La necessità di promuovere sviluppo economico e coesione sociale, così come auspicato e promosso in prima battuta dalle istituzioni europee, ha condotto allo sviluppo di iniziative locali che, in alcuni casi virtuosi di amministrazioni lungimiranti, hanno portato allo sviluppo di veri e propri piani per l’economia sociale. All’interno del contesto italiano, un caso senza dubbio interessante, nonché un esempio di best practice per altre realtà territoriali, è rappresentato dalla Città metropolitana di Bologna, comprendente cinquantacinque Comuni oltre al Comune capoluogo.
Da un preziosissimo dialogo con Daniela Freddi, Responsabile del Piano per l’economia sociale presso la Città metropolitana di Bologna, abbiamo potuto riscostruire le tappe che hanno reso possibile l’elaborazione di tale piano e la sua imminente approvazione, che dovrebbe auspicabilmente realizzarsi nelle prossime settimane.
Impostazione del Piano per l’economia sociale e attori coinvolti
All’interno del territorio della Città metropolitana di Bologna, grazie al confronto costruttivo tra organizzazioni della rappresentanza dell’economia sociale, realtà locali e imprese for profit, si è giunti, nel giro di due anni, all’elaborazione di un Piano volto all’implementazione di soluzioni pratiche ma anche, e soprattutto, alla delineazione dello stesso piano nel senso di una politica territoriale. Dunque, la connotazione del Piano costituisce una vision per il futuro stesso della Città metropolitana. Come risultato, il Piano per l’economia sociale non si riduce ad essere circoscritto al perimetro delle organizzazioni dell’economia sociale, ma è ispirato da una prospettiva di sviluppo che possa direzionare le politiche territoriali in maniera coerente rispetto ai progetti già esistenti e che sia inclusiva con riferimento agli individui e al territorio.
Un aspetto interessante riguarda la stessa elaborazione del Piano che, sin dal suo concepimento, non ha potuto prescindere da una tradizione di policy consolidata nel territorio bolognese, ovvero quella di una spiccata concertazione con le organizzazioni di rappresentanza nella predisposizione delle politiche territoriali.
Tra gli attori chiave, in primis, sono state coinvolte le organizzazioni di rappresentanza del mondo della cooperazione e del Terzo Settore, per poi giungere alle fondazioni e al Centro servizi di volontariato. Inoltre, il confronto che ha portato all’elaborazione del Piano ha riguardato anche le organizzazioni di rappresentanza del mondo dell’impresa, nonché singole imprese, proprio nell’intento di creare sinergia con il mondo for profit per una politica territoriale che esalti l’economia sociale come prospettiva di sviluppo del territorio e non in termini ristretti, limitandosi solo a quelle organizzazioni che ne fanno parte.
Questo confronto con le organizzazioni di rappresentanza, attori strategici nelle politiche territoriali, è testimoniato dal percorso che ha condotto alla redazione di un Protocollo sull’economia sociale e l’amministrazione condivisa tra sindacati confederali, Città metropolitana e Comune di Bologna, al fine di garantire i livelli di tutela previsti dalla contrattazione collettiva ai lavoratori delle organizzazioni dell’economia sociale.
Tale approccio di concertazione trasversale si è tradotto nello stesso modello di governance del Piano, avente come nocciolo il comitato direttivo pubblico-privato e, a cerchi concentrici, inclusivo di tutti gli attori coinvolti nelle dinamiche di confronto, con l’obiettivo di creare sinergie tra i diversi livelli e, allo stesso tempo, evitare duplicazioni rispetto ai ruoli, alle azioni e alle operazioni da portare avanti.
I contenuti del Piano per l’economia sociale
Come sottolineatoci da Daniela Freddi, il percorso che ha portato all’elaborazione del Piano ha avuto come punto di riferimento imprescindibile, come faro e guida, il Piano per l’economia sociale approvato dalla Commissione Europea nel 20211, all’interno del quale si è operato il tentativo di definire cosa sia l’economia sociale e quali soggetti ne facciano parte. A questo, è poi seguita la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea2, nella quale si chiede agli Stati membri di implementare il concetto di economia sociale, declinandolo in base alle peculiarità dei territori e, nel caso italiano qui di interesse, delle Regioni (per approfondire si veda anche questo articolo sul tema, ndr).
L’impostazione di respiro europeo del Piano della Città metropolitana di Bologna si è ulteriormente nutrita degli spunti offerti da altre realtà europee, in particolare alcune aree e città della Spagna, dove le politiche a sostegno dell’economia sociale si presentano come realtà ben più consolidate rispetto agli sparuti tentativi sul territorio italiano.
In termini concreti, il Piano si focalizza su alcune sfide rilevanti a livello di territorio, che si possono riassumere in quattro macroaree strategiche legate all’abitare, al lavoro di qualità, al welfare di prossimità e al turismo sostenibile. A partire dall’individuazione di queste aree, il Piano si concentra poi su una serie di azioni a sostegno delle organizzazioni dell’economia sociale in un’ottica sistemica. Con riferimento alle azioni e alle misure da adottare, una delle linee d’azione ha l’obiettivo di facilitare e migliorare le relazioni tra pubblica amministrazione e organizzazioni dell’economia sociale, lavorando sulle partnership pubblico-privato e sugli appalti ad impatto sociale. Ancora, si propongono misure volte a favorire la digitalizzazione, con il fine di produrre innovazione sociale.
Prossimi passi del “percorso” verso l’economia sociale
Sebbene la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 2023 richieda agli Stati membri di adottare Piani nazionali per l’economia sociale entro il 2025, l’Italia presenta ancora una fotografia a macchia di leopardo, con alcuni territori che stanno operando tentativi individuali di elaborare piani territoriali, sullo sfondo di una situazione complessiva di stallo rispetto al tema dell’economia sociale.
Con notevole lungimiranza, tuttavia, la Città metropolitana di Bologna, come confermato da Daniela Freddi, ha insistito per l’attivazione di una delega all’economia sociale assegnata all’Assessore che già si occupa di sviluppo economico all’interno della Giunta regionale, nella convinzione che sia necessario un investimento politico a livello regionale su questi temi. Tale scelta connota ulteriormente la portata innovativa dell’iniziativa bolognese, caratterizzata da un forte posizionamento sul settore dello sviluppo economico, che intende interagire con i servizi di welfare, ma andare anche oltre mettendo in relazione sviluppo sociale e crescita economica.
L’iniziativa bolognese si propone, dunque, come una nuova prospettiva di sviluppo nel contesto italiano che, pur conferendo centralità alle organizzazioni dell’economia sociale, non limita la sua portata innovativa a queste realtà, ma anzi le rende elementi propulsori dell’espansione dell’impianto di sviluppo economico a livello locale. La sfida è quella di operare un mutamento a livello sistemico, lavorando sull’integrazione con un approccio a missioni, che tenga come detto insieme le sfere dell’housing, del lavoro di qualità, del welfare di prossimità e del turismo sostenibile. Auspicando in tal senso che l’investimento politico a livello regionale sappia sostenere la lungimiranza di un piano decennale di sviluppo non solo economico ma anche sociale, che fa della trasversalità fonte di dinamismo e ricchezza per il territorio.
Note
- Si veda: COM(2021)778 – Communication from The Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee, and the Committee of the Regions. Building an economy that works for people: an action plan for the social economy. Scopri di più.
- C/2023/1344 – Council Recommendation of 27 November 2023 on developing social economy framework conditions.