergono bisogni prevalentemente lavorativi, la competenza passa ai CPI, che sottoscrivono un Patto per il lavoro con i beneficiari entro i successivi 30 gg.;
 se emergono bisogni complessi e multidimensionali, i beneficiari sottoscrivono un Patto per l’Inclusione Sociale con i servizi sociali del Comune, che coordineranno interventi di rete con i CPI e gli altri servizi territoriali.

Sia nell’ambito del Patto per il Lavoro che del Patto di Inclusione, i beneficiari (esclusi gli esonerati) saranno tenuti a partecipare a progetti utili alla collettività predisposti dai Comuni, per min. 8 ore settimanali fino a max 16 ore settimanali, secondo modalità che saranno definite con decreto da adottare entro 6 mesi dalla legge di conversione previa intesa in Conferenza Unificata. Sono esonerabili dal sottoscrivere il Patto per il Lavoro e il Patto di Inclusione e dai progetti utili alla collettività del Comune gli individui con disabilità tale da non consentire un accesso al mondo del lavoro (che tuttavia possono richiedere una volontaria adesione a tali progetti); le persone che assistono figli di età inferiore ai 3 anni o individui non autosufficienti; i lavoratori a bassissimo reddito (working poor); i frequentanti corsi di formazione; ulteriori categorie individuate in Conferenza Unificata.



Gli esiti del confronto tra Anci e Governo

Come ricordato in apertura, vi è stata una intensa interlocuzione tra Governo e ANCI che ha inciso su alcuni degli aspetti più delicati del Rdc recuperando il ruolo centrale dei Comuni e mitigando le maggiori criticità che avrebbero potuto avere un impatto negativo sulla gestione della misura nei territori, con ricadute sui beneficiari.

In primo luogo, l’ANCI ha richiesto e ottenuto l’istituzione di una Cabina di Regia nazionale per la gestione del Rdc, sia a livello politico, sia attraverso articolazioni tecniche; questo organo coinvolge i Ministeri competenti, l’ANCI, le Regioni, l’ANPAL e l’INPS, al fine di consentire un opportuno confronto – anche attraverso la consultazione delle parti sociali e del Terzo settore – e un’adeguata integrazione tra l’ambito sociale e quello lavorativo, date le caratteristiche della misura.

ANCI ha inoltre ottenuto la previsione di una disciplina più puntuale di diversi aspetti del Rdc attraverso ulteriori provvedimenti attuativi (con riferimento in particolare ai controlli anagrafici, ai criteri di valutazione delle categorie esonerabili, ai progetti di pubblica utilità e alle piattaforme digitali attraverso cui si realizzerà lo scambio di informazioni); tali provvedimenti dovranno essere approvati in sede di Conferenza Unificata, garantendo così un percorso di concertazione. Ciò è già avvenuto per il decreto sui controlli anagrafici (C.S.C. del 4 luglio 2019), per il decreto sulle Piattaforme informatiche (C.U. del 3 luglio 2019) e per le Linee guida per la definizione dei Patti per l’inclusione (C.U. del 27 giugno 2019), attualmente in fase di pubblicazione.

Tra i risultati ottenuti vi è anche la deroga al divieto di assunzione di assistenti sociali; sarà quindi possibili per i Comuni utilizzare sino a metà delle risorse del fondo povertà loro destinate per le assunzioni di nuovo personale. È infatti fondamentale che lo stanziamento delle risorse sia accompagnato da una reale possibilità di utilizzarle per il rafforzamento dei servizi, pertanto l’ANCI continuerà a portare avanti tale richiesta affinché sia estesa a tutti gli operatori sociali impegnati nella presa in carico.

Rispetto alle modalità di “smistamento” della platea tra Comuni e Centri per l’impiego, che il Rdc prevede siano automatiche sulla base di alcuni indicatori, si è ritenuto prioritario prevedere la costruzione di criteri uniformi di valutazione da parte dei Centri per l’impiego da approvarsi in Conferenza Unificata, tali criteri risulteranno utili per gli operatori dei Centri per l’impiego per valutare i nuclei loro affidati che manifestino però bisogni ulteriori rispetto all’inclusione lavorativa e che dovranno per questo motivo essere rinviati ai Comuni per la presa in carico. La costruzione di criteri uniformi potrà assicurare una maggiore omogeneità di trattamento dei beneficiari nella valutazione delle capacità e dei bisogni su tutto il territorio nazionale.

Inoltre, è ora prevista una disciplina più puntuale dei progetti di utilità sociale, attraverso un decreto che dovrà definire modalità chiare e tempi di attuazione di realizzazione dei progetti, per i quali intendiamo valorizzare la collaborazione con il Terzo settore, secondo una prassi da tempo consolidata nei territori. Si è altresì ottenuta la copertura degli oneri per la realizzazione di tali progetti, compresi i costi assicurativi, tramite le risorse del Fondo Povertà. Infine, saranno definite più puntualmente le modalità di governance e collaborazione interistituzionale, sia a livello centrale sia a livello territoriale, che andranno realizzate attraverso l’interoperabilità delle piattaforme digitali, secondo criteri definiti da un decreto condiviso in sede di Conferenza Unificata.

Allo stato attuale, la misura ha preso avvio con l’erogazione dei benefici economici ai cittadini; in attesa degli strumenti attuativi (a partire dalle piattaforme digitali), i Comuni si stanno organizzando sulla scorta del proprio bagaglio di esperienze maturate nelle politiche di contrasto alla povertà e per l’inclusione sociale. L’ANCI proseguirà il confronto con il Ministero nella fase della stesura dei provvedimenti attuativi (alcuni dei quali, in particolare quelli più urgenti sui controlli anagrafici e sulla piattaforma informatica, sono in procinto di essere esaminati in Conferenza Unificata), come sempre in stretto raccordo e collaborazione con i Comuni, preparandoci al tempo stesso a monitorare l’impatto della misura appena si dispiegherà nei territori. 
 


Decreti attuativi Rdc in fase di pubblicazione

Recentemente sono stati approvati tre importanti provvedimenti attuativi del Rdc che forniscono agli attori coinvolti e in particolare ai Comuni, gli strumenti operativi per realizzare alcuni dei fondamentali compiti loro attribuiti nell’ambito della misura. Si resta, al momento in cui il numero di Welfare oggi viene chiuso (30 luglio, ndr), in attesa dei provvedimenti relativi ai progetti utili alla collettività, agli esonerabili, e ai criteri di rinvio dai CpI ai Servizi sociali.

1. Decreto contenente le Linee Guida per la definizione dei Patti per l’Inclusione sociale (Conferenza Unificata del 27 giugno 2019): costituiscono l’aggiornamento, alla luce dell’introduzione del Rdc delle precedenti linee relative alla valutazione e progettazione in ambito Rei.

2. Decreto relativo alle Piattaforme informatiche del Rdc (Conferenza Unificata del 3 luglio 2019): il decreto disciplina il funzionamento della Piattaforma per il Patto per l’inclusione sociale (presso il Ministero, destinata ai Comuni) e quella per il Patto per il lavoro (presso l’Anpal, destinata ai Centri per l’impiego). Le piattaforme regolano lo scambio dei flussi informativi tra Comuni, Ministero, Inps, Centri per l’impiego e Anpal relativamente ai beneficiari, al fine di realizzare la governance interistituzionale della misura. In particolare, la piattaforma sociale è destinata ai flussi di dati relativi ai controlli anagrafici, ai Patti per l’inclusione e ai progetti utili alla collettività. Tra gli aspetti più significativi per i Comuni si
segnala:
– La titolarità ai Comuni del trattamento dei dati nell’ambito delle proprie competenze, sulla base di una convenzione tra  il Ministero e ogni singolo Comune;
– L’interoperabilità tra la piattaforma nazionale e i sistemi informativi sociali dei Comuni/Ambiti di maggiori dimensioni, ossia con organizzazioni territoriali complesse e numeri di beneficiari consistenti da assegnare ai municipi/circoscrizioni di appartenenza;
– L’interoperabilità con l’Anagrafe nazionale (ANPR) e la gestione del periodo transitorio

3. Accordo sulle modalità operative per la verifica da parte dei Comuni dei requisiti di residenza e soggiorno dei beneficiari Rdc (Conferenza Stato-Città del 4 luglio 2019): il provvedimento disciplina le modalità operative per la verifica da parte dei Comuni dei requisiti di residenza e soggiorno dei beneficiari Rdc, e in particolare realizza:
 una semplificazione degli adempimenti dei Comuni, prevedendo che ciascuno di essi inserisca sulla piattaforma digitale solo le informazioni in proprio possesso o acquisibili dal beneficiario richiedente;
 un ampliamento dei tempi previsti per il periodo transitorio (90 giorni), per le verifiche sulla residenza da parte dei Comuni di provenienza (20 giorni) e per la convocazione del beneficiario in caso di impedimenti alla verifica del soggiorno (45 giorni);
 l’autonomia dei Comuni nella definizione di un Piano di verifiche sulla composizione del nucleo familiare, con modalità da concertare tra Ufficio Anagrafe e Servizi sociali;
 Possibilità di collegamento diretto con l’Anagrafe nazionale ed esonero dagli obblighi per i Comuni alimentatori: si prevede che con successivo accordo possano essere stabilite modalità per esonerare dagli oneri di verifica dei requisiti i Comuni che abbiano già alimentato l’ANPR.