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Marco Vittori cammina sul sentiero umido che scende dalla cima del Monte San Michele verso l’Isonzo. “Ecco, tutte le volte che piove spunta fuori qualcosa”. Indica dei pezzi di metallo arrugginiti di forma circolare, e ci spiega che un tempo quelle erano scatolette di cibo. Stiamo osservando i resti di un pasto consumato oltre un secolo fa, da un soldato austro-ungarico o da un soldato del regio esercito italiano: nel corso della Prima Guerra Mondiale queste trincee sono state abitate e difese da entrambi gli schieramenti.

Il Monte San Michele, con il suo museo immersivo e con la zona monumentale circostante, è una delle tappe di goGreen, un’iniziativa promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia per ricucire la memoria storica e favorire forme di turismo sostenibile nel proprio territorio di riferimento. Dopo 9 tappe in giro per tutta l’Italia1 siamo giunte all’ultima destinazione del nostro percorso di conoscenza: Gorizia, la città che a giugno ospiterà il XXVI Congresso Nazionale Acri dal titolo “Comunità: insiemi plurali”. Un viaggio reso possibile da Intrecci: creare comunità insieme, serie podcast e giornalistica sostenuta da Acri proprio nell’ambito di un più ampio percorso di avvicinamento a questo Congresso.

Per la decima tappa siamo andate a scoprire come la Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia si è impegnata per costruire e rafforzare il senso di comunità nel proprio territorio, che nel corso del Novecento è stato attraversato da conflitti e divisioni. E, a partire da un certo punto, anche da un confine che prima non c’era mai stato.

Per capire e raccontare questa comunità plurale abbiamo intervistato Rossella Digiusto, direttrice generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia; Marco Vittori, sindaco di Sagrado (Comune a cui è demandata la gestione del Monte San Michele2); e Andreas Kipar, architetto paesaggista CEO e fondatore dello studio LAND3.

In questo articolo partiamo dall’esperienza di goGreen per raccontare l’importanza dello sviluppo sostenibile dei territori, un approccio che da anni caratterizza l’operato delle Fondazioni di origine bancaria.

Gorizia, crocevia di culture e territorio di confine

Per capire il progetto goGreen è necessario avere in mente – almeno a grandi linee4 – il passato di questi luoghi. La città di Gorizia è sempre stata un territorio di incontro e di passaggio, oltreché di confine: fino alla Prima Guerra Mondiale è stata per diversi secoli parte dell’impero austro-ungarico e ha sempre ospitato una comunità plurietnica e plurilinguistica in cui hanno convissuto – e tuttora convivono – diverse identità e culture (friulani, italiani, austriaci, ungheresi, sloveni). Il confine dell’impero austro-ungarico passava a ovest di Gorizia.

La storia che raccontiamo nell’ultima puntata di Intrecci ha origini lontane, ma un suo snodo fondamentale è stata certamente la Grande Guerra. Gorizia e le alture che la circondano – come il Monte San Michele e il Monte Sabotino – furono un punto strategico di combattimento. La città fu conquistata dall’esercito italiano nell’estate 1916, a seguito della sesta battaglia dell’Isonzo. Sarebbe tornata sotto il controllo asburgico un anno più tardi, dopo la dodicesima e ultima battaglia dell’Isonzo (quella di Caporetto). Dopo la Grande Guerra la città entrò a far parte del Regno d’Italia insieme a diversi altri territori che ora fanno parte della Slovenia e della Croazia: il nuovo confine fu fissato a est di Gorizia.

Nel giro di una trentina d’anni, però, le cose sarebbero cambiate ancora una volta: dopo un periodo di grandi divisioni – esacerbate dall’avvento del fascismo, come raccontiamo nel podcast la Seconda Guerra Mondiale avrebbe segnato profondamente questa comunità e lasciato un’eredità che permane tuttora: un confine attraverso la città. Se Gorizia era sempre stata un territorio vicino al confine, nel 1947 si trovò a essere attraversata e divisa dal confine. “Un confine che non c’era mai stato”, puntualizza nel podcast Rossella Digiusto, che dirige la Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia. Un confine “che venne tracciato sulla carta, unendo due punti con un righello, (…) e non tenne conto delle famiglie che vivevano da una parte e dall’altra del confine”. Non si trattava di una semplice frontiera, bensì della linea della cortina di ferro: al di là del confine c’era infatti la Jugoslavia, appartenente al blocco sovietico.

Il confine si sarebbe fatto un po’ più permeabile nel corso degli anni, ma fu smantellato solo con l’ingresso della Slovenia dell’Unione Europea (2004) e nello spazio Schengen (2007). Le vicende del Novecento hanno influenzato questi territori “dividendo affetti, terreni, case e famiglie e creando divisioni e tensioni, ma dimostrando la resilienza di queste comunità“, conclude Digiusto: “un popolo che ha origini comuni, che ha mantenuto saldi i suoi legami nonostante la separazione e (…) che ha come chiave distintiva da secoli un’identità multiculturale e plurilinguistica“.

“Veramente qui, in questo luogo”

Da questa consapevolezza nasce l’idea di realizzare dei percorsi di (ri)scoperta del paesaggio, della storia comune, della cultura popolare, delle tradizioni di questo territorio.  Percorsi disegnati con una vocazione turistica (come vedremo meglio oltre), ma pensati anche e soprattutto per la popolazione locale. Questa, in estrema sintesi, è l’idea alla base di goGreen, un’iniziativa avviata nel 2018 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia con il supporto di Intesa Sanpaolo che finora ha creato 23 percorsi di esplorazione del territorio per oltre 260 km. I tracciati possono essere fruiti attraverso una app in cui sono indicate mappe, lunghezza, tempi di percorrenza a piedi e in bicicletta. I percorsi collegano decine di luoghi considerati significativi da vari punti di vista: paesaggistico, storico-culturale, enogastronomico, naturalistico, ecc. L’app permette anche di accedere a una serie di contenuti elaborati per ognuna delle tappe previste – attraverso strumenti come narrazioni audio, contenuti in realtà aumentata e realtà virtuale e video – configurando così dei percorsi che sono fisici ma anche “narrativi”. L’impegno della Fondazione, come raccontiamo nel podcast, è stato quello di collegare e valorizzare il più possibile quello che già c’era. Un lavoro che è stato reso possibile anche dal coinvolgimento dello studio di architettura del paesaggio LAND, fondato e diretto dal noto architetto Andreas Kipar.

In alcuni luoghi considerati particolarmente significativi sono stati creati dei goGreen Point: si tratta di luoghi che – per la loro storia o per le loro caratteristiche – rappresentano dei punti di osservazione privilegiata del “panorama” del territorio goriziano (inteso sia in senso letterale che metaforico). Uno di questi goGreen Point è ospitato nella sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia: si tratta dello Smart Space, uno spazio espositivo dedicato alla valorizzazione del patrimonio della provincia.

La direttrice generale Digiusto durante un evento organizzato presso lo Smart Space, nella sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia. Foto di Lorenzo Biaggi.

Il primo goGreen Point realizzato è il Museo del Monte San Michele, proprio sulla cima del monte omonimo. Nelle trincee scavate qui, come accennato poco sopra e come raccontiamo più ampiamente nel podcast, nel corso della Prima Guerra Mondiale si sono alternati l’esercito austro-ungarico e l’esercito italiano. Questo luogo custodisce una memoria e un’eredità storica che è importante per l’Italia: basti pensare che nei diversi presidi del Monte Giuseppe Ungaretti ha scritto le sue più celebri poesie (“San Martino del Carso” e “I fiumi”, per citarne solo alcune). Ma in questi luoghi hanno combattuto e perso la vita anche migliaia di soldati dell’impero austro-ungarico. Il nuovo allestimento – sostenuto dalla Fondazione nell’ambito di goGreen – ha puntato molto su questo aspetto, cercando di raccogliere testimonianze e punti di vista dei diversi schieramenti e impegnandosi a trasformare questa zona monumentale in un patrimonio condiviso.

Nella zona all’aperto si possono visitare le trincee e le gallerie cannoniere e capita abbastanza spesso che nei giorni di pioggia la terra faccia emergere reperti come le scatolette di cibo, ma a volte anche munizioni o pezzi di armi. Perché, a differenza di altri musei, quello del Monte San Michele racconta la storia esattamente nel luogo in cui è avvenuta. Quello che è illustrato nelle sale del Museo è accaduto “veramente qui, in questo luogo, evidenzia il sindaco di Sagrado Marco Vittori. “Le battaglie del San Michele sono battaglie che sono avvenute qui, tra l’Isonzo e il Monte San Michele. Non sono realtà ‘trasportate’, sono fatti reali per questo Monte”.

Marco Vittori, sindaco di Sagrado, spiega la conformazione delle trincee sul Monte San Michele. Foto di Giulia Greppi.

Un altro tratto distintivo di questo museo – e in generale dell’intero progetto goGreen – è l’attenzione alla dimensione immersiva e tecnologica, resa possibile dal partner tecnico IKON, un’impresa locale che si occupa di digitale e si è fatta carico della progettazione multimediale dei percorsi e delle loro tappe. Come raccontiamo nel podcast nelle sale del Museo, per esempio, è possibile fare un’esperienza di realtà virtuale, con dei visori VR che permettono di osservare e ascoltare in modo estremamente realistico e immersivo alcune esperienze di vita durante la guerra di trincea. Questo approccio immersivo è stato scelto in quanto considerato particolarmente coerente con l’idea di goGreen di avvicinare le persone alle vicende del passato e permettere loro di riscoprirle come parte della propria identità. Questo vale in particolare per le generazioni più giovani, come sottolinea il sindaco Vittori: “c’era la necessità di garantire un linguaggio che sapesse parlare ai più giovani, alle scolaresche… che fosse in linea con le loro aspettative in merito alla possibilità di fruire di musei e luoghi di questo genere anche – e soprattutto – attraverso la tecnologia”.

Questa attenzione ai giovani – che pure è una tendenza che si sta affermando sempre di più nel campo della filantropia, in particolar modo tra le Fondazioni di origine bancaria (ne abbiamo parlato nella puntata 5 di Intrecci, ed è una dinamica confermata – per esempio – anche dalle programmazioni di Fondazioni come Compagnia di San Paolo e CRC) – in goGreen ha un valore ancora più significativo: ogni generazione riceve in eredità della precedente racconti e memorie, che in questa zona molto spesso sono divisivi. goGreen vuole offrire alla comunità goriziana – e in particolare ai più giovani – degli elementi per arricchire e rafforzare la propria identità in una prospettiva futura che non sia predeterminata dai traumi e dalle ferite del Novecento.

Gorizia alla ricerca di un nuovo sviluppo

Come sottolinea Andreas Kipar “l’anima di un territorio si svela attraverso il dialogo con i suoi attori: amministrazioni, cittadini e associazioni. In tal senso, goGreen non intende essere una commemorazione statica, ma un ‘riavvio’ di questo dialogo. Si va oltre, (…) per impostare una nuova idea del futuro”. Questo “riavvio” non è inteso solo in relazione all’identità della comunità, ma anche da un punto di vista economico e turistico. Agli inizi degli anni Duemila, infatti, la città di Gorizia è entrata in una fase di crisi: sebbene ci siano segnali di rilancio, tuttora nelle vie principali sono molti i negozi chiusi e vuoti. Questo perché l’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea – uno sviluppo ovviamente molto positivo per le relazioni all’interno di questa comunità transfrontaliera – ha anche messo in crisi quella che la direttrice Digiusto definisce “economia di confine”: “noi avevamo moltissimi spedizionieri e import-export che vivevano di questo confine. E che persero in gran parte il loro fatturato” mettendo in difficoltà anche l’indotto e, più in generale, l’intera zona.

L’intuizione alla base di goGreen voleva rispondere anche proprio a questa sfida, aiutando il territorio goriziano e isontino a immaginare una nuova identità anche dal punto di vista del lavoro, dell’economia e dell’imprenditorialità. In questo senso emerge la vocazione turistica di goGreen: il progetto fornisce degli strumenti gratuiti di esplorazione del territorio che contribuiscono a incrementare l’attrattività della zona e aiutano i turisti a raggiungere (anche) musei e luoghi gestiti da attori locali (a cui si accede a pagamento). Ma non solo: i percorsi di goGreen, che possono essere utilizzati autonomamente dai turisti, possono anche essere integrati in una più ampia offerta predisposta da operatori economici del territorio.

L’intervista ad Andreas Kipar presso la Wunderkammer dello studio LAND, a Milano. Foto di Giulia Greppi.

goGreen non intende solo valorizzare l’identità e la cultura della comunità, ma vuole mettere delle basi concrete per il suo sviluppo futuro. Uno sviluppo che – per scelta esplicita della Fondazione – deve essere sostenibile, coerentemente con lo slancio verso il futuro che caratterizza l’intero progetto. In questa logica, come raccontiamo nel podcast, i percorsi narrativi sono fruibili esclusivamente a piedi o in bicicletta e l’intera iniziativa è stata pensata con l’impegno a ridurre al minimo l’impatto ambientale e sul paesaggio grazie all’uso della tecnologia. “Non volevamo aggiungere niente, ma semplicemente collegare e rendere più fruibili i luoghi del nostro territorio, prendercene cura”, sintetizza la direttrice Digiusto. È un lavoro tutt’altro che semplice, anche perché richiede un costante aggiornamento anche dal punto di vista tecnologico. Inoltre sono ancora moltissimi i luoghi da collegare e i percorsi da disegnare: “al momento siamo circa al 50% della realizzazione del progetto” secondo Digiusto.

Nella conversazione con Andreas Kipar, che con il suo studio LAND ha redatto il masterplan5 alla base di goGreen, abbiamo più volte parlato di questo aspetto: non è comune che un progetto abbia un arco di vita così lungo. Nello sviluppo paesaggistico, racconta l’architetto, “spesso parliamo di coltivazione di un territorio. Coltivare vuol dire rimanere dietro alle cose che accadono. Perché, come ogni buon coltivatore sa, quando non ci si prende più cura dei terreni questi diventano di nuovo infertili”. Le Fondazioni di origine bancaria – come nel caso di goGreen – possono davvero svolgere questo ruolo, come conclude Kipar: “il grande vantaggio di avere una Fondazione impegnata in progetti come questo è che offre continuità. E senza continuità non si può coltivare un territorio affinchè possa diventare paesaggio”.

Intrecci è realizzato da Percorsi di secondo welfare con il supporto di Acri, l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria. Intrecci è un progetto giornalistico ibrido: un podcast per conoscere attraverso le voci dei protagonisti i progetti di comunità e una serie di articoli di approfondimento per mettere a fuoco il ruolo della filantropia.

 

Per approfondire

  • sito internet di Regione Storia FVG – Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia;
  • Timeline interattiva curata da PromoTurismoFVG – Itinerari della grande guerra;
  • Cattunar A. (2024), Storia di una linea bianca. Gorizia, il confine, il Novecento, Udine, Bottega Errante Edizioni;
  • Fabi U. (2019), Il Carso di Giuseppe Ungaretti, Comune di Sagrado, Edizioni del Consorzio Culturale del Monfalconese;
  • Ungaretti G. (1966), Vita d’un uomo. 106 poesie (1914-1960), Milano, Mondadori.

Note

  1. Milano, Napoli, Sardegna, Volterra, Bologna, Trento, Pont Canavese (Torino), Palermo e Ascoli Piceno
  2. L’Amministrazione comunale di Sagrado ha in atto una convenzione con il Ministero della Difesa – Ufficio per la Tutela della Cultura e della Memoria della Difesa, l’Agenzia del Demanio – Direzione regionale Friuli Venezia Giulia per la gestione del Museo e della “Zona monumentale del Monte San Michele”, istituita nel 1922. La Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia ha ideato e realizzato, finanziandolo, il nuovo allestimento del Museo del San Michele inaugurato nel 2018.
  3. Società internazionale di consulenza paesaggistica che ha curato il masterplan alla base di goGreen.
  4. Per ulteriori e più dettagliati approfondimenti si rimanda alla biblio-sitografia riportata alla fine dell’articolo.
  5. Il masterplan è un documento di pianificazione strategica che definisce lo sviluppo e la gestione a lungo termine di un’area, tenendo conto di aspetti ambientali, urbanistici, sociali ed estetici e garantendo quindi una visione complessiva del territorio.
Foto di copertina: Giulia Greppi.