Dai primi anni 2000, l’innovazione sociale è diventata sempre più rilevante nei dibattiti politici e di ricerca sulle trasformazioni dello Stato sociale. Sebbene la maggior parte delle innovazioni sociali nasca dall’iniziativa della cittadinanza, sono emerse anche nuove proposte istituzionali. Ma quali sono le implicazioni dell’innovazione sociale per l’equità e il welfare? Come avviene l’introduzione e il consolidamento delle politiche di innovazione sociale in diversi contesti istituzionali e di regime di welfare? Come possono le politiche rispondere contemporaneamente alla diversificazione dei bisogni e garantire equità e universalismo?
Il libro Social Innovation and Welfare State Retrenchment esamina queste domande, che si sta ponendo anche il team del progetto Paidia per capire come si possano innovare i servizi per la prima infanzia in alcuni Comuni veneti.
Il volume si concentra infatti sull’educazione e cura della prima infanzia (ECEC), un ambito in cui, nella maggioranza dei Paesi occidentali, lo Stato sociale non è riuscito a consolidare una copertura universale, dove l’investimento sociale è considerato cruciale per le pari opportunità e dove l’intersezione tra diverse dimensioni delle disuguaglianze, come quelle educative e di genere, sono centrali. Offrendo un disegno di ricerca originale per studiare il processo di istituzionalizzazione dell’innovazione sociale nell’ECEC in vari contesti in Europa e oltre, il libro fornisce evidenze su come l’interazione tra innovazione sociale e politiche influenzi profondamente l’equità e il benessere dei cittadini nelle società contemporanee.
I nessi tra innovazione sociale e servizi per l’infanzia
Ad oggi, l’adozione dei servizi ECEC varia a livello globale, con alcuni Paesi che vantano un accesso quasi universale e altri che cercano ancora di raggiungere livelli ottimali di iscrizione ai progetti educativi per i minori di 3 anni. Diversi governi hanno incluso l’universalizzazione dell’ECEC nelle loro agende politiche e, attualmente, l’Unione Europea sta discutendo l’introduzione di una soglia del 50% di partecipazione all’educazione per i bambini sotto i 3 anni come uno degli obiettivi per il 2050. Tuttavia, resta aperta la questione su come raggiungere un livello significativo di offerta e utilizzo dei servizi ECEC, anche considerando che le preferenze e i bisogni delle famiglie coinvolte possono essere estremamente diversificati.
Una possibile soluzione per l’ampliamento dell’offerta e la sua diversificazione sono i progetti promossi da cittadini, che si propongono di offrire soluzioni per bisogni che né il mercato né lo stato sono stati in grado di soddisfare. L’innovazione sociale, in questo senso, potrebbe rappresentare una fonte di ispirazione per l’innovazione politica e promuovere la diffusione e diversificazione dei servizi rivolti ai bambini sotto i tre anni, al di là di un modello prevalentemente scolastico. Questa diversificazione mira a rispondere alle necessità e alle preferenze delle famiglie, riconoscendo l’inadeguatezza di un approccio troppo uniformante e rappresenta spesso il frutto di sforzi da parte della società civile, che agisce per colmare le lacune lasciate dall’amministrazione pubblica.
Come risultato del processo combinato di espansione delle politiche pubbliche ECEC e diversificazione tramite iniziative dal basso, i servizi ECEC ora incorporano una vasta gamma di programmi, tra cui asili a tempo pieno, mamme di giorno (tagesmutter), gruppi di gioco, spazi diurni di gioco collettivo gestiti dai genitori, programmi di empowerment per genitori, che spaziano da servizi educativi basati su iniziative scolastiche a cure a domicilio (con una significativa variazione interna in questo gruppo). Questa diversificazione, che non sempre viene garantita dall’amministrazione pubblica, riflette la necessità di offrire ECEC di qualità accessibile e adattata a tutti i bambini e in linea con le preferenze delle famiglie, indipendentemente dal loro background o dalle loro circostanze.
Casi internazionali su cui riflettere
Il volume presenta alcuni casi di introduzione dell’innovazione sociale nei servizi ECEC in diversi modelli di welfare (vd. tabella) e offre la possibilità di studiarne il processo di istituzionalizzazione, ovvero la misura in cui le iniziative promosse dai cittadini sono state integrate nell’offerta pubblica di ECEC.
Modello di Welfare | Alta istituzionalizzazione | Bassa Istituzionalizzatione |
Social-democratico | Oslo, Norvegia | |
Continentale | Seine-Saint-Denis, Francia | |
Mediterraneano | Venezia, Italia | Barcellona, Spagna |
Continentale in transizione verso Liberale | Tokyo, Giappone | Tel Aviv, Israele |
Liberale | Portsmouth, Regno Unito |
In quattro casi (Oslo, Seine-Saint-Denis, Venezia e Tokyo), l’analisi dimostra come l’istituzionalizzazione dell’innovazione sociale possa favorire o ostacolare servizi pubblici meglio integrati, in grado di rispondere alla diversità dei bisogni delle famiglie. Negli altri tre casi (Portsmouth, Barcellona e Tel Aviv), l’innovazione sociale colma un vuoto lasciato dal mercato e dallo stato, dimostrando la sua capacità di rispondere alle esigenze delle famiglie nel contesto di una limitata offerta pubblica di servizi.
Il libro analizza le differenze negli approcci all’offerta ECEC e sottolinea l’importanza di strategie specifiche per ogni contesto per raggiungere risultati ottimali per i bambini piccoli e le famiglie. Discute come e in che misura le autorità pubbliche formulano politiche ECEC innovative, imparando dalle diverse esperienze di innovazione sociale per rispondere meglio ai bisogni di cura dei bambini. Infine, analizza i rischi dell’innovazione sociale e le sfide per le politiche ECEC e le dinamiche di istituzionalizzazione nel contesto del ridimensionamento dello stato sociale, discutendo le implicazioni in termini di capacità delle iniziative sociali di affrontare le disuguaglianze sociali.
L’esperienza di Venezia
Il libro ospita anche un caso italiano, curato da un gruppo di ricerca dell’Università Ca Foscari che ha ricostruito e riflettuto sul caso di Venezia. Il capitolo 10, intitolato “Early Childhood Education and Care and Social Innovation in Venice, Italy: The Role of Regulation and Resources” analizza l’innovazione sociale nei servizi di educazione e cura della prima infanzia (ECEC) esaminando come la storia dei servizi, la regolamentazione locale e regionale e le risorse pubbliche disponibili abbiano influenzato le esperienze di innovazione sociale e ne abbiano limitato l’istituzionalizzazione e l’espansione.
Il capitolo inizia descrivendo il contesto italiano, dove l’educazione obbligatoria è fornita ai bambini dai 6 ai 16 anni, mentre i servizi ECEC per i bambini sotto i tre anni non sono mai diventati un diritto sociale pienamente riconosciuto. Il modello di welfare italiano, caratterizzato da frammentazione e familismo, ha esposto i servizi ECEC a problemi di accessibilità e qualità, con un ruolo limitato delle agenzie pubbliche e una forte presenza di attori privati.
Gli autori discutono come l’innovazione sociale sia emersa come risposta alle sfide del Welfare State italiano, con un focus particolare su Venezia. La città ha storicamente avuto un alto livello di spesa pubblica per i servizi ECEC, con una predominanza di fornitori pubblici. Tuttavia, negli ultimi decenni, le autorità locali hanno promosso partenariati pubblico-privati e flessibilizzazione dei servizi per contenere i costi e rispondere alla crescente domanda.
Il capitolo presenta due studi di caso di innovazione nei servizi ECEC a Venezia: Minikinder e Cocare. I minikinderrappresentano un modello di assistenza domiciliare dove un educatore autonomo si prende cura di un massimo di sei bambini sotto i tre anni nella propria casa. Questo modello offre un ambiente familiare e personalizzato, ma ha incontrato limiti nella crescita per la concorrenza con i servizi pubblici tradizionali e le tariffe più elevate rispetto ad altre proposte. Il Cocare è un hub innovativo che integra uno spazio di coworking per genitori e servizi di cura per bambini sotto i tre anni. Nonostante l’iniziale successo, Cocare ha affrontato difficoltà nel mantenere la domanda e nell’integrare efficacemente i servizi di cura e lavoro.
Il capitolo conclude che l’innovazione sociale nei servizi ECEC a Venezia è stata influenzata dal contesto istituzionale e dalle risorse disponibili. Sebbene le iniziative abbiano cercato di rispondere alle nuove esigenze sociali, la mancanza di finanziamenti pubblici adeguati e le rigide regolamentazioni hanno limitato la loro diffusione e istituzionalizzazione. Le innovazioni hanno mostrato un compromesso tra qualità, costi e scala, evidenziando la necessità di un maggiore supporto pubblico per superare le disuguaglianze sociali.
Come fare innovazione sociale e garantire l’equità
Nel loro complesso, i diversi capitoli del volume mostrano che la frammentazione dei sistemi di ECEC e la loro mancanza di universalità comportano significative disuguaglianze di accesso nella maggior parte dei casi osservati. In un contesto di crescente complessità sociale, l’universalizzazione dei servizi ECEC richiederà probabilmente la diversificazione dell’offerta per affrontare le crescenti e diversificate esigenze delle famiglie. In questo senso, l’analisi mostra che l’impatto delle diverse strategie di istituzionalizzazione dell’innovazione sociale nell’ECEC tende a dipendere dal tipo di regime di welfare in cui sono incorporate. La regolamentazione pubblica e i finanziamenti sono strumenti necessari per garantire un accesso equo e un’alta qualità in tutta questa diversità.
Sebbene l’innovazione sociale abbia contribuito in alcuni casi ad aumentare una copertura limitata, portando numerosi benefici e rispondendo a una vasta gamma di problemi, comporta anche sfide e rischi intrinseci a seconda di come viene regolamentata. Se i programmi di innovazione sociale non garantiscono un accesso equo ai propri servizi, questi rischi possono manifestarsi sotto forma di esclusione di determinati gruppi. Ciò potrebbe portare a polarizzazione sociale, frammentazione o addirittura a un calo della qualità dei servizi forniti, aumentando così le disuguaglianze socio-educative che si formano già nei primi anni di vita dei bambini.