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È ormai largamente diffusa la consapevolezza della necessità di un cambiamento deciso nella governance della copertura di Long Term Care (LTC), così come esiste un generale consenso circa i principi ispiratori di tale cambiamento.

Nell’ottica dell’innovazione sociale da tempo promossa dall’Unione Europea quale percorso per consentire ai sistemi di welfare di intercettare i nuovi bisogni, si propone di seguito un possibile nuovo modello di copertura della LTC che superi la rigida struttura a silos che caratterizza il vigente sistema di welfare, fornendo indicazioni circa la sua concreta fattibilità. Il modello proposto non intende sostituirsi agli Enti locali nella definizione dei modelli assistenziali ma, al contrario, integrarsi con tali modelli e utilizzarne al meglio le potenzialità completando, dove necessario, le necessità di cura in modo organico ed efficace. Fondato sull’adozione di una visione complessiva della problematica, è incentrato su:

  • definizione, a cura del SSN, da esercitarsi presumibilmente a livello di Distretto, di percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) personalizzati centrati non sulla malattia ma sulla persona, che tengano conto non solo del profilo clinico ma anche del contesto familiare, economico, ambientale, coinvolgendo attivamente il paziente e i caregiver in un vero e proprio “patto di assistenza”. Il PDTA si traduce in un Piano di Assistenza Personalizzato (PAP), per la cui realizzazione è fondamentale l’unitarietà, a livello nazionale, dei criteri di definizione e valutazione multidimensionale della non autosufficienza, nonché di un set di indicatori validati per il monitoraggio quali-quantitativo degli interventi assistenziali;
  • approccio multidimensionale integrato, che realizzi sinergie fra servizi sanitari e sociali, professionalità diverse, attori pubblici e privati, profit e non profit, nella consapevolezza che, considerato il contesto economico certamente non prospero che caratterizza attualmente il nostro Paese, non appare verosimile immaginare di poter disporre di risorse significativamente superiori a quelle attuali. Occorre quindi che siano messe a sistema tutte le risorse disponibili, in termini sia di finanziamento sia di organizzazione dell’erogazione delle prestazioni.

Viene poi ripresa la proposta dell’unificazione in un “conto individuale” di tutte le risorse, pubbliche e private, destinabili al finanziamento degli interventi previsti dal PAP, di cui il soggetto non autosufficiente può disporre per il finanziamento delle prestazioni di LTC. Il Conto LTC non raccoglie i contributi eventualmente versati dal singolo nel corso della vita attiva né implica una prestazione unica, lasciando inalterate le possibilità a lui offerte in relazione alla sua situazione personale e professionale, rispettandone la libertà di scelta.

L’unitarietà nell’organizzazione e nella gestione è realizzata tramite l’affidamento dell’organizzazione pratica e del coordinamento del PAP a un Care Management Team (CMT), che interagisca con il beneficiario e la sua famiglia (consulenza e accompagnamento, mappatura delle possibilità offerte dal territorio privilegiando l’utilizzo dei servizi erogati dal pubblico, rendicontazione dell’impiego delle risorse, monitoraggio circa l’efficacia del PAP), i fornitori di servizi (attivazione di una rete di convenzioni) e l’Ente pubblico (responsabilità dell’appropriatezza dei diversi interventi, aggiornamento del PAP), al fine di ottimizzare le risorse disponibili. Il CMT deve possedere requisiti di professionalità, una struttura organizzativa adeguata e garantire terzietà con riferimento all’attività di erogazione dei servizi onde evitare situazioni di conflitto di interessi. Al sistema pubblico spetterebbe la definizione di un’opportuna procedura di accreditamento eventualmente prevedendo la costituzione di un albo dedicato. Le forme bilaterali istituzionalmente “incaricate” di occuparsi a vario titolo del welfare dei propri aderenti (fondi pensione, fondi sanitari, accordi di welfare aziendale) potrebbero invece incardinare l’offerta del CMT nell’ambito dei servizi offerti. Sarebbe inoltre auspicabile la realizzazione di sinergie fra le suddette forme e/o con le reti territoriali di welfare. Iniziative come la stipula di convenzioni con i soggetti erogatori e/o la mappatura e il monitoraggio qualitativo delle forme di assistenza ben si prestano ad essere “socializzate” con indubbi vantaggi in termini economici e organizzativi.

Circa i possibili costi della copertura, si è tentata una prima stima del contributo necessario per garantire una copertura di LTC al netto del contributo pubblico (indennità di accompagnamento) quantificata in una rendita mensile di 12.000 €, nell’ipotesi di adesione collettiva con riferimento alla popolazione italiana dei lavoratori attivi (dipendenti e indipendenti), attraverso l’applicazione di premi medi calcolati su casi tipo. Il premio medio annuo per coprire la copertura da non autosufficiente da attivo risulta di circa 90 € annui. Qualora si ipotizzasse la costruzione, durante il periodo di attività, di una prestazione da erogare agli attuali lavoratori in caso di non autosufficienza sopravvenuta durante il periodo di pensionamento dovrebbe essere versato un ulteriore premio di 330 € annui.

La possibilità di realizzare un efficace sistema di LTC anche senza incremento della spesa pubblica e a costi ragionevoli per i singoli non è un’utopia, ma richiede scelte precise (e coraggiose) da parte dei decisori pubblici, abbandonando la logica degli interventi “tampone”. Occorre che la LTC sia riconosciuta come una branca a sé stante del sistema di welfare, dotata di un quadro normativo e regolativo specifico che definisca un nuovo e organico disegno organizzativo per la copertura.

Si tratta di una soluzione che implica la scelta “forte” della limitazione della totale libertà goduta sinora dal singolo nella gestione dell’indennità di accompagnamento e di eventuali altre prestazioni monetarie ricevute. Si tratta peraltro di limitazioni analoghe a quelle da sempre inserite nell’ambito delle prestazioni di sicurezza sociale in ragione dell’interesse generale a cui rispondono e delle agevolazioni fiscali di cui godono.

Questo articolo è stato pubblicato all’interno del portale Il Punto – Pensioni&Lavoro, lo scorso 29 ottobre 2018, e qui riprodotto previo consenso delle autrici.