La chiamano «restanza». È il coraggio di chi resta, di chi sceglie di non abbandonare il proprio paese o la propria comunità, anche se lontani dai servizi essenziali e nonostante ci sia poco lavoro. È un sentimento molto più diffuso di quanto si creda, soprattutto fra i giovani. A dirlo è la ricerca «Giovani dentro» di Riabitare l’Italia, un gruppo volontario di esperti e attori economici e sociali che hanno deciso di aiutare le persone che vivono nelle aree interne italiane a rimanervi.
La ricerca, durata un anno, si è svolta sia su base campionaria, realizzata da Swg che con approfondimenti qualitativi e focus group. Da lì emerge che quasi due giovani su tre che vivono nelle aree aree interne pensano di rimanere a viverci, anche se si trovano molto distanti dai centri urbani. Più della metà vuole costruirsi il proprio futuro dove è nato. Insomma, la retorica per “tutti vogliono andarsene” non è del tutto vera.
Da soli però, come spiega Giulio Sensi su Corriere Buone Notizie, i giovani non possono farcela. Per restare servono sia il Pubblico che i privati. Da un alto bisogna sviluppare la relazione fra città e aree interne, attraverso una “cucitura metromontana” e politiche di area vasta, e agire sul lavoro: accompagnando l’imprenditorialità giovanile con finanziamenti a fondo perduto, scouting, assistenza gratuita ai piani di impresa, formazione specialistica e professionale d’eccellenza per i mestieri. Dall’altro occorre soprattutto una mossa del mondo finanziario, che dovrebbe fare di più per aiutare i giovani con politiche di credito efficaci.