I fatti di attualità stanno riportando al centro del dibattito pubblico il tema delle migrazioni. Dopo il rifiuto dell’Italia all’attracco della Ocean Viking, nave della ong Sos Mediterranée, l’intervento della Francia ha permesso di far sbarcare le persone sul proprio territorio. Ma a costo di strascichi pesanti nei rapporti diplomatici tra i due Paesi e, in generale, tra i Paesi UE sui temi migratori. La Francia ha infatti sospeso l’accordo per la ricollocazione dei migranti stipulato con l’Italia, invitando gli altri Stati firmatari a fare lo stesso.
Meloni ha affermato che non intende “in alcun modo mettere in discussione il diritto d’asilo per chi fugge da guerre e persecuzioni”, eppure continua a mostrare intransigenza sulle modalità di accoglienza, che sembrano lontanissime da quelle adottate per affrontare l’emergenza Ucraina (anche se pure su questo fronte i problemi non mancano).
Se non ci stupisce che l’attuale Governo abbia messo in campo una simile risposta al tema migratorio, in linea con quanto aveva annunciato in campagna elettorale, non dobbiamo perdere di vista questo tema cruciale: l’applicazione di un doppio standard di protezione e accoglienza.
Il doppio standard sull’immigrazione
Come ha raccontato Eleonora Camilli nel suo reportage per A Brave New Europe, a marzo è stata attuata la direttiva 55/2001. Un fatto che ha rappresentato una svolta storica. “Pensata dopo la guerra del Kosovo per far fronte a situazioni di emergenza,” sottolinea Camilli, “in vent’anni era stata spesso evocata, come nel caso delle primavere arabe o di recente per la crisi afghana, ma mai applicata. In questo caso, invece, dopo solo dieci giorni dall’inizio dell’offensiva russa in Ucraina, il 3 marzo, gli Stati membri dell’Ue hanno trovato l’accordo decidendo di usare la misura come risposta immediata a quello che stava succedendo nel Paese“.
La citata direttiva ha infatti permesso di mettere in campo un nuovo modello di protezione e accoglienza sviluppato dai Paesi UE per i profughi ucraini, che ha portato infatti l’immediato stanziamento di ingenti fondi e allo sviluppo di un sistema in cui l’inclusione è facilitata. Questo è accaduto anche in Italia, dove sono numerose le storie – come vi abbiamo raccontato nel nostro podcast – di accoglienza di chi fugge dall’aggressione russa.
Eppure, come dimostrano i fatti degli ultimi giorni, le tempistiche e le risposte istituzionali sono state notevolmente differenti. Il trattamento per chi scappa dall’Ucraina e per chi arriva dal Mediterraneo è totalmente diverso, e la nascita di un modello di accoglienza unitario per i migranti forzati appare fallito. Al suo posto c’è un un sistema binario, che crea sostanzialmente profughi di serie A e profughi di serie B.