Nati storicamente come centri di raccolta delle istanze politiche e sociali dei cittadini, i quartieri bolognesi, nell’ultimo decennio, hanno progressivamente perso molte funzioni gestionali poichè ricollocate a livello centrale, accentuando i propri poteri consultivi e di rappresentanza e caratterizzandosi come luoghi della partecipazione, atti, pertanto, a promuovere anche con l’ausilio di nuove modalità sociali e tecnologiche, la presenza e il coinvolgimento della cittadinanza e di tutte le realtà del territorio.
Una nuova organizzazione dei quartieri bolognesi per il welfare di prossimità
Come si legge nel Documento Unico di Programmazione 2017-2019, la riforma dei quartieri “si inquadra in un ridisegno complessivo del modello di welfare locale volto a delineare, da un lato, un’organizzazione più snella e razionale dei servizi, e, dall’altro, a dare impulso a nuove forme di democrazia urbana attraverso la promozione della partecipazione e del concorso dei cittadini alla realizzazione dei progetti e al processo della formazione delle decisioni dell’amministrazione. I quartieri diventano i referenti principali del lavoro di comunità e per la cura del territorio, protagonisti della rigenerazione urbanistica e sociale, attraverso la condivisione di progetti per i beni comuni e la promozione dell’immaginazione civica”. Accanto alle competenze e alle deleghe residue, i quartieri concentrano il proprio raggio di azione, politica e amministrativa, principalmente attorno a due macro-ambiti, ossia la cura della comunità e la cura del territorio.
Con riferimento alla cura della comunità si intende, in primo luogo, il rafforzamento delle reti sociali come nuova impostazione per lo sviluppo delle risposte di prossimità alle problematiche delle persone in condizioni di difficoltà, cercando di rilevarne non solo i bisogni espressi ma anche quelli inespressi. Si tratta, dunque, di un’attività tesa sia a far emergere e prevenire le varie forme di fragilità, sia a favorire una presa in carico delle stesse attraverso progetti complementari e non sostitutivi rispetto all’offerta pubblica di servizi alla persona.
I quartieri acquisiscono poi un ruolo rilevante in materia di cura del territorio attraverso la definizione trimestrale delle priorità manutentive e degli investimenti puntuali, declinandole intorno alle esigenze espresse dal territorio, col supporto dei settori competenti ed implementando lo strumento del patto di collaborazione.
Tale scelta ha innovato anche l’organizzazione strutturale dei quartieri che hanno costituito nei primi mesi del 2017 un team multidisciplinare e una Unità Operativa Reti e lavoro di Comunità, cambiando sostanzialmente il proprio organigramma. Il team coordina i processi di ascolto, co-progettazione, e consultazione, ponendosi come riferimento territoriale per lo sviluppo delle azioni afferenti alle diverse progettualità riguardanti i programmi di finanziamento previsti nelle politiche dell’ente. Si è costituito uno "Staff Progetti" che agevola la realizzazione di "progetti trasversali" e che facilita l’integrazione delle varie competenze necessarie al raggiungimento degli obiettivi posti.
Attualmente, i quartieri sperimentano tre filoni di progettualità: il primo fa capo alle diverse aree del “centro” (soprattutto in campo socio-sanitario all’Area Benessere di Comunità) che mantengono la cabina di regia per quanto concerne il coordinamento e l’organizzazione dei progetti, interfacciandosi con i distretti sanitari, i comitati, le federazioni sportive, le scuole e le cooperative sociali. Il secondo – molto contenuto – è su iniziativa diretta e spontanea dei quartieri stessi. Il terzo è previsto con delibera su 4 ambiti individuati dalle linee di mandato e su cui l’attività del quartiere e dei suoi uffici è di tipo valutativo (viene costituita apposita commissione tecnica) e di co-progettazione. Quest’ultimo viene sostenuto con gli stanziamenti del fondo di risparmio della spending review e da eventuali contributi messi a disposizione direttamente dai privati, dalle associazioni e dagli altri corpi intermedi. Per il mandato 2016-2021 i quattro ambiti sono: 1) rivitalizzazione e riqualificazione del quartiere attraverso la promozione della partecipazione dei cittadini, delle Associazioni, delle reti sociali, con azioni tese alla cura del decoro urbano, cura e animazione dei parchi e del verde per migliore accessibilità e fruizione del territorio, attenzione alla fragilità sociale e prevenzione di situazioni di criticità, organizzazione di iniziative e percorsi di attività in cui esprimere propri bisogni; 2) protagonismo di adolescenti e integrazione fra diverse generazioni: contrasto alle dipendenze, valorizzazione dell’espressione artistica, conoscenza del territorio, progettualità di impresa; 3) attenzione verso la salute individuale e collettiva, corretta alimentazione e sani stili di vita, uso responsabile del verde, attività motoria all’aperto, valore socialità come elemento essenziale del benessere; 4) valore dei luoghi e della memoria storica dei luoghi, congiuntamente all’integrazione fra culture e sensibilizzazione all’acquisto consapevole, alla pratica del riuso e del baratto.
Figura 1. Esempio di nuovo organigramma dei quartieri: il Quartiere Navile
Fonte: Determina Dirigenziale Quartiere Navile n. 9568/2017.
Dal punto di vista politico, viene accresciuto il ruolo del Consiglio di Quartiere nella formazione delle scelte relative ai servizi di base e nello svolgimento delle funzioni progettuali ed integrative inerenti la cura del territorio e della comunità, attraverso la creazione di reti di comunità, la promozione della cultura di prossimità, la pratica dell’ascolto e lo stimolo alla partecipazione e collaborazione dei cittadini; particolarmente importante per l’incisività dei quartieri rispetto alla formazione delle scelte, risulta la nuova possibilità per il consiglio di esprimere pareri nella fase “ascendente”, cioè su un testo relativo a "linee di indirizzo e orientamento", approvato dalla Giunta, che precede, anche in termini formali, la decisione su materie strettamente attinenti alla collettività e al territorio.
Strumenti per azioni partecipate di welfare nei quartieri
Uno strumento innovativo di partecipazione è l’introduzione del bilancio partecipativo, regolamentato con atto di Giunta, che consiste nell’organizzazione e nella gestione condivisa annuale della quota assegnata ai quartieri, nel contesto del bilancio di previsione su manutenzione straordinaria, riqualificazione di spazi, opere pubbliche, attrezzature ed arredi. Tale strumento è considerato parte integrante del processo di programmazione strategica ed operativa del Comune. Dal 2018, i quartieri saranno autonomamente responsabili del percorso partecipativo e delle conseguenti scelte: tanto a monte, cioè nel momento della più ampia divulgazione delle informazioni alla cittadinanza, quanto a valle cioè nel momento della scelta dei progetti e degli interventi.
Si vuole seguire un modello culturale che riavvicini la politica e l’amministrazione alla cittadinanza: nella pratica, attraverso un ciclo di incontri realizzati nei laboratori di quartiere, tutti sono invitati ad ideare un progetto su diverse aree e a presentarne formale proposta, messa al voto cittadino.
I laboratori di quartiere sono organizzati sui quartieri e dagli stessi quartieri in coordinamento con l’Ufficio comunale per l’immaginazione civica; sono luoghi dove amministrazione e cittadini si incontrano per mettere in pratica una gestione condivisa delle trasformazioni del territorio, fondata sui principi dell’approccio integrato e della sostenibilità. In tali laboratori, i cittadini possono discutere e valutare piani, programmi e progetti con il duplice obiettivo di migliorare la vivibilità del quartiere e di promuovere l’interazione fra abitanti e attori locali con esperti, progettisti, politici, tecnici dell’amministrazione e altri rappresentanti istituzionali, all’interno degli obiettivi definiti dal Piano Innovazione Urbana di Bologna.In particolare, nei laboratori si articolano le fasi di bilancio partecipativo, la definizione della finalità d’uso di nuovi edifici collaborativi e di comunità, previsti dal PON metro e da altri programmi, le linee di sviluppo su educazione, digitale, sociale, nell’ambito dei finanziamenti PON Metro, indicazioni su altre politiche a partire dal Piano Strategico dello Sport. Dunque, i laboratori sono i contenitori della progettazione civica ad ampio raggio.
Un altro strumento di collaborazione civica e di cogestione di alcune attività promosse dai quartieri è il patto di collaborazione: attualmente, su tutto il comune di Bologna, sono stati sottoscritti più di cento patti di collaborazione con scopi differenti, dagli sportelli di consulenza legale alle aggregazioni spontanee per la piccola manutenzione di beni comuni. Il principio cardine è la realizzazione della sussidiarietà orizzontale, cioè la possibilità per i cittadini, le imprese, il terzo settore di occuparsi di interesse generale attraverso strumenti flessibili e semplici tanto nei contenuti quanto nelle modalità di attuazione.
La promozione della salute nei quartieri è un obiettivo di welfare possibile?
Dato lo scenario descritto, si sviluppa l’intuizione che il quartiere possa essere il protagonista della promozione del benessere dei cittadini sul territorio, in coerenza con le trasformazioni radicali del welfare. Per quanto riguarda, invece, gli interventi di promozione della salute, è ancora il livello centrale a fare la parte del leone per le 4 fasce sociali: bambini, adolescenti, fragili, anziani. Ma affinchè il quartiere divenga autonomo dal punto di vista della programmazione di questo tipo di interventi, è necessario che vengano riallacciati i rapporti sul versante istituzionale ed amministrativo con le Ausl, i poliambulatori, le strutture sanitarie private e le Case della Salute, impostando un piano di lavoro integrato con le scuole, le associazioni ed i corpi intermedi.
Partendo dall’assunto che le politiche socio-sanitarie devono tenere in considerazione la relazione tra durata della vita e status (quello che una persona percepisce di poter fare con ciò che possiede) e durata della vita e controllo (autonomia nelle e delle proprie scelte), diventa fondamentale l’intervento della comunità locale per la comunità locale, il cosiddetto empowerment di comunità, cioè il rafforzamento delle capacità e competenze che possono aumentare il controllo sulla propria salute e migliorarla.
Il riferimento alla dimensione locale del benessere apre la tematica della dimensione soggettiva della sua percezione che fa sì che la ponderazione degli interventi cambi da luogo a luogo. Il processo di empowerment a livello di quartiere potrebbe seguire il seguente flusso:
- analisi dei bisogni e punti di forza della comunità locale: mappatura del territorio, dei servizi e delle strutture aggregative e ricreative;
- condivisione della visione tra decisori e comunità locale;
- individuazione degli interventi e pianificazione da parte degli uffici;
- promozione delle azioni specifiche degli interventi;
- monitoraggio continuo e valutazione congiunta con il livello comunale e restituzione alla comunità locale degli esiti.
I Consigli di Quartiere, in parallelo, potrebbero farsi promotori di iniziative centrate sui determinanti sociali, portare le istanze in Consiglio Comunale ed in Giunta, precostituendo alcune osservazioni e linee di indirizzo ”pesate” sulla comunità di riferimento, in base alle caratteristiche socio-demografiche.
Da questo punto di vista, un’apertura interessante pare trovare origine nel bilancio di genere o rendicontazione sociale, attualmente redatto solo da un quartiere quale sperimentazione aggiuntiva al bilancio partecipativo, finalizzata allo studio ed alla rilevazione di dati utili per comprendere le dinamiche della partecipazione in un’ottica di genere; si tratta di passare da una logica di gender auditing a una di gender budgeting, definendo in sede di programmazione i parametri per valutare le azioni dell’Amministrazione secondo un’ottica di genere.
Si può concludere che il quartiere, coinvolto nella fase di co-programmazione delle attività insieme al Comune, può raggiungere tre obiettivi: rendere i cittadini sempre più consapevoli e coinvolti nei processi; fornire una analisi dei dati e un aggiornamento costante, tramite la convocazione del tavolo di lavoro preposto, al fine di conoscere le opportunità e le criticità riscontrate sul territorio; collaborare con gli Assessori e i tecnici del Comune di Bologna, con lo scopo di trovare insieme possibili soluzioni concrete da attuare per contrastare le disuguaglianze di genere presenti sul territorio.
Conclusioni: il quartiere da luogo di primo welfare a luogo di secondo welfare
Nonostante la natura giuridico-amministrativa dei quartieri come articolazioni territoriali dell’apparato comunale, quindi non dotati di personalità giuridica, né di piena autonomia decisionale né di proprie risorse, essi sono chiamati a svolgere, nel tempo, la funzione di cardine del welfare di prossimità, ponendosi come raccordo e mediatore tra le istanze della cittadinanza e degli organi di governo comunali e, in rari casi, sovracomunali. Il quartiere può dimostrarsi la dimensione adeguata per attuare le politiche di prossimità e per intercettare per primo l’emergere di nuovi fenomeni sociali o l’acuirsi di marginalità. Il quartiere viene identificato come l’ambito territoriale deputato alla sussidiarietà orizzontale, alla partecipazione nei processi decisionali, alla rilevazione dei bisogni con funzione di consultazione, ascolto/dialogo con i cittadini, promozione dell’empowerment di comunità.
E, infatti, il quartiere è anche il luogo individuato per la realizzazione di imprese sociali (Pon Metro 2014-2020), del lavoro di comunità, dell’educativa di strada, delle social street, delle esperienze di co-housing, dei gruppi che curano gli orti e i beni comuni e dei laboratori. Diventa quindi fondamentale che la politica di inclusione a livello di quartiere sia supportata e sia in rapporto sinergico con le politiche urbanistiche comunali di riqualificazione delle zone degradate e periferiche. La maggiore criticità riscontrata finora risiede nella creazione della partecipazione, nel recupero della fiducia dei cittadini, vincendo le diffidenze e i timori nei confronti delle istituzioni. D’altronde questa partecipazione organizzata prende un senso concreto solo se gli stakeholder, in primis i cittadini, si interfacciano con le istituzioni, per accreditarsi come interlocutori votati a valorizzare asset e risorse che il pubblico fatica ad allocare e anche a sbloccare.
Sembra configurarsi la prospettiva per il quartiere di diventare snodo di pianificazione e programmazione degli interventi di welfare, in stretta e forte sinergia con il livello centrale per quanto riguarda interventi di benessere sociale, in particolare declinati verso interventi di promozione della salute, mentre l’operatività si costituisce come prerogativa del solo quartiere. A fronte della frammentazione della città in periferie, emerge il desiderio di ricomposizione esperibile tramite la logica del progetto la cui razionalità non deve più essere a breve termine e il cui perimetro d’azione deve ampliarsi, a maggior ragione con la realizzazione dei confini metropolitani.
A parere di chi scrive, il primo passo è (ri)costruire il senso di identità di ciascun quartiere attraverso la partecipazione attiva dei propri abitanti alle opportunità del territorio; ma per scongiurare il timore che ciascun quartiere diventi una realtà chiusa in se stessa e a sé stante, bisogna compiere il passo successivo di creare relazioni e reti tra tutte le realtà territoriali, tra quelle strutturate tradizionali e quelle di nuova generazione come le “social street” e i gruppi social per i residenti, in un’ottica di progettazione trasversale che reperisca le risorse economiche e morali anche sui territori, realizzando di fatto la modalità di welfare community che riconosce il coinvolgimento attivo della società civile nel processo di programmazione degli interventi e nella gestione e erogazione dei servizi.