È passato oltre un anno da quando è stato lanciata, nell’ambito del progetto QuBì, la call “Al Bando le povertà”, che mirava a promuovere la costituzione di reti territoriali in grado di mettere in campo strategie e azioni di contrasto alla povertà minorile nel territorio di Milano. In questo articolo, ripercorriamo le varie tappe del lavoro fatto nei territori fino a oggi (figura 1) e presentiamo la testimonianza di Ivana Grazzani (Posizione organizzativa, Municipio VI), Rosalba Scarciglia (Assistente sociale di comunità, Municipio VI) e Silvia Margutti (Assistente sociale di comunità, Municipio IX).
Gli obiettivi di “Al Bando la Povertà”: la costituzione delle reti
Il modello operativo messo in campo da “Al bando le povertà” è basato sulla considerazione secondo cui, per contrastare la povertà, non è sufficiente mettere a disposizione più risorse ma è necessario potenziare, connettere e coordinare le azioni già presenti nei territori.
Il bando mirava ad attivare un lavoro “dal basso” e si rivolgeva ai quartieri della città di Milano. Concretamente le proposte progettuali potevano infatti essere presentate da “reti di terzo settore” formate da organizzazioni già operative all’interno dei singoli quartieri. In particolare, la procedura di selezione mirava a favorire la costituzione di una sola rete per ogni quartiere. L’idea era quella di attivare reti stabili in grado di elaborare “ricette di quartiere” volte a fare in modo che le necessità delle persone in povertà fossero poste al centro della rete nel suo complesso anche nel caso in cui i bisogni fossero intercettati da una sola delle organizzazioni appartenenti alla rete. L’obiettivo era quindi quello di offrire una risposta ai bisogni univoca e integrata.
Figura 1. Le fasi di attuazione di “Al Bando le Povertà”
Fonte: elaborazione dell’autrice
La fase preliminare: l’analisi dei dati e l’individuazione dei territori
Preliminare al lancio della call è stata l’individuazione dei territori cui rivolgere l’attenzione. La prima attività ha quindi riguardato la raccolta e l’analisi di dati resi disponibili dal Comune di Milano e relativi all’erogazione delle misure di sostegno al reddito nel territorio. Questo lavoro di analisi del bisogno è stato successivamente oggetto di un approfondimento qualitativo realizzato attraverso il coinvolgimento dei servizi sociali territoriali. In particolare, alle assistenti sociali di ogni municipio è stato chiesto di rileggere i dati quantitativi alla luce della loro esperienza e della loro conoscenza dei bisogni e delle risorse presenti nei propri territori di riferimento.
Questa analisi ha permesso di identificare i territori con il maggior numero di beneficiari di interventi di sostegno al reddito e quindi caratterizzati da più alti livelli di povertà. In particolare sono stati individuati 21 Nuclei di Identità Locale (NIL) che mettono insieme una serie di caratteristiche sociologiche, ambientali, urbanistiche dei territori. I NIL non sono necessariamente dei quartieri ma possono essere dei sotto-quartieri o dei territori a cavallo di due quartieri e/o di due municipi.
Come si legge nel bando, nello specifico, i territori individuati sono Loreto, Padova, Viale Monza, Città Studi, Parco Lambro, Lodi-Corvetto, Umbria Molise, Ponte Lambro, Stadera-Gratosoglio, Giambellino-Lorenteggio, Barona, Selinunte, Baggio, Forze Armate, Quarto Oggiaro, Villapizzone, Gallaratese, Niguarda, Bruzzano, Dergano.
Gli “ingredienti” messi a disposizione da QuBì
Il Programma QuBì ha garantito alcuni “ingredienti” per la realizzazione delle ricette. In particolare, terminata la selezione delle proposte progettuali, questi ingredienti sono stati messi a disposizione della rete nella fase di progettazione esecutiva e di attuazione delle ricette. QuBì ha garantito:
- la presenza di un facilitatore progettuale che ha: 1) supportato la definizione operativa delle idee progettuali; 2) favorito la costruzione di un sistema di coordinamento stabile fra gli attori della rete; 3) contribuito all’individuazione di strumenti e metodi di lavoro utili a facilitare la costruzione di percorsi volti al miglioramento della qualità di vita delle famiglie;
- la presenza di un assistente sociale del Comune di Milano (i cosiddetti “assistenti sociali di comunità”) che ha lavorato a tempo pieno con ciascuna rete di quartiere
- la messa a punto di un sistema di monitoraggio e valutazione.
I contenuti delle “ricette” e le risorse disponibili
Le reti attivate da QuBì sono 23 e toccano complessivamente 25 quartieri. Le organizzazioni coinvolte sono 557, i beneficiari ipotizzati sono 59.860 di cui 31.478 adulti e 28.382 minori.
Considerando i contenuti delle ricette, tutte hanno proposto: 1) attivazione di doposcuola; 2) interventi di contrasto alla povertà alimentare; 3) azioni di collaborazione con le scuole del territorio; 4) istituzione di tavoli di coordinamento territoriali. Nel 90% delle ricette troviamo: 1) corsi di insegnamento della lingua italiana; 2) attività rivolte a bambini della fascia di età 0-3 anni; 3) corsi di formazione su stili di vita sani o budgeting familiare; 4) accesso ad attività sportive per bambini e bambine; 5) eventi di coesione sociale (es. feste e animazioni di quartiere). Inoltre, sono presenti: 1) attività di inserimento lavorativo legate al quartiere (es. mappatura degli esercizi commerciali della zona); 2) forme di collaborazione con i pediatri; 3) creazione di “osservatori popolari” con spazio di parola rivolti ai bambini e ai ragazzi.
Il budget messo a disposizione da QuBì ammonta a 200.000 euro per ciascun territorio per un totale di 4.598.000 euro. Secondo quanto previsto dal bando, tale budget deve comprendere una quota biennale da destinare a una figura ad hoc (il cosiddetto referente di rete), che è chiamato a facilitare le relazioni fra gli attori della rete e deve costituire il punto di riferimento della rete sia per l’assistente sociale di comunità, sia per il programma QuBì. Per ciascun quartiere le risorse sono state ripartite come riepilogato nella tabella 1.
Tabella 1. Le risorse di “Al bando le povertà” destinate ai territori
Fonte: QuBì 2018, Scheda di approfondimento: le ricette di quartiere
La co-progettazione
Dalle interviste è emersa una valutazione molto positiva rispetto alle opportunità offerte dal programma QuBì. Questa valutazione riguarda la fase di co-progettazione, che ha permesso di avviare un lavoro basato sul confronto fra i differenti attori coinvolti nella rete:
“L’attività di co-progettazione si è basata su una serie di strumenti che hanno guidato la riflessione, ed è stata realizzata con il supporto di facilitatori. Si è partiti da un’analisi dei bisogni delle famiglie che si trovano in condizione di povertà e si è arrivati a definire obiettivi e azioni da mettere in campo, anche attraverso l’individuazione di indicatori specifici di cambiamento . Questa modalità di lavoro ha permesso di portare al tavolo i vari punti di vista; si tratta di un elemento importante dato che ognuno di noi appartiene a un’organizzazione per cui si porta dietro sia la natura dell’organizzazione in cui lavora, sia la specificità della professione svolta. La co-progettazione in sostanza ci ha permesso di mettere insieme i vari punti di vista e di arrivare a mettere a punto le ricette” (intervista R. Scarciglia).
L’impatto sulle modalità lavorative
L’esperienza di QuBì sta inoltre favorendo l’innovazione delle modalità attraverso cui gli operatori coinvolti nel contrasto alla povertà lavorano quotidianamente. Si tratta di processi che, almeno in parte, erano già presenti ma che grazie a QuBì trovano una loro strutturazione:
“A volte accade che le partnership siano perlopiù funzionali alla vincita dei progetti. C’è un ente capofila che riceve il finanziamento e lo divide fra i vari partner, i quali lavorano con competenza sul territorio ma non sempre in modo strutturato tra di loro e soprattutto senza un raccordo con i Servizi Sociali Territoriali. Alla fine del progetto viene fatto il resoconto, ognuno ha lavorato bene ma non necessariamente c’è stato un profondo lavoro di condivisione. Con QuBì si sta superando questa logica, sia rispetto al lavoro tra gli enti delle reti territoriali sia per quanto riguarda il Servizio Sociale, che è stato presente fin dalla fase di co-progettazione” (Intervista S. Margutti).
A livello più generale, QuBì sta offrendo l’occasione per ridefinire il profilo dell’assistente sociale e la percezione del suo ruolo da parte delle organizzazioni e della cittadinanza:
“QuBì è un’opportunità per far nascere o per mettere a frutto cose già avviate nel territorio e che necessitano di una maggiore strutturazione. La professionalità dell’assistente sociale nel corso del tempo è cambiata profondamente. Oggi si tende a lavorare sulle risorse in un’ottica di co-progettazione e condivisione e questa modalità è al centro di QuBì. C’è quindi un processo di trasformazione che interessa il ruolo dei servizi sociali, direi quindi che si tratta di una sfida ma allo stesso tempo di una grande opportunità professionale (…). La presenza del servizio sociale nei territori ci sdogana da alcuni pregiudizi sulla nostra attività e aiuta a consolidare la conoscenza e la fiducia reciproca nel rapporto con le organizzazioni del Terzo settore. Si tratta di un aspetto centrale dato che ci sono delle resistenze e delle fatiche sulle quali è necessario lavorare (…). In generale, direi che è cambiato il modo di lavorare e che il lavoro di rete sta diventando patrimonio delle realtà che partecipano al progetto” (Intervista I. Grazzani).
L’attività di rete peraltro è presente nel lavoro quotidiano delle assistenti sociali ma, prima di QuBì, questa attività era perlopiù limitata a casi singoli:
“Nella gestione del caso individuale viene sempre sviluppato un lavoro di rete che, nella costruzione del percorso di accompagnamento delle famiglie, ha come obiettivo quello di mettere insieme i diversi operatori e servizi del territorio che si occupano del caso, per poter lavorare in modo integrato con la famiglia. QuBì, che favorisce il passaggio a un approccio di comunità, è un’opportunità per strutturare e sistematizzare un lavoro di rete nel territorio utile a connettere quanto già esiste e a sperimentare buone prassi operative tra i diversi attori” (Intervista R. Scarciglia).
L’implementazione delle ricette
Infine, con riferimento allo stato di attuazione delle ricette, i primi sei mesi di attività hanno riguardato soprattutto la definizione e l’avvio della governance delle reti. L’operatività delle azioni è quindi solo appena all’inizio:
“In questa prima fase abbiamo lavorato per far partire la macchina e ogni rete si è data un sistema di governance. Nei vari territori ci sono delle differenze, ciò nonostante il modello più diffuso vede per ogni rete la coppia “assistente sociale” – “referente di rete” e una “cabina di regia” in cui c’è un rappresentante per ogni realtà presente nella rete (es. una rappresentanza delle parrocchie o comunque di soggetti che possono rappresentare le varie aree di intervento). In questa prima fase sono quindi state avviate le cabine di regia con l’obiettivo di realizzare le azioni previste dal progetto” (Intervista R. Scarciglia).
Dopo questo lungo e complesso lavoro di progettazione e messa a punto del sistema di governance, nei prossimi mesi dunque “Al bando le povertà” entrerà nel vivo delle azioni e le numerose iniziative a favore dei minori, previste dalle diverse ricette, saranno quindi concretamente operative.
* Le interviste sono state realizzate a Milano il 23 maggio 2019