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Come annunciato nei mesi scorsi, la Legge di bilancio 2020 prevede alcune misure per la qualità dell’abitare. Come indicato ai commi 437-443, al fine di concorrere alla riduzione del disagio abitativo con particolare riferimento alle periferie e di favorire lo scambio tra le varie realtà regionali, è promosso il Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare. Come si può leggere dal testo della Manovra, tale Programma è finalizzato a riqualificare e incrementare il patrimonio destinato all’edilizia residenziale sociale, a rigenerare il tessuto socio-economico, a incrementare l’accessibilità, la sicurezza dei luoghi e la rifunzionalizzazione di spazi e immobili pubblici, nonché a migliorare la coesione sociale e la qualità della vita dei cittadini, in un’ottica di sostenibilità e densificazione, senza consumo di nuovo suolo e secondo i princìpi e gli indirizzi adottati dall’Unione europea, secondo il modello urbano della città intelligente, inclusiva e sostenibile.

Entro i prossimi 60 giorni il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti indicherà, in una apposita normativa, tutti i dettagli della misura e in particolare:

  • i termini, i contenuti e le modalità di presentazione delle proposte, corredate dal relativo cronoprogramma di attuazione che le regioni, le città metropolitane, i comuni capoluoghi di provincia, la città di Aosta e i comuni con più di 60.000 abitanti potranno presentare, ferma restando, per gli interventi di edilizia residenziale sociale, la coerenza con la programmazione regionale;
  • l’entità massima del contributo riconoscibile, assicurando il finanziamento di almeno una proposta per ciascuna regione di appartenenza del soggetto proponente;
  • i criteri per la valutazione delle proposte da parte dell’Alta Commissione, privilegiando in particolare: l’entità degli interventi riguardanti gli immobili di edilizia residenziale pubblica, il recupero e la valorizzazione dei beni culturali, l’azzeramento del consumo di nuovo suolo mediante interventi di recupero, riqualificazione e densificazione funzionale di aree già urbanizzate ovvero, qualora non edificate, comprese in tessuti urbanistici fortemente consolidati, l’attivazione di finanziamenti sia pubblici che privati, il coinvolgimento di operatori privati, anche del Terzo settore, le misure e i modelli innovativi di gestione, inclusione sociale e welfare urbano.

Per l’attuazione del Programma è istituito nello stato di previsione del Ministero delle Infrastrutture un fondo denominato « Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare», con una dotazione complessiva in termini di competenza e cassa pari a 853,81 milioni di euro, così distribuiti su un arco di tempo di 13 anni (dal 2020 al 2033):

  • 12,18 milioni di euro per l’anno 2020
  • 27,25 milioni di euro per l’anno 2021
  • 74,07 milioni di euro per l’anno 2022
  • 93,87 milioni di euro per l’anno 2023
  • 94,42 milioni di euro per l’anno 2024
  • 95,04 milioni di euro per l’anno 2025
  • 93,29 milioni di euro per l’anno 2024
  • 47,15 milioni di euro per l’anno 2027
  • 48,36 milioni di euro per l’anno 2028
  • 53,04 milioni di euro per l’anno 2029
  • 54,60 milioni di euro per l’anno 2030
  • 54,64 milioni di euro per ciascuno degli anni 2031 e 2032
  • 51,28 milioni di euro per l’anno 2033

La misura, così concepita è stata criticata principalmente per due ragioni. La prima è quella dell’esiguità delle risorse stanziate, ritenute insufficienti per dare davvero una svolta a un settore che è da sempre tra i più “dimenticati” in Italia, dove solo il 4% della popolazione ha accesso ad un alloggio con affitto calmierato, mentre il tasso di deprivazione abitativa si mantiene sull’11% a fronte di una media UE del 5,6%.

La seconda è quella della ripartizione delle risorse su più anni, 13 appunto. Un periodo troppo lungo per affrontare l’emergenza abitativa, uno dei principali obiettivi della misura, e che rende le risorse troppo “precarie”, poiché dovranno essere confermate ogni anno. Infine, ciò renderà molto complesso il lavoro degli enti che vorranno presentare proposte. A tal riguardo, come spiega Raffaele Lungarella su lavoce.info: È previsto che le richieste di finanziamento presentate dagli enti pubblici debbano contenere anche un cronoprogramma di attuazione degli interventi. È probabile che la tempestività sarà considerata positivamente nella formulazione della graduatoria per l’assegnazione dei fondi. Il rispetto delle tabelle di marcia previste per l’esecuzione di opere e lavori è, però, esposto al rischio di ottenere l’erogazione dei finanziamenti dopo cinque o dieci anni dalla loro approvazione oppure con il contagocce in una sequela di anni. La distribuzione nel tempo delle iscrizioni a bilancio delle risorse pubbliche renderà difficoltoso per gli enti pubblici coinvolgere i privati nella realizzazione programma, che è uno degli elementi che saranno presi in esame nella valutazione dei singoli progetti”.