Di seguito si propongono alcune riflessioni a partire dalla tesi di laurea dell’autrice, “Uno sguardo di genere sulle politiche urbane: progetti e politiche per la città femminista”, discussa nel dicembre 2024 a conclusione del corso di laurea in Amministrazioni e Politiche Pubbliche presso l’Università degli Studi di Milano.
Genere e spazio urbano
Criado Perez (2020) afferma che “quando i pianificatori non tengono conto del genere, gli spazi pubblici diventano di default spazi maschili”. Questa affermazione sintetizza una delle questioni centrali nelle politiche urbane contemporanee: le città riflettono le dinamiche sociali, economiche e politiche che le attraversano e, per questo, sono state storicamente progettate secondo un immaginario maschile, ignorando spesso i bisogni e le esperienze quotidiane di donne e altri gruppi di minoranze. Riconoscere questa diversità significa riconoscere che lo spazio urbano non è neutro: è abitato da corpi che interagiscono con infrastrutture, politiche e norme sociali in modi complessi.
Secondo Kern (2022), “la città è stata creata per sostenere e facilitare i tradizionali ruoli di genere maschili, con poca attenzione a come ponga ostacoli alle donne e ignori la loro esperienza quotidiana della vita cittadina”. A livello simbolico, la città continua ad essere lo spazio degli uomini e, implicitamente, la casa quello delle donne. Nello spazio pubblico i corpi femminili sono ancora relegati nell’immaginario della domesticità.
La ricerca femminista sulla pianificazione urbana, iniziata negli anni ’60 e ’70, ha iniziato a interrogarsi sulle risposte che la città era disposta ad offrire alle donne. Questo nuovo sguardo produce nuove consapevolezze: l’oggetto dell’indagine, la conduzione della ricerca e l’interpretazione dei risultati sono tutte questioni influenzate dall’esperienza personale e dagli eventi della vita. L’esclusione delle donne nella pianificazione degli spazi urbani è la riproposizione di una struttura su cui la società si fonda e che porta in sé l’esclusione delle donne dallo spazio pubblico. In tal senso, Jacobs (1961) criticava la pianificazione urbana tradizionale proponendo invece il rispetto per la vitalità e la diversità delle città esistenti, offrendo un approccio etnografico: un’osservazione diretta della vita sociale ed economica che si svolge in città, tra i negozi, le strade, sui marciapiedi, nei parchi.
L’osservazione della vita quotidiana delle persone, la comprensione delle loro abitudini e dei loro bisogni è uno strumento fondamentale per progettare città basate sulla cura reciproca.
Pianificazione urbana, lavoro di cura e “trip-chaining”
Le rappresentazioni di genere implicano un uso differente della città da parte di uomini e donne. A causa delle loro responsabilità di cura, molte donne si limitano a un lavoro vicino a casa e con orari flessibili: la pianificazione dei servizi di trasporto pubblico tende a privilegiare le modalità connesse al lavoro fuori casa. Mentre il modello maschile di spostamenti è quello tipico del pendolarismo casa-lavoro, le donne si spostano più frequentemente “a tappe”, e questa modalità “trip-chaining” (a tappe concatenate) – comporta di solito almeno una tratta a piedi. Quindi, ad esempio, non considerare rilevanti tutte le tratte pedonali brevi quando parliamo di politiche infrastrutturali equivale a non considerare rilevanti le donne e altre categorie minoritarie ai fini di quelle politiche.
Se ancora non fosse sufficiente, consideriamo che gli uomini spesso viaggiano maggiormente da soli e “scarichi”, senza passeggini o buste della spesa, e non normalmente svolgono funzioni di caregiver di anziani o familiari con disabilità. Non stupisce che siano proprio le donne a manifestare un maggior grado di insoddisfazione sulla manutenzione di strade e marciapiedi.
Si può considerare che privilegiare le auto a scapito dei pedoni rappresenti una scelta strategica piuttosto che una necessità assoluta. E non è un caso che in alcune città esemplari, come Vienna, gli spostamenti avvengano – in generale – principalmente a piedi. È un segnale del fatto che le autorità politiche prendono seriamente in considerazione le politiche di genere.
I principi fondamentali per una città femminista
Durante gli anni ’80-’90 emerge il concetto di “gender mainstreaming” – o “adozione di una prospettiva di genere” – con il quale si deve intendere “la riorganizzazione, il miglioramento, lo sviluppo e la valutazione dei processi di politica pubblica affinché una prospettiva di genere venga incorporata in tutte le politiche a ogni livello e fase da parte di tutti quegli attori che solitamente partecipano al processo di policy making” (Verloo 2001).
L’adozione del gender mainstreaming nella pianificazione urbana mira a superare alcune barriere attraverso cinque principi fondamentali:
- Vitalità: promuove la socializzazione e garantisce il diritto alla città, inteso come diritto collettivo a uno spazio non segregante e adeguato. La vita pubblica, con la sua rete di contatti umani, aumenta la sicurezza e rende le città più vivibili per tutti/e.
- Prossimità: favorisce la disponibilità dei servizi vicini e accessibili a piedi o con mezzi pubblici, come nel concetto di “città dei 15 minuti”.
- Diversità: include una mixité funzionale, sociale e tipologica che permette, in questa prossimità, di trovare differenti servizi, negozi, mezzi pubblici, e che tutto questo sia disponibile a prescindere dalle condizioni specifiche, che si tratti dell’età, della provenienza, delle proprie abilità fisiche.
- Autonomia: punta sull’accessibilità universale, sia in termini fisici che economici. L’autonomia nello spazio pubblico si traduce in una maggiore sicurezza e libertà di movimento per tutti e tutte. Quando si parla di accessibilità universale dei servizi che la città offre, ci riferiamo sia dal punto di vista dell’abbattimento delle barriere architettoniche, sia in senso più ampio, dal punto di vista dell’accessibilità economica.
- Rappresentanza: è la caratteristica che permette la partecipazione nelle decisioni urbane, ma è anche legata al riconoscimento della memoria e del valore delle donne e delle minoranze di genere. Il coinvolgimento di queste ultime nelle decisioni sulla città è essenziale nell’ottica di un’idea di città equa e condivisa. In Italia e nel mondo la disparità di genere è rappresentata anche dalle irrisorie percentuali di strade e monumenti dedicati alle donne.
Implicazioni e prospettive
Integrare il gender mainstreaming nella pianificazione urbana porta miglioramenti significativi, come l’accesso equo ai servizi e una maggiore partecipazione ai processi decisionali. Uno dei principali ostacoli di questo approccio è che richiede tempi lunghi per produrre effetti tangibili sul processo di elaborazione delle politiche.
A livello internazionale esistono città che rappresentano casi benchmark poiché hanno attuato politiche innovative considerate come “buone pratiche”, come Vienna, Barcellona e Umeå. Queste città dimostrano che il gender mainstreaming, se integrato strategicamente, può produrre risultati concreti nella riduzione delle disuguaglianze di genere in ambito urbano.
Oggi in Italia il gender mainstreaming si sviluppa su due livelli distinti: quello nazionale e quello locale. Questa dicotomia genera alcune criticità, tra cui una carenza cronica di risorse e uno scarso coordinamento tra i diversi livelli di governance. Manca, dunque, un sistema nazionale centralizzato e organico per introdurre la prospettiva di genere in tutte le politiche pubbliche, il che crea una frammentazione nell’applicazione pratica del principio. Tuttavia, a livello locale, alcune città italiane hanno sviluppato progetti innovativi di gender mainstreaming nelle politiche urbanistiche e nei servizi, spesso superando l’inerzia del livello nazionale. Questi progetti rappresentano un passo importante verso una maggiore equità e inclusività, ma evidenziano anche la necessità di un quadro più strutturato che garantisca omogeneità e continuità nell’applicazione delle politiche di genere.
Bibliografia
- Andreola F. e Muzzonigro A. (2024), Libere, non coraggiose. Le donne e la paura nello spazio pubblico, Siracusa, LetteraVentidue.
- Beebeejaun Y. (2017), Gender, Urban Space, and the Right to everyday life, in “Journal of Urban Affairs”, n. 39 (3), pp. 323-334.
- Col·lectiu Punt 6 (2019), Urbanismo feminista. Por una transformaciòn radical de los espacios de vida, Virus.
- Criado-Perez C. (2020), Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano, Torino, Einaudi.
- Jacobs J. (1969), Vita e morte delle grandi città. Saggio sulle metropoli americane, Torino, Einaudi.
- Kern L. (2022), Città femminista. La lotta per lo spazio in un mondo disegnato da uomini, Bari, Laterza.
- Lefebvre H. (2014), Il diritto alla città, Verona, OmbreCorte.
- Seager J. (2020), L’Atlante delle donne, Torino, Add editore.
- Valentine G. (1989), The geography of women’s fear, in “Area”, n. 21 (4), pp. 385-390.