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Da aprile del 2013, il Comune di Novara è impegnato nella costruzione di una sede permanente per la cooperazione pubblico-privato in materia di assistenza agli anziani. Il progetto, frutto del Programma di Cooperazione Trasfrontaliera Italia-Svizzera, si chiama ‘Casa Comune’  e nei prossimi mesi entrerà in una fase cruciale. I protagonisti del welfare già attivi sui territori saranno infatti impegnati nella definizione di un modello di governance per la gestione degli interventi. Concretamente, diversi tavoli tecnici, ai quali parteciperanno istituzioni pubbliche e privato sociale, saranno realizzati a partire dal prossimo novembre. L’obiettivo è quello di definire una nuova modalità di lavoro in grado di mettere in rete i diversi soggetti che intervengono nell’assistenza domiciliare all’anziano.

Quali saranno i risultati di lungo periodo che il progetto ‘Casa Comune’ riuscirà a raggiungere alla data di chiusura (fine del 2015) è troppo presto per dirlo. Tuttavia, l’ambizione progettuale e le numerose attività fino ad ora intraprese rendono il progetto già meritevole di attenzione. Vediamo quindi quali sono le sue principali caratteristiche.


I partner

Sul fronte italiano il capofila del progetto è il comune di Novara che lavora in partnership con le società cooperative ‘Nuova Assistenza’ e ‘Filos’. Tutti e tre questi attori operano da tempo, con competenze diverse, su obiettivi comuni nel campo dell’assistenza agli anziani. Sul fronte svizzero il capofila del progetto è invece l’associazione ‘Opera Prima’ che si occupa in particolare delle tematiche legate all’inserimento lavorativo di cittadini stranieri nel settore della cura e dell’assistenza.


Il progetto: caratteristiche e obiettivi

‘Casa Comune’ beneficia di un finanziamento complessivo di 307.000 euro erogato nel quadro del Programma di Cooperazione Trasfrontaliera Italia-Svizzera 2007-2013. Il suo obiettivo generale è quello di realizzare una rete di servizi agli anziani incentrata sulla domiciliarità. In altre parole, l’idea è quella di creare le condizioni grazie alle quali gli anziani possano rimanere nel proprio domicilio anche in presenza di deficit funzionali. A questo obiettivo generale si connettono poi cinque obiettivi specifici che riguardano:

1. Il rafforzamento e la messa in rete delle conoscenze disponibili (es. bisogni degli anziani)
2. L’individuazione delle buone pratiche attraverso un’attività di benchmarking
3. La progettazione e la sperimentazione (in Italia e in Svizzera) di uno specifico modello di intervento
4. La diffusione della “cultura della domiciliarità”
5. L’istituzione di un organismo permanente di coordinamento dei servizi offerti nel territorio.

Per quanto riguarda le specifiche attività intraprese, “Casa Comune” è strutturato attorno a tre azioni principali.

La prima (oramai conclusa) riguarda l’analisi comparata e la costruzione di repertori. Questa azione si è concretizzata, in primo luogo, in un’attività di ricerca realizzata sia sul fronte italiano sia su quello svizzero. Questa attività di ricerca ha riguardato in particolare la mappatura dei bisogni della popolazione anziana e l’offerta di servizi (pubblici e privati) presente nel territorio. Nel quadro di questa azione sono poi state realizzate attività di scambio e benchmarking attraverso l’istituzione di tre tavoli di confronto rispettivamente su: 1) modelli di governance e reti per l’assistenza e la cura degli anziani fragili; 2) modelli di formazione delle competenze e di gestione delle risorse umane per il personale; 3) modelli di valorizzazione dell’integrazione interculturale. Queste due attività hanno costituito la base per la costruzione di un “repertorio di buone prassi”.

La seconda azione (che partirà nel prossimo mese di novembre) riguarda invece il disegno e la sperimentazione degli interventi ed è costituita da quattro differenti step.

Il primo step riguarda la definizione del modello di intervento che: 1) deve essere progettato sulla base del nesso fra bisogni e risorse presenti nel territorio; 2) deve essere ispirato ai principi di ‘personalizzazione’, ‘integrazione dei servizi’ e ‘cultura della diversità’; 3) deve focalizzarsi sulla costituzione di un organismo di coordinamento cui saranno indirizzate tutte le richieste di intervento.

Il secondo step è invece centrato sulla formazione degli attori e risponde all’obiettivo di diffondere, fra tutte le figure coinvolte nell’offerta di servizi agli anziani, i principi del modello. Questo obiettivo è perseguito attraverso l’erogazione (sia in Italia sia in Svizzera) di nove percorsi di formazione sperimentali rivolti a operatori professionali, assistenti familiari, rete parentale e volontari.

Il terzo step riguarda invece la formazione all’interculturalità e mira a facilitare le relazioni transculturali nei servizi di cura. In questo caso, l’attività si sostanzia nell’erogazione di cinque percorsi formativi (sia in Italia sia in Svizzera) della durata di sedici ore e destinati ai coordinatori dei servizi, agli operatori professionali, agli assistenti familiari e ai volontari.

Il quarto step riguarda la sperimentazione del modello. Qui dovranno convergere tutte le attività di analisi, ricerca ed elaborazione realizzate nella fase precedente. La sperimentazione, secondo quanto previsto, sarà transfrontaliera, riguarderà ambiti territoriali ristretti e coinvolgerà, su base volontaria e per un periodo di sei mesi, trenta anziani.

Infine la terza attività riguarda il trasferimento ovvero la diffusione dei risultati sia fra le organizzazioni che fanno parte della partnership (o che agiscono sullo stesso obiettivo) sia fra i decisori istituzionali. Nell’ambito di questa azione è inoltre prevista la stabilizzazione del sistema di coordinamento nel quale dovranno confluire le richieste di assistenza e dove saranno elaborati i piani di intervento personalizzati.

Riferimenti:

Sito internet del progetto Casa Comune

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