A partire dall’inizio di quest’anno in Francia è entrato in vigore il Compte personnel d’activité, il Conto personale di attività (CPA). Si tratta di un nuovo strumento che ha l’ambizioso obiettivo di trasformare il sistema di acquisizione e utilizzo di alcuni diritti sociali personali di recente generazione, quali ad esempio l’accesso alla formazione lungo il corso della vita. In realtà, il CPA promette di essere molto di più, dal momento che l’idea da cui trae ispirazione è quella di rivoluzionare il modo stesso di pensare le tutele sociali connesse sia al lavoro sia ad altre attività di interesse collettivo. In quanto segue, si cercheranno di illustrare le principali novità di questo strumento.
Genesi e obiettivi
Previsto inizialmente dalla legge Rebsamen sul dialogo sociale e successivamente incorporato nella recente riforma delle politiche del lavoro francesi (la cosiddetta legge «El Khomri», ovvero la legge n° 2016-1088 del 8 agosto 2016 in materia di messa in sicurezza dei percorsi professionali), il CPA è attivo dal primo gennaio 2017. Si tratta però solo di un primo passo volto a sperimentare e implementare gradualmente uno strumento complesso che andrà a qualificarsi ed eventualmente estendersi nei prossimi anni. In sintesi, i punti qualificanti del CPA sono:
- l’orientamento verso un diritto alla formazione universale accessibile a tutte le persone attive, indipendentemente dal loro status occupazionale, al fine di garantire una maggiore sicurezza delle transizioni nel mondo del lavoro;
- la fungibilità dei diritti, ovvero la possibilità almeno teorica di convertire fra loro alcuni diritti sulla base di una comune unità di misura;
- il riconoscimento e valorizzazione delle attività non remunerate e prestate a favore della comunità e della coesione sociale;
- la possibilità che il CPA possa costituire un primo passo verso la costituzione di un «conto sociale universale» a titolo personale che consentirebbe una gestione innovativa delle diverse forme di tutela sociale in contesti post-industriali.
I diritti sociali personali come sistema di punti portabili e fungibili
Il CPA permetterà a tutte le persone attive di accumulare su un conto personale consultabile online dei punti, generalmente corrispondenti a ore, che potranno poi essere utilizzati per finanziare percorsi formativi, realizzare bilanci di competenze o anche per permettere un passaggio al tempo parziale o un anticipo pensionistico per le persone coinvolte in lavori usuranti. Gli aspetti più interessanti di questo strumento sono tre.
Mettere in sicurezza le transizioni nel mondo del lavoro
In primo luogo, i «diritti» registrati sul CPA potranno essere accumulati e dunque seguire lo sviluppo delle carriere lavorative e dei percorsi di vita degli individui. In altre parole, anche a fronte di percorsi professionali frammentati e caratterizzati dal succedersi di numerose occupazioni, dallo svolgimento in contemporanea di diversi lavori, da periodi di disoccupazione o pause dall’attività lavorativa i punti (diritti) acquisiti non andranno perduti, ma finiranno ad alimentare il CPA in vista di un loro possibile futuro utilizzo. I diritti così intesi saranno dunque portabili in quanto associati alle persone e non più alla loro posizione lavorativa o all’azienda in cui si è occupati.
Al momento, un recente decreto governativo adottato nel mese di ottobre 2016 prevede per ogni anno di lavoro il riconoscimento di 24 ore di diritti di formazione, fino raggiungimento di un tetto massimo di 150 ore. Colto da questa prospettiva, il CPA francese potrebbe non sembrare una grande novità a fronte del diritto allo studio riconosciuto in Italia fin dagli anni settanta che prevede la concessione di 150 ore annue di permesso retribuito, oppure ai congedi formativi istituiti dalla legge 53 del 2000.
In realtà, le 150 ore sono riservate ai dipendenti con contratto a tempo indeterminato, mentre per i congedi per la formazione (non retribuiti) occorrono almeno cinque anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione e per quelli relativi alla formazione continua si rimanda alla contrattazione collettiva. Il CPA compie invece un passo più avanti. Al di là del fatto che i diritti acquisti e non «spesi» potranno essere utilizzati anche se si cambia occupazione (per mobilità o perdita del lavoro), un altro aspetto fondamentale è che tale conto sarà disponibile a tutte le persone in età di lavoro (a partire da 16 anni, 15 se apprendisti), indipendentemente dallo status occupazionale. Ciò significa che il CPA potrà essere attivato anche da coloro che hanno uno o più contratti a tempo prefissato, nonché dalle persone in cerca di occupazione.
Un’attenzione verso i più deboli
Le persone con un profilo più debole potranno approfittare di una quota supplementare di «diritti». Ad esempio, nel caso di persone in possesso di un basso livello di titolo di studio (i non diplomati), il plafond di 150 ore può salire fino a 400, mentre la quota di diritti individuali riconosciuti ogni anno di lavoro passa da 24 a 48 ore. Una persona in cerca di occupazione potrà inoltre richiedere la validazione e il finanziamento di un progetto formativo superiore al numero di ore possedute sul proprio CPA.
Infine, i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi potranno beneficiare di un «diritto a una seconda chance», ovvero di un capitale di ore di formazione iscritto automaticamente sul proprio CPA, al fine di accedere gratuitamente a un percorso di qualificazione professionale. Se il giovane in questione ha meno di 26 anni e si trova nella condizione di NEET in grave difficoltà (vale a dire un NEET senza sostegno familiare e con limitate disponibilità finanziare) potrà approfittare infine del dispositivo francese della Garanzia giovani che, sempre a partire dal 2017, verrà esteso a tutto il territorio nazionale. Tale dispositivo prevede la combinazione di un sostegno economico (461,72 euro mensili), di un servizio intensivo di orientamento e accompagnamento al lavoro e della possibilità di approfittare di «immersioni regolari» nel mercato del lavoro attraverso opportunità di stage e tirocinio.
Al di là del lavoro
Lo strumento del CPA prevede anche che attività di impegno civico possano dare luogo al riconoscimento di punti (diritti) da spendere successivamente in connessione a un’attività lavorativa remunerata. Tra le attività riconosciute ritroviamo il servizio civile, l’esercizio di responsabilità direttive in associazioni di volontariato, i volontari del soccorso sanitario, della protezione civile e i riservisti dell’esercito, nonché i «maître d’apprentissage» ovvero coloro che all’interno delle imprese svolgono il ruolo di tutor degli apprendisti.
Lo strumento del CPA viene così integrato dal conto d’impegno civile (CEC – Compte d’engagement citoyen) che consente di recensire l’insieme delle attività di volontariato svolte dai singoli individui. Il fine è di facilitare la tracciabilità di queste attività per il riconoscimento di punti in seno al CPA e di consentire la valorizzazione delle competenze acquisite nel quadro della cosiddetta «validation des acquis de l’expérience» (VAC), volta all’ottenimento di un diploma o di un titolo o qualifica professionale.
L’acquisizione di un diritto di 20 ore di formazione per anno (ovvero di punti registrati sul CPA, fino a un massimo di 60 ore, che si aggiungono alle ore acquisibili tramite attività lavorative) potrà essere ottenuta sulla base di una durata minima che varia a seconda delle attività poste in essere. Ad essere avvantaggiati sono soprattutto i giovani in servizio civile per i quali è necessario un impegno minimo di sei mesi continuativi, mentre sono necessarie almeno 200 ore di attività di volontariato per anno e fino a cinque anni di servizio per i volontari della protezione civile o nelle forze militari di completamento volontario. Oltre alle ore (punti) acquisiti, il conto personale di impegno civico permette anche il riconoscimento di ore di congedo pagato per lo svolgimento di attività di volontariato. Si tratta dunque, nel suo complesso, di un meccanismo che consente l’innesco di un circolo virtuoso tra lavoro remunerato e attività non remunerate a servizio della collettività e che potrebbe suggerire alcune integrazioni all’importante legge sul Terzo settore e ai suoi decreti attuativi in attesa di adozione nel nostro Paese.
I punti deboli
Il CPA francese rappresenta la prima traduzione di un’idea che ha destato un ampio interesse. Ciò nonostante, tale strumento non è stato risparmiato da alcune critiche.
La prima critica è che rappresenti più un miraggio che una soluzione concreta. Fra gli scettici del CPA alcuni sostengono che si tratti solo di uno strumento che distoglie l’attenzione dai problemi reali e che è stato posto al centro dell’azione del quinquennio di Hollande come iniziativa simbolica volta a compensare e contenere le forti critiche espresse dalle parti sociali nei confronti nel pacchetto di riforme delle politiche del lavoro francese (la legge «El Khomri») di cui il CPA fa parte.
Una seconda critica riguarda la complessità dello strumento giudicato come faraonico, soprattutto nella sua previsione di integrare ed estendere strumenti già esistenti che hanno funzionato solo in parte.
Una terza critica è che tale strumento finisca per accrescere i già esistenti dualismi del mercato del lavoro francese, ovvero le diseguaglianze tra diverse categorie di lavoratori. Inoltre, alcuni paventano il rischio che un simile sistema possa aprire la porta a una trasformazione dei diritti sociali in titoli potenzialmente commerciabili, dove l’acquisizione degli stessi non risponde più al principio tale per cui «pagano di più coloro che hanno più mezzi o risorse, mentre ricevono di più coloro che hanno maggiori bisogni».
Chi scrive ritiene che queste critiche colgono solo parzialmente nel segno. Servirà certamente un serio e attento monitoraggio e valutazione, nonché un costante impegno per proseguire lungo la strada appena intrapresa. Non occorre infatti dimenticare che un aspetto importantissimo riguarderà non solo il disegno illuministico dei dettagli del CPA, ma anche la sua altrettanto necessaria illuministica implementazione. Su questo fronte, sarà interessante osservare nei prossimi anni come evolverà concretamente l’utilizzo del CPA. La coerenza e costanza nell’implementazione di un nuovo strumento di policy sono aspetti che non possono essere dati per scontati dal momento che sono strettamente connessi al mantenimento di una volontà politica che rischia di avere solo un orizzonte di breve periodo, soprattutto in vista delle prossime elezioni francesi e alla luce del fatto che il CPA è stato presentato come un’eredità del quinquennio di Hollande.
In secondo luogo, il CPA è uno strumento ancora tutto da perfezionare e ci vorrà del tempo prima che possa entrare a regime ed essere esteso. Esso è comunque stato pensato per favorire una gestione più semplice e al contempo più trasparente dei diritti sociali personali accumulati su un conto che potrà essere consultato a distanza accedendo a un’unica piattaforma online, a partire dalla quale potranno essere sviluppati anche una serie di servizi complementari per favorire una corretta gestione dei diritti acquisiti.
Infine, un aspetto delicato riguarda il tema delle risorse messe a disposizione. Al momento, lo strumento del CPA non prevede un incremento delle risorse. Come indicato sul sito del governo francese, il Paese d’oltralpe mette a disposizione ogni anno circa 30 miliardi di euro per interventi nella formazione che saranno gestiti attraverso il nuovo sistema del CPA. Pur augurandoci che tale strumento possa favorire una più efficace allocazione di queste risorse, è difficile pensare che lo strumento sia in grado di fare importanti passi in avanti senza un rafforzamento della dotazione finanziaria pubblica (alla quale potrebbero contribuire anche eventuali investimenti da parte di attori privati) in un’ottica redistributiva, ovvero a favore delle categorie più svantaggiate.
Uno sguardo verso il futuro
Il CPA potrebbe rappresentare un primo passo verso una più estesa «rivoluzione silenziosa» nelle modalità di gestione e nella concezione stessa delle politiche sociali. Per ora il CPA appare limitato solo a una gamma molto ristretta di diritti sociali in parte fungibili. Ciò nonostante, questo strumento apre la porta all’idea di un Conto sociale universale (CSU) a titolo individuale in cui confluirebbero l’insieme dei diritti sociali associati alle singole persone. Come suggeriscono alcuni autori francesi, lo sviluppo di un simile «conto individuale» mette in luce alcuni importanti aspetti intorno ai quali riflettere in vista della realizzazione di nuovi sistemi di sicurezza sociale per il XXI secolo.
Innanzitutto, la realizzazione di un CSU richiede necessariamente di trovare un compromesso tra forme e modalità di capitalizzazione o patrimonializzazione di diritti sociali intesi a titolo individuale e la necessità del mantenimento di forme di collettivizzazione della protezione sociale. Se in un futuro immaginario i diritti accumulati sul proprio conto potranno essere utilizzati in piena autonomia e convertiti l’uno nell’altro a partire dal riconoscimento di un’unità di conto comune (i punti), d’altro canto occorrerà individuare una soglia di diritti infungibili, con destinazione d’uso obbligatorio, in particolare nel settore della sanità e delle pensioni. In altre parole, occorrerà contemperare l’individualizzazione dei diritti connessa allo strumento del conto con il rispetto di un principio di responsabilità di assicurazione e assistenza collettiva indisponibile ai singoli.
Un altro compromesso connesso alla realizzazione del CSU dovrebbe essere ricercato tra l’utilizzo di conti sociali individuali intesi come strumenti di risparmio e patrimonializzazione di diritti sociali e come strumenti di redistribuzione, finalizzati a evitare l’approfondimento dei dualismi istituzionali e a contrastare le diseguaglianze più rilevanti.
Un terzo bilanciamento riguarda le potenzialità del CSU come strumento per rafforzare la coesione sociale. Il CPA già prevede il riconoscimento delle attività di impegno civico e in un prossimo futuro si potrebbe anche immaginare di cessazione a titolo gratuito di punti da una persona all’altra. Il sistema deve comunque essere pensato al fine di evitare strumentalizzazioni o utilizzi fraudolenti (forme di compravendita di punti), oppure ancora minare il principio della donazione disinteressata che si pone a fondamento di molte delle attività di impegno collettivo che si vogliono valorizzare.
Un ultimo bilanciamento riguarda la necessità di garantire un facile e trasparente accesso alle informazioni relative ai propri diritti a partire da un unico portale e le altrettante necessarie garanzie a tutela della riservatezza di dati personali sensibili. Una volta definiti con chiarezza diritti e doveri connessi all’utilizzo di questi dati, un sistema di protezione sociale basato sulla piattaforma del CSU potrebbe in futuro promuovere la nascita di nuove o rinnovate figure di operatori del sociale chiamati ad accompagnare e assistere le persone nella gestione efficace de proprio conto. Si tratterebbe dunque di una nuova categoria di professionisti della «mobilitazione sociale» al cui sviluppo lo stesso sindacalismo di servizio potrebbe guardare con interesse.
Valutazioni conclusive
In conclusione, il CPA cerca di fornire una traduzione ad alcune idee sviluppate nella seconda metà degli anni Novanta come quella dei «diritti di prelievo sociale» e dell’approccio dei mercati del lavoro transizionali. Nel far questo pone le base per una pragmatica sperimentazione che potrebbe aprire la strada a un ripensamento più ampio della gestione dei sistemi di protezione sociale. Allo stesso modo, il CPA fornisce anche interessanti spunti per la costituzione di nuovi strumenti a livello sovranazionale che potrebbero essere eventualmente elaborati in seno al dibattito sul nuovo Pilastro europeo dei diritti sociali.
Anche se l’effettiva concretezza di questa proposta illuministica dovrà essere messa alla prova dei fatti nei prossimi anni, è certo che qualcosa si sta muovendo in Francia sul fronte della definizione e della gestione di diritti sociali di nuova generazione. Nel frattempo, in Italia, le tiepide speranze accese dal decreto 150/2016 del Jobs Act e dalla costituzione dell’Anpal rimangono per il momento tali, a fronte di uno scenario di riforme delle politiche attive del lavoro dove, per l’ennesima volta, sembra che la primavera tardi ancora ad arrivare.
Riferimenti
Il CPA sul sito del Governo francese
Gazier B., le Rouf JF., Lopez A., Pech T., Palier B., Richer M. (2016), Le bel avenir du Compte personnel d’activité, Terra Nova