Secondo Welfare segue da tempo il tema della Long Term Care, l’assistenza di lungo periodo per gli anziani non autosufficienti, occupandosi in particolare all’attesa riforma del sistema che entro primavera dovrebbe essere varata dal Parlamento. Per contribuire al dibattito intorno a questo tema così importante, abbiamo scelto di pubblicare alcuni contributi da parte di esperti internazionali del tema. Dopo l’intervista a Paula Blomqvist, Professoressa all’Università di Uppsala sulla situazione della Svezia, di seguito vi proponiamo il nostro dialogo con un docente tedesco sul sistema tedesco.

Si tratta di Heinz Rothgang, professore all’Università di Brema (in Germania), che ci ha parlato della situazione della Long Term Care in Germania dopo la pandemia da Covid-19.

Negli ultimi mesi, ci ha detto Rothgang, il Governo tedesco ha agito per sostenere l’assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale – la più colpita dalla pandemia – e il personale sanitario, per alleviare le conseguenze catastrofiche dell’emergenza. Secondo l’esperto, la digitalizzazione è lo strumento chiave per innovare l’intero sistema e consentire lo scambio di informazioni tra gli enti che si occupano di erogare i servizi di cura. L’intervista è disponibile anche in inglese.

Il Focus di Secondo Welfare sulla non autosufficienza

Ci stiamo occupano sistematicamente della riforma del sistema della Long Term Care. Lo facciamo pubblicando ogni settimana articoli e interviste che aiutino a capire meglio le diverse questioni che riguardano la LTC in Italia e non solo. Sono tutti qui.

 

Professor Rothgang, la letteratura sui regimi di cura in Europa raggruppa la Germania e l’Italia tra i Paesi con un forte intervento dello Stato, prevalentemente attraverso l’erogazione di prestazioni monetarie. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di prediligere l’erogazione di prestazioni monetarie invece che servizi reali?

Le prestazioni di assistenza a lungo termine sono finanziate dai contributi obbligatori versati da tutti i dipendenti in Germania (ndr, attualmente il 3,5% – 3,4% dello stipendio annuale). Il sistema si basa sia su un’assicurazione sanitaria obbligatoria (che copre circa il 90% del bisogno) che su quella privata (per circa il 10%). Entrambe sono obbligatorie e universalistiche. Pertanto, i cittadini ottengono prestazioni di assistenza a lungo termine indipendentemente dall’età o dalla situazione finanziaria di riferimento. Ciascun cittadino/a può destinare, liberamente, il 50% del suo beneficio monetario in servizi pubblici e privati (ad esempio, servizi domiciliari, residenze sanitarie o sociosanitarie). Può anche decidere che sia la sua famiglia a prendersi cura di lui/lei. La libera scelta nell’utilizzo delle risorse è, a mio parere, uno dei maggiori vantaggi del sistema di Long Term Care tedesco.

Quanto agli svantaggi, il primo è sicuramente legato alla dimensione di genere nella suddivisione dei carichi del lavoro di cura. Un caregiver informale su tre è donna. E, aggiungo, il tasso di donne coinvolte nel settore di cura informale è destinato a salire (ndr, a causa, ad esempio, del crescente invecchiamento demografico). Il secondo svantaggio è legato alla qualità dei servizi nel mercato grigio. Non è ancora possibile, come in altri Paesi europei, monitorare la qualità dei servizi di cura erogati nel mercato sommerso. Come in Italia, non si ha una stima precisa delle assistenti informali che vivono in casa con anziani non autosufficienti e/o disabili.

Per riassumere, i vantaggi sono la flessibilità e la libertà di scelta. D’altra parte, gli svantaggi sono legati alle disparità di genere nella gestione dei carichi di cura e alla qualità dell’assistenza nel mercato nero dei servizi.

Parliamo ora dei fondi NextGenerationUE: la Long Term Care ha assunto centralità nel dibattito pubblico e politico tedesco?

Non proprio. Per cominciare, vorrei ripercorrere alcuni dati relativi ai decessi durante la pandemia da Covid-19.

Foto del professore Heinz Rothgang, Università di Brema
Heinz Rothgang, Università di Brema

Circa il 60% del totale dei decessi in Germania si è registrato in strutture sociosanitarie residenziali e semi-residenziali. Alla luce di questo dato preoccupante, si sono susseguite numerose misure restrittive nazionali volte a limitare gli accessi degli esterni – ad esempio, dei familiari – a tali strutture. Le restrizioni più severe hanno proprio riguardato le strutture residenziali. Quando ad inizio 2021 è stata lanciata la campagna vaccinale, le persone nelle strutture residenziali avevano la priorità di accesso. E lo stesso è accaduto per la seconda fase della campagna. A partire dal 2022, i tassi di vaccinazione sono aumentati. Tuttavia, il tasso di mortalità all’interno delle strutture residenziali è rimasto superiore rispetto a quello registrato all’esterno.

In questo contesto di generale sconforto, nel 2021 i gestori delle strutture residenziali hanno dichiarato di essere in difficoltà economica. Il governo tedesco ha dunque introdotto una misura di “salvataggio”. Si tratta di un programma di fondi nazionali pari a circa 9 miliardi di euro per coprire le spese extra affrontate dai servizi di cura pubblici e privati (ad esempio, mascherine, guanti, disinfettanti). In altre parole, il Governo tedesco ha agito tempestivamente per sanare la situazione di difficoltà. Non ha dovuto attendere i fondi NextGenerationEU per agire in questa direzione. Inoltre, la struttura delle politiche e degli interventi di Long Term Care era già consolidata prima dell’avvento della pandemia.

Infine, nel 2021, il Governo ha introdotto il “Corona Premium”. Si tratta di un bonus – o, appunto, un premio – rivolto al personale sanitario che ha contribuito al contrasto del virus. Il premio ammontava a circa 1.000 euro. L’obiettivo era mostrare gratitudine nei confronti del personale sanitario per l’impegno e la costanza. In totale, il Governo ha destinato al Corona Premium circa 1 miliardo di euro. Tuttavia, non è bastato. In un contesto di dolore e di difficile gestione, il premio monetario non ha avuto un riscontro positivo tra gli addetti al settore.

Durante la pandemia la società civile si è mobilitata per accrescere l’attenzione pubblica e politica riguardo le politiche per la non autosufficienza?

Già precedentemente alla pandemia il dibattito pubblico era concentrato sulla carenza di personale nelle strutture residenziali.  Nel 2019, noi – gli esperti dell’Università di Brema – abbiamo realizzato uno schema di policy nazionale per la gestione del personale sanitario, con la raccomandazione che venisse adottato entro il 2020. I risultati sono stati poi presentati al Ministero, a Berlino. In sintesi, il nostro schema suggeriva l’assunzione necessaria di oltre 100.000 infermieri.

Negli ultimi anni, il piano è stato gradualmente attuato. Nel 2021, i Länder (gli Stati federati, ndr) hanno assunto circa 20.000 infermieri e a luglio 2023 ne avremo circa 25.000 in più. Nel 2023 il piano potrebbe anche essere rifinanziato.

In aggiunta, la pandemia ha sicuramente rilanciato il dibattito sulle condizioni salariali del personale sanitario. Le realtà sindacali e il governo tedesco sono intervenuti affinché tutto il personale sanitario rientrasse nei contratti collettivi. Lo stesso vale per la digitalizzazione dei dispositivi sanitari. Il dibattito era in essere sin da prima, tuttavia la pandemia ci ha mostrato che la digitalizzazione può rendere più efficace lo scambio tempestivo di dati.

Quali sono i maggiori sviluppi nell’ambito delle politiche per la non autosufficienza in Germania?

Lo sviluppo principale riguarda il potere contrattuale dei lavoratori nel settore sociosanitario. Il personale sanitario non è ben rappresentato all’interno del contesto istituzionale. Inoltre, gran parte della regolamentazione dipende dai 16 Stati federati.

Riconosce delle diseguaglianze territoriali nell’erogazione – in termini quantitativi e qualitativi – dei servizi di Long Term Care tra gli Stati federali tedeschi?

Se in Italia esiste tradizionalmente un divario Nord-Sud, in Germania persiste quello Est-Ovest. Tuttavia, poiché universali, le prestazioni sono uguali in tutto il territorio.

Le regioni svantaggiate – in una certa misura – sono avvantaggiate. Ad esempio, in Turingia la retta per la permanenza nelle strutture residenziali è mediamente più bassa rispetto ad altri Länder. Anche i salari sono più bassi. Poiché la Long Term Care si basa maggiormente sull’assicurazione sociale, per compensare il gap salariale rispetto ad altri Länder, la quota contributiva destinata al rischio di Long Term Care è più alta. Si riduce così anche la quota out-of-pocket. In generale, anche il personale delle case di cura è distribuito diversamente.

La parte più ricca del Paese ha un numero maggiore di personale, ma le forme di compartecipazione alle cure (e, dunque, le c.d. spese out-of-pocket) sono più alte. È quindi difficile fare un confronto. La raccolta dei dati (nell’assistenza informale, negli ospedali, nelle case di cura) è complessivamente difficile da realizzare per consentire la comparazione tra i dati.

 

Foto di copertina: Reichstag, Berlino Ⓒ Ingo Joseph, Pexels