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Che legame c’è tra il welfare aziendale e lo sviluppo sostenibile? Per alcuni le misure di welfare stanno divenendo parte integrante delle strategie ESG delle imprese. Per altri invece questi interventi replicano troppo le disuguaglianze del sistema economico e produttivo italiano. Di seguito proviamo a fare il punto sulla questione, cercando di chiarire come e perché le aziende potrebbero avere un ruolo centrale nello sviluppo sostenibile.

La sostenibilità per le imprese

Negli ultimi anni è divenuto dirimente per le imprese avviare una riflessione sugli investimenti riguardanti la sostenibilità e lo sviluppo sostenibile. E non a caso sempre più spesso si parla di politiche ESG, cioè legate ai temi dell’ambiente, dell’impatto sociale e della governance. Per molte organizzazioni si tratta di elementi per indirizzare, verificare, misurare l’impegno in termini di sostenibilità.

I criteri riconducibili alla lettera “E” di Environmental mirano a valutare come un’azienda si comporta nei confronti dell’ambiente nel quale opera e dell’ambiente in generale. I criteri collegati alla lettera “S” di Social sono relativi all’impatto sociale ed esaminano le relazioni con il territorio, con le persone, con i dipendenti, i fornitori, i clienti e in generale con le comunità di riferimento. Infine, la “G” di Governance riguarda gli elementi distintivi di una gestione aziendale ispirata a buone pratiche e a principi etici, tra cui le logiche legate alla retribuzione dei dirigenti, il rispetto dei diritti degli azionisti, la trasparenza delle decisioni e delle scelte aziendali, il rispetto delle minoranze.

Il welfare aziendale e lo sviluppo sostenibile

È proprio all’interno della lettera “S” che trova spazio il welfare aziendale. Misure, servizi e prestazioni di welfare che le imprese rivolgono ai loro dipendenti possono infatti dare un orizzonte nuovo in un’ottica di sviluppo sostenibile.

Secondo Stefania Rausa, Head Marketing e Comunicazione di Edenred Italia, “il welfare aziendale riesce a combinare una serie di ambiti profondamente interconnessi con la cura e il benessere delle persone. Mi piace sottolineare come il welfare aziendale abbia un DNA sostenibile. Questo perché la sostenibilità non riguarda solamente l’ambiente e le strategie green, ma più in generale il miglioramento della vita delle persone, sia sul luogo di lavoro sia nel loro privato”.

I punti di contatto che il welfare aziendale ha con l’Agenda 2030 (su cui Istat ha pubblicato dati aggiornati proprio in questi giorni) e con il perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs Sustainable Development Goals) possono essere molti. Tra quelli più evidenti ci sono gli Obiettivi Lavoro dignitoso e crescita economica (8) e Imprese, innovazione e infrastrutture (9). Il welfare aziendale consente infatti di inserire all’interno dello scambio contrattuale la questione del benessere (personale, familiare e lavorativo) dei lavoratori e delle lavoratrici toccando entrambe le dimensioni. Si tratta probabilmente dell’unico istituto contrattuale che tratta un tema così privato e personale.

Ma c’è anche l’Obiettivo 5 sulla Parità di genere. Questo perché, come sottolineato ancora da Rausa, “le misure di work-life balance, i congedi parentali e familiari, la flessibilità, il lavoro agile, ma anche il rimborso per le rette degli asili nido, la scuola e le attività ricreative per i bambini e i ragazzi hanno un valore fondamentale per tutta la famiglia. Inoltre possono essere delle opportunità per favorire l’occupazione femminile e ridurre il numero di donne che si licenziano a causa dei carichi di cura familiari”.

E, ancora, sul fronte della mobilità sostenibile, che possiamo ricondurre ai Goal su Energia pulita e accessibile (7), Città e comunità sostenibili (11) e Lotta contro il cambiamento climatico (13): ci sono sempre più organizzazioni che stanno investendo per ridurre gli impatti generati dagli spostamenti tra le residenze dei lavoratori e la sede di lavoro. Gli esempi sono molti. Uno recente è quello di Breton, azienda metalmeccanica della provincia di Treviso che conta circa 900 dipendenti, che ha scelto di dare degli incentivi economici a chi sceglie di recarsi a lavoro a piedi, in bicicletta o condividendo la macchina con uno o più colleghi tramite il carpooling. Altre realtà prevedono invece degli abbonamenti per il trasporto pubblico oppure dei progetti per l’educazione ambientale.

Le imprese dovrebbero far rientrare i loro piani di welfare all’interno dei loro bilanci sociali e di sostenibilità” conclude Stefania Rausa. “Edenred Italia oggi ha circa 80.000 aziende clienti e molto spesso va spiegato loro come quello che fanno per i loro dipendenti può essere ricondotto a specifici SDGs. Anche i semplici fringe benefit, la cui soglia è stata incrementata fino al termine del 2022, sono delle risposte non scontate sul piano economico” che andrebbero valorizzate.

Il ruolo della sanità integrativa e della formazione

Il welfare aziendale e contrattuale può poi essere rilevante anche per gli Obiettivi Salute e benessere (3) e Istruzione di qualità (4). In questi ambiti aziende e parti sociali hanno infatti la possibilità di favorire la diffusione di varie forme di sanità integrativa e anche l’istituzione di fondi settoriali e intersettoriali, contribuendo alla realizzazione di un sistema di protezione sociale integrativo. Inoltre possono promuovere percorsi di formazione e professionalizzazione, sia per i dipendenti che per i loro figli, ma anche misure come borse di studio o rimborso di libri e rette scolastiche.

A confermarlo è Paola Gilardoni, Segretaria Regionale di Cisl Lombardia: “oggi le misure di welfare aziendale e contrattuale fanno parte a pieno titolo dei ragionamenti che riguardano la sostenibilità. Oltre ad incidere sulla conciliazione vita-lavoro e ad essere uno strumento per sostenere la genitorialità, possono infatti essere un pilastro in materia di salute e formazione”.

Ed è proprio questo ultimo tema su cui il ruolo delle imprese e del sindacato può essere ancora più decisivo. “La formazione, ma anche il re-skilling e l’up skilling, delle persone è oggi cruciale. Stiamo per affrontare una transizione produttiva, economica e tecnologica senza precedenti: abbiamo bisogno di persone che abbiano le competenze adeguate per poter gestire i nuovi progetti e nuovi strumenti. Perciò è necessario investire nel capitale umano”, prosegue Gilardoni. “Lavorare sulle competenze significa anche garantire l’occupabilità nel tempo. E il welfare aziendale è una risorsa in questo, garantendo così la protezione e la promozione del lavoro di qualità”.

La necessità di fare sistema

Per divenire un elemento trasversale dello sviluppo sostenibile è però necessario superare (o quantomeno limitare) le disuguaglianze tra imprese, settori e territori. Come spesso vi raccontiamo il welfare aziendale tende infatti a replicare quelle disuguaglianze proprie del sistema produttivo italiano: tra micro/piccole imprese e grandi; tra settori produttivi; tra Nord e Sud.

Come abbiamo avuto modo di argomentare in varie occasione, una strada che potrebbe garantire una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità è quella del welfare aziendale territoriale o “a filiera corta, consistente in progetti basati su reti multi-attore e multi-stakeholder che possono contribuire a ridurre alcune differenze esistenti tra imprese, settori e territori.

Grazie al coinvolgimento delle parti sociali, della filiera dei servizi locali e dell’attore pubblico, è infatti possibile includere quelle imprese altrimenti “escluse” dal welfare aziendale e quindi arrivare a nuovi beneficiari. “La contrattazione diviene fondamentale per mettere a sistema quanto fatto dalle aziende”, riflette ancora Paola Gilardoni. “Attraverso la contrattazione territoriale è possibile collegare l’iniziativa dell’azienda con i servizi del territorio, promuovendo così vero sviluppo sostenibile, sia sotto il profilo economico sia sotto quello sociale”. In altre parole, conclude la Segretaria, “per arrivare in quelle aziende e in quei settori in cui il welfare non c’è, è necessario incentivare la contrattazione. E quindi è possibile investire anche sul fronte della sostenibilità. Come Cisl Lombardia abbiamo anche sottoscritto un protocollo con ANCI, proprio su questo tema, e stiamo cercando di definire una strategia regionale per favorire l’attuazione degli obiettivi dell’Agenda 2030”.

 

Foto di copertina: Alexander Abero