3 ' di lettura
Salva pagina in PDF

Più anziani, più longevi ma anche più soli. È questo, in una battuta, lo scenario che pare prospettarsi per le generazioni attuali e future di anziani. Nel tentativo quindi non solo di supportare le persone nell’invecchiare, ma “nell’invecchiare bene”, Governi, imprese private, Terzo Settore e comunità locali stanno avanzando nuove proposte e soluzioni1.

Tra queste c’è il senior housing, che comprende progetti di varia tipologia – dalla coabitazione al cohousing – specificatamente rivolti agli anziani e che prevedono, oltre alla proposta abitativa, servizi socio-sanitari e di accompagnamento all’abitare. Una soluzione che permette alle persone di ricevere un’assistenza leggera, di vivere insieme agli altri ma conservando la propria indipendenza. Si tratta di un’idea nata oltre confine ormai decenni fa, più di recente si è diffusa anche nel nostro Paese.

Il senior housing è al centro del rapporto Abitare e anziani (fragili): evidenze e spunti per coprogettare nuove forme di housing, di Chiara Lodi Rizzini, Manuela Verdino e Franca Maino, realizzato dal nostro laboratorio e dalla Fondazione Filippo Turati Onlus, presentato a Pistoia il 17 aprile scorso.

Una modello che in Italia non riesce ad affermarsi

Dal documento emerge come, nonostante i benefici che questa soluzione presenta, la sua sperimentazione in Italia non è sempre stata facile, anzi, non sono pochi i casi di fallimento che, nati per gli anziani, sono stati poi convertiti in altri tipi di residenze, ad esempio per studenti, o in alloggi turistici.

Le ragioni sono molteplici e hanno a che fare anzitutto con fattori culturali. Si dice che gli anziani di oggi siano una generazione più orientata al possesso, mentre le nuove generazioni sono più orientate alla fruizione. In altre parole, gli anziani di oggi sono culturalmente poco avvezzi alla condivisione di spazi e servizi, alle forme di abitare collaborativo, essendo abituati alla fruizione esclusiva del proprio spazio abitativo e annessi – ricordiamo che siamo un Paese in cui il 70,8% delle famiglie abita in un’abitazione di proprietà, percentuale che sale all’84,1% se la persona di riferimento è over 652.

Inoltre, la casa è luogo di affetti, identità, memoria, e per un anziano è una grande fatica abbandonarla. Ci sono infine anche ragioni pratiche, in primis i costi. Spesso gli alloggi per anziani hanno rette alte che li rendono poco accessibili per buona parte dei possibili beneficiari, o almeno poco convenienti, soprattutto per coloro che hanno un’abitazione propria – a quel costo mi pago un assistente e me ne resto a casa mia! risponderebbero molti di loro.

Come supportare, allora, il senior housing?

Il rapporto propone alcune soluzioni. Anzitutto promuovendo il cambiamento culturale, da un lato rendendo gli anziani – attuali e futuri – più consapevoli dello scenario che ci attende e delle opportunità che queste soluzioni offrono; dall’altro comunicando attraverso linguaggi e canali opportuni che queste soluzioni abitative non sono “l’anticamera delle RSA”, ma possono essere luoghi di benessere e relazione. Magari progettando questi spazi insieme a loro e alle comunità locali.

Inoltre, è necessario comprendere che non è sufficiente condividere beni e spazi perché si creino legami. Chi promuove progetti di questo tipo deve mettere in conto di investire risorse nella facilitazione e nell’accompagnamento della comunità di abitanti. Non basta fare uno spazio comune, ma occorre progettare insieme, definire di cosa e come riempirlo, con quali servizi e attività, in base a attitudini e aspirazioni degli abitanti. Serve un presidio costante dei luoghi e delle relazioni. Diversamente si otterranno spazi aggregativi ma vuoti, persone fisicamente vicine ma prive di relazioni.

Infine, occorre predisporre meccanismi per includere tutti, persone e territori. Se il senior housing può farci invecchiare meglio, non deve divenire una soluzione elitaria, ma si devono ricercare canali perchè sia accessibile a tutti. Inoltre, è necessario pensare a strategie per promuoverli anche nei territori periferici e al Sud, dove sono pressochè assenti. Per raggiungere questi obiettivi, un soggetto come una fondazione, promotrice della presente ricerca, potrebbe certamente svolgere un ruolo propulsore, potendo contare su competenze interne, risorse e capacità aggregative verso i soggetti del territorio, il cui coinvolgimento è fondamentale per la buona riuscita dei progetti.

 

Scarica il Rapporto

 

 

Note

  1. Di cui ci stiamo occupando a vario titolo anche con il Focus Long Term Care.
  2. Istat, Gruppo di lavoro sulle politiche per la casa e l’emergenza abitativa, Audizione Dott.ssa Cristina Freguja, Direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare, al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 6 settembre 2022
Foto di copertina: Val Vesa, Unsplash.com