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Quanti di noi hanno necessità per lavoro di compulsare quotidianamente pubblicazioni di diversa natura, attinenti abitualmente od occasionalmente alla sanità, si imbattono di frequente in titoli di questo tipo: “La centralità costante, nascosta e pervasiva del lavoro infermieristico nel Servizio Sanitario Nazionale: Protocollo di studio ENLIGHT- IT” (Alvaro et al. 2024) oppure “Omceo Parma: Convegno sull’AI e Assemblea annuale”. Focus sulle medical humanities e sulla centralità del medico nel sistema delle cure”. Nasce immediatamente l’interrogativo su a chi appartenga davvero questa centralità e perché diverse figure professionali la rivendichino sempre e comunque o, almeno, nella maggior parte delle situazioni di rapporto con il soggetto fragile o affetto da malattia. Di seguito si propongono alcune riflessioni sul tema e sulla figura del Case Manager – che molto si avvicina a quella dell’assistente sociale – che può essere la chiave per garantire coordinamento, continuità e integrazione nella presa in carico delle persone in condizioni di cronicità e fragilità.

Questo articolo è parte del Focus LTC di Percorsi di secondo welfare, dedicato alle sfide dell’invecchiamento che interessano il welfare italiano. Puoi leggere tutti i contributi qui.

Le rivendicazioni della centralità nella cura

Di certo, nell’impegno di assistenza e cura, il concetto di centralità sembrerebbe di facile attribuzione dato che tutti gli addetti ai lavori parlano di un orientamento fondativo e progettuale dell’intero sistema sociosanitario in termini di patient-centered (centrato sul paziente non astratto ma quello che di volta in volta si ha di fronte), in quanto la considerazione dei suoi bisogni medici, ma anche del suo contesto di vita, dei suoi valori e preferenze sono prioritari nell’orientare il pensare e l’agire.

Di fronte a lui si decide di dare il via a un processo diagnostico e a delle prescrizioni terapeutiche, farmacologiche o non, con diverso livello di invasività e di efficacia. In tutto ciò la persona malata ha una centralità prevalentemente “passiva” quale destinatario ultimo di processi valutativi e provvedimenti a partenza da altri, benché sempre nel rispetto dei principi di entitlement and empowerment, cioè tenendo conto del suo parere e del suo consenso a esami, trattamenti o interventi.

Il paziente di fatto non può imporre scelte, se non accessorie, in ragione di un’asimmetria formativa che lo vede su un gradino inferiore, ma accoglierle o rifiutarle dopo aver ricevuto adeguata informazione ed essersi fatto attentamente ascoltare. Tant’è che l’asimmetria di formazione e competenza è un fattore rilevante, benché non unico elemento, che determina la responsabilità dei sanitari in caso di errore.

I contenuti definitori della centralità nell’ambito sociale e sanitario

Molte professioni agiscono in campo sociale e sanitario rivolgendo i loro compiti a chi versa in condizioni di salute precaria o decisamente compromessa. Però cambia l’angolazione da dove ciascuna di essa osserva tale persona con conseguente peculiarità nei differenti coinvolgimenti e obiettivi. C’è qualcuna tra queste professioni che si possa definire centrale, in senso attivo verso il paziente, decisamente protagonista al punto da essere l’astro attorno al quale ruotano solo satelliti? Potremmo anche formulare la domanda con termini tecnicamente alla moda: chi è l’hub (il mozzo della ruota) e chi sono gli spoke (i raggi)?

Di primo acchito tutti noi pensiamo di aver chiaro il significato di “centralità” e se dovessimo definirla senza doverci riflettere molto: diremmo che si riferisce alla posizione fisica di qualcosa o qualcuno al centro di un’area circoscritta.

Invitati però ad allargarne il significato – sempre riguardo a persone e al di là di competenze specifiche affidate all’obbligo immediato di ciascuna professionalità – gradualmente tireremmo fuori accezioni derivate, dalle quali si evince che la centralità è un concetto multidimensionale e dinamico applicabile in molti contesti, ma che sempre rimanda all’idea di importanza, influenza e ruolo fondamentale (su cui ci si erge) o cruciale (da cui si deve passare).

A seguire solo alcune esemplificazioni:

  • Centralità strategica: persona di rilevante importanza – formalizzata o solo riconosciuta – per la realizzazione di un piano, per il raggiungimento di uno scopo. Una sorta di sine qua non: senza la sua competenza non si procede.
  • Centralità organizzativa: persona cui è affidato il compito di convocare altri e di affidare loro finalità specifiche.
  • Centralità coordinativa: persona che svolge un ruolo essenziale nel dare coerenza e senso a quanto gli altri svolgono.
  • Centralità sociale e relazionale: persona influente all’interno di un gruppo o di una comunità. Dotata di un livello superiore di conoscenze, non obbligatoriamente specialistiche, e di abilità per interagire e comunicare efficacemente con gli altri. Tale centralità svolge un ruolo chiave nella diffusione di informazioni o idee.
  • Centralità procedurale: propria di chi ha il compito di valutare le esigenze degli individui e indirizzarli verso le risorse appropriate. 

Dalla contestualità alla continuità della cura

L’allungamento dell’aspettativa di vita dà più tempo e occasioni per manifestarsi alle malattie croniche come il diabete, l’ipertensione, l’asma e molte altre. Inoltre l’intervento sanitario spesso risolve solo parzialmente una malattia acuta, trovandosi vincolata dalle conoscenze e progressi attuali a dare “risposte incomplete” o limitarsi a “risultati parziali”. In questi casi, il trattamento può alleviare alcuni sintomi o migliorare la condizione del paziente, ma non riesce a eliminare completamente la malattia o ripristinare la salute ottimale.

Entrambe le circostanze soprastanti richiedono una gestione del paziente prolungata, ossia serve un approccio che è di cura e assistenza a lungo termine, includendo monitoraggio abituale, trattamenti regolari e modifiche del suo stile di vita per prevenire complicazioni e dare qualità agli anni in più.

La sanità moderna, nel suo sforzo programmatorio volto a cogliere i nuovi livelli dei bisogni, parla di “filiera dei servizi”, riferendosi all’insieme di attività e processi che vanno dalla prevenzione alla cura, fino al supporto post-operatorio e alla riabilitazione e al reinserimento nella società.

Questa filiera comprende varie tappe, diversi setting e molteplici attori, tra i quali sostanzialmente medici, infermieri, operatori socio-sanitari, fisioterapisti e assistenti sociali, che collaborano per garantire un’assistenza continua e integrata ai pazienti. L’obiettivo è quello di migliorare l’efficienza, ottimizzando le risorse in campo, e accrescere l’efficacia, assicurandosi che ogni paziente riceva le cure necessarie in modo tempestivo e coordinato. In questo modo, si crea un percorso curativo e preventivo fluido e senza interruzioni, lungo il quale ciascuna fase ha una sua finalità propria e allo stesso tempo si connette alle fasi precedenti ed è aperta alle successive.

Possiamo concludere questo paragrafo dicendo che, se in passato la medicina era basata su interventi puntuali (contestuali), oggi con la cronicità serve una presa in carico e poi un iter protratto e privo d’interruzioni. La centralità richiesta, quindi, è dinamica, avendo la funzione di mantenere il paziente dentro la rete di supporto salvaguardando la gestione della sua situazione nel lungo periodo. 

Lo scenario attuale della rete sociale e sanitaria

Lo scenario che si riscontra nella realtà quotidiana è facilmente riassumibile.

La rete, sia sanitaria sia sociosanitaria, è fitta e multiforme. Quella ospedaliera ha propri inconvenienti d’accesso, in primis le liste d’attesa, mentre il polo territoriale, prendendo a riferimento la Lombardia in quanto più popolosa regione italiana, si articola in:

  • Servizi domiciliari: Assistenza Domiciliare Integrata/Complessa Domiciliare (ADI/C-DOM) e Unità di Cure Palliative Domiciliari (UCPDOM) gestite da erogatori pubblici o privati accreditati e il SAD gestito dai Comuni singoli o associati;
  • Servizi diurni: CDI e Centri diurni sociali (questi ultimi sviluppando interventi di tipo rieducativo e/o di socializzazione);
  • Servizi residenziali: RSA/Hospice e Unità di Offerta sociali dedicate ad accogliere stabilmente o temporaneamente persone anziane a rischio solitudine e/o fragilità (Alloggi protetti anziani, Comunità alloggio sociale anziani e Casa Albergo).
  • Servizi specialistici a vario livello: riabilitazione (sanitaria e/o sociosanitaria), centri per i disturbi cognitivi e demenze (CDCD) che afferiscono alla Rete regionale dei Centri per i Disturbi Cognitivi e Demenze;

Si aggiungono interventi previsti da sperimentazioni, progettualità varie e interventi attivati ai sensi del PNRR Missione 5 e Missione 6 (Sabatini, 2025).

Di fronte a tale rete, per ottenere benefici e servizi, persone e famiglie devono affrontare un vero e proprio percorso a ostacoli, faticoso, ampiamente autogestito, appesantito dalla frammentazione delle responsabilità e dalla tortuosità degli iter amministrativi. Durante questa ricerca le persone:

  • devono recarsi presso uffici o sportelli molteplici, non sempre facilmente identificabili;
  • devono produrre ripetutamente certificazioni, esami e visite specialistiche;
  • ricevono innumerevoli valutazioni, non comunicanti fra loro e mai ricomposte in un progetto di insieme (Giunco, 2025).

L’elaborazione del profilo professionale appropriato alle attuali esigenze

Parto dalla differenza tra cure e care, essendo i due primari aspetti utili per proseguire la nostra riflessione.

  • Cure si riferisce specificamente al trattamento medico o terapeutico di una malattia, condizione o disturbo. È focalizzato sull’eliminazione o gestione della patologia, spesso attraverso interventi clinici, farmacologici o chirurgici. Cure, quindi, si concentra sulla causa principale di un problema fisico o psichico, in atto o potenziale, o dei suoi effetti per ripristinare la salute o riportarla a uno stato accettabile. In senso stretto sono i medici che curano e in senso traslato, ma sempre su prescrizione e supervisione mediche, i farmaci e altre modalità terapeutiche.
  • Care include preoccupazione, attenzione, sostegno e assistenza verso una persona, con sullo sfondo costante il benessere generale, emotivo e psicologico, oltre che fisico. È un concetto ampio che va oltre il trattamento medico e include aspetti come l’empatia, la compassione e la relazione umana. Care, pertanto, si focalizza sul supporto e sul mantenimento.  Enfatizza il comfort, la dignità e la qualità della vita. Frequentemente è a lungo termine o permanente, soprattutto per le patologie croniche o per le situazioni di fine vita

A tali concetti occorre aggiungere:

  • la personalizzazione, con analisi di abitudini e preferenze, delle caratteristiche ambientali di vita e relazionali;
  • e soprattutto l’integrazione tra sociale e sanitario, ovvero la collaborazione tra i servizi sanitari (che si occupano di diagnosi, cura e riabilitazione) e i servizi sociali (che si occupano di supporto, inclusione e benessere della persona nel contesto comunitario).

Senza tali due aggiunte è impossibile fornire una risposta unitaria ai bisogni delle persone, a partire da quelle più fragili, come anziani, disabili, malati cronici o persone in condizioni di marginalità sociale.

La figura del Case Manager

Il paziente e i loro familiari – ne abbiamo prima accennato – difficilmente sono in grado di auto-orientarsi in un sistema frammentato, cercando in proprio una irreperibile bussola per navigare tra specialisti, esami e terapie su un primo versante e su un secondo contrassegnato da iter burocratici e tempi d’accesso a prestazioni e servizi. Occorre una vera figura di coordinamento con la giusta preparazione formale ed esperienze acquisite.

L’intero percorso di assistenza e cura di un malato cronico può essere piuttosto complesso e varia a seconda delle esigenze individuali. In generale, include diverse fasi, come la valutazione iniziale delle condizioni di salute, la pianificazione del trattamento, l’erogazione delle cure e il monitoraggio dei progressi.

Il Case Manager è la figura chiave per colmare il vuoto di coordinamento nella gestione della cronicità. Si tratta di un professionista che ha il compito di guidare e accompagnare il percorso del paziente facilitando il collegamento tra medici di base, specialisti, servizi territoriali e caregiver. Nella pratica la sua presenza è ancora limitata e varia molto a seconda dei modelli sanitari regionali.

Se adeguatamente valorizzato e integrato nel sistema sanitario, il Case Manager potrebbe assumere un ruolo centrale nella gestione del paziente cronico, garantendo continuità e coesione all’intero sistema assistenziale.

Una figura professionale già esistente che si avvicina al profilo del Case Manager è quella dell’assistente sociale, come evidenziato nel suo Codice Deontologico. Tale professionista, infatti, riconosce il diritto all’autodeterminazione della persona e promuove un percorso di aiuto condiviso, orientato al miglioramento del benessere sociale e della qualità della vita, soprattutto per le fasce più vulnerabili.

L’assistente sociale opera con una conoscenza approfondita del contesto territoriale, storico e culturale, collaborando con gli attori del sistema socio-sanitario per rispondere in modo integrato ai bisogni della comunità. Inoltre, favorisce l’accesso equo alle risorse, ne promuove un utilizzo responsabile e contribuisce alla diffusione di informazioni sui servizi disponibili, rafforzando così l’efficacia e la sostenibilità del welfare locale e nazionale.

 

 

Per approfondire

  • Alvaro, R., Bagnasco, A., Cesare, M., Di Nitto, M., Zaghini, F., Lanci, L., Manara, D. F., Rasero, L., Rocco, G., Burgio, A., Landa, P., Drennan, J., Welton, J., Sermeus, W., Mangiacavalli, B., Sasso, L., & il Gruppo di collaborazione ENLIGHT IT. (2024). La centralità costante, nascosta e pervasiva del lavoro infermieristico nel Servizio Sanitario Nazionale: Protocollo di studio ENLIGHT-IT. L’Infermiere, 61(1), e1–e9.
  • Giunco F., Luci e ombre della valutazione multidimensionale unica. Slide del Convegno “Dai principi alle persone. Il Futuro della non autosufficienza in Lombardia, a che punto siamo?”, Milano, 13 marzo 2025, organizzato dal Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza e da Percorsi di secondo welfare
  • Sabatini C., Le prospettive di evoluzione dei servizi per la non autosufficienza in Regione Lombardia. Slide del Convegno “Dai principi alle persone. Il futuro della non autosufficienza Lombardia, a che punto siamo?”, Milano, 13 marzo 2025, organizzato dal Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza e da Percorsi di secondo welfare
Foto di copertina: Bakr Magrabi, Pexels.com