I Gruppi di Azione Locale (GAL) sono delle organizzazioni, solitamente di natura consortile, composte da soggetti pubblici e privati che si propongono di favorire lo sviluppo e contrastare lo spopolamento di aree rurali e montane attraverso progettualità e interventi finanziati dalle risorse dei Fondi strutturali europei. Dati i loro obiettivi e il loro ruolo all’interno del territorio, questi soggetti possono promuovere iniziative interessanti anche nel campo del welfare e della coesione sociale. Ne abbiamo parlato con Matteo Aguanno, direttore del GAL Prealpi e Dolomiti.
Dottor Aguanno, può spiegarci cosa sono i Gruppi di Azione Locale e qual è il loro ruolo?
I Gruppi di Azione Locale, noti come GAL, sono dei partenariati pubblico-privati frutto di una felice intuizione avuta dalla Commissione Europea agli inizi degli anni ‘90. In quel periodo, la Commissione si era posta l’obiettivo di promuovere lo sviluppo delle aree rurali marginali d’Europa attraverso una nuova iniziativa denominata LEADER che è l’acronimo di Liasison entre action de développement rural (Collegamento fra azioni di sviluppo dell’economia rurale). L’iniziativa LEADER, i cui obiettivi strategici consistono nel migliorare la governance di queste aree e nell’accompagnare processi di sviluppo integrati, ha conosciuto una continua evoluzione durante i suoi 30 anni di vita partendo da una fase sperimentale, con poche risorse e su poche aree pilota (217), fino ad arrivare ad una più matura che ha portato ad avere quasi 2.800 aree in tutta Europa di cui 199 in Italia distribuite su tutte le regioni e province autonome.
L’approccio LEADER è attuato per il tramite dei GAL, ovvero dei gruppi composti dai principali portatori di interesse istituzionali, economici e civili del proprio territorio. Instaurando un clima di fiducia tra i partner, i GAL elaborano delle strategie di sviluppo locale sostenuti da specifici programmi, e relativi fondi, principalmente riferibili al Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) all’interno della Politica Agricola Comunitaria (PAC). Il metodo LEADER si caratterizza per 7 specifici elementi: approccio ascendente, un territorio di riferimento, un partenariato locale rappresentato dal GAL, una strategia integrata e multi-settoriale, l’esistenza di reti, l’uso di soluzioni nuove e innovative e la cooperazione di progetto. Anche nell’ambito della prossima programmazione europea sullo sviluppo rurale, la Commissione Europea ha previsto il sostegno ai GAL e all’approccio LEADER rendendolo obbligatorio per tutti gli stati membri.
Qundi che tipo di progetti promuovono i GAL? Può farci qualche esempio di iniziative promosse dal GAL Prealpi e Dolomiti?
Durante la Programmazione 2014-2020 i GAL hanno potuto sviluppare progettualità inerenti 7 specifici ambiti di interesse: diversificazione economica e sociale, turismo sostenibile, valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, cura e tutela del paesaggio, valorizzazione e gestione delle risorse ambientali e naturali, sviluppo della filiera dell’energia rinnovabile, sviluppo e innovazione delle filiere e dei sistemi produttivi locali. La modalità con cui i GAL realizzano i progetti, coerentemente alla strategia condivisa con il territorio, consistono principalmente in Bandi pubblici o in Bandi a regia garantendo la massima trasparenza e imparzialità.
La tipologia progettuale più frequente è data da piccoli investimenti infrastrutturali o dotazionali riservati alle micro e piccole imprese dell’agricoltura, dell’artigianato e del turismo unitamente ad investimenti realizzati dalle pubbliche amministrazioni locali su strutture volte alla promozione e fruizione del territorio legate al miglioramento della vivibilità per i cittadini, alla possibilità di sviluppo per le imprese e all’aumento dell’attrattività verso i turisti prestando attenzione agli straordinari elementi paesaggistici e naturali che spesso queste aree possiedono.
Il partenariato del GAL Prealpi e Dolomiti ha pertanto deciso di concentrare l’azione su progetti legati al turismo sostenibile e alle filiere agroalimentari innovative impegnando circa 7,5 milioni di euro di contributi pubblici. Nel primo caso parliamo di progetti legati al completamento di piste ciclabili, punti informativi per il turista, percorsi escursionistici di rilievo naturalistico/paesaggistico accompagnati da interventi per le imprese del settore turistico e dei servizi connessi quali manutenzioni straordinarie, ristrutturazioni, acquisto attrezzature e promozione.
Il principale valore aggiunto di questi progetti sta nel fatto di essere stati condivisi all’interno di cosiddetti Progetti Chiave ovvero attraverso una fitta interlocuzione e integrazione tra settore pubblico e imprenditoriale. Per quanto concerne invece le filiere produttive, il GAL, con una forte scelta di campo, ha puntato sulla innovazione utilizzando un nuovo strumento rappresentato dai Gruppi Operativi (GO) del Partenariato Europeo per l’innovazione (PEI). Sono stati finanziati ben 4 gruppi composti da altrettante reti di operatori afferenti al campo della ricerca e dell’impresa a cui è spettato il compito di ideare e portare a termine progetti pilota volti a collaudare, modificare o ad applicare pratiche, processi, prodotti, servizi e tecnologie innovativi diffondendone i risultati ottenuti. I progetti hanno coinvolto le filiere della zootecnica da latte, dell’allevamento ovino e delle produzioni tipiche locali della vite e del fagiolo.
Secondo lei i Gruppi di Azione Locale possono giocare un ruolo importante anche nel campo del welfare? In che modo possono essere coinvolti e che attività possono portare avanti?
Negli ultimi cicli di Programmazione europea, i GAL hanno assunto ruoli sempre più legati ad azioni infrastrutturali dove la fisicità e la settorializzazione hanno in alcuni casi prevalso sulle azioni innovative di processo e su quelle che pongono al centro le risorse umane. Questo non deve sorprendere in quanto la natura stessa degli strumenti di finanziamento usati dai GAL ha spinto a sostenere maggiormente gli investimenti secondo un modello di sviluppo mainstream. Malgrado ciò i GAL hanno sempre mantenuto e custodito, forse esercitandolo un po’ meno, un grande capitale sociale che, come già spiegato, ha da sempre caratterizzato tali soggetti.
Un esempio concreto di cosa significhi il capitale sociale è fornito dal sistema di monitoraggio del valore aggiunto LEADER promosso dal GAL Prealpi e Dolomiti insieme all’Università di Padova, e in particolare il Dipartimento TeSaf. Oggi si ritiene sia giunto il momento di staccare la cedola di questo capitale rinvestendolo, senza esitazione alcuna, in azioni societarie di comunità. Cosa intendo dire? Ci troviamo in un momento storico di assoluta eccezionalità che ci sta chiedendo, o meglio offrendo, una grande occasione: investire e ridare forza all’obiettivo originario per cui i GAL sono nati ovvero costruire e rinsaldare, attraverso metodi innovativi, relazioni sociali comunitarie nei territori rurali e più marginali di tutta l’Europa. Una novità? Non direi, anzi questo invito è ormai diventato un mantra che ritroviamo puntualmente nei tanti articoli, studi, riflessioni scientifiche che in questi mesi sono apparsi per dare una risposta alla crisi che stiamo vivendo.
E quindi, dove stanno i GAL? Quale può essere il loro contributo? La natura terza e di corpo intermedio assunta dai GAL ritengo sia la chiave di volta per sostenere una svolta culturale fatta di tante (micro) azioni concrete, integrate, capaci di mantenersi nel tempo e di influenzare positivamente e con fiducia le comunità che stanno sempre più manifestando fabbisogni nuovi non solo legati a gravi e manifesti disagi ma a disuguaglianze e diversità striscianti, diffuse, quasi omertose per il fatto di coinvolgere target di persone fino ad ora mai colpiti da serie difficoltà economiche e oggi in silenzio per paura e timore reputazionale. È chiaro quindi come vi sia in gioco la coesione sociale di tutto il territorio, anche quello rurale, e come questi temi e propositi rientrino pienamente nel complesso, articolato e dinamico concetto di welfare. È proprio nel dinamismo che anima questo tema che il GAL potrebbe trovare il suo nuovo ruolo, il suo programma di riforma, facendo leva su di una peculiare specificità ovvero lo stare a metà strada tra un soggetto Istituzionale Pubblico, dotato di importanti risorse pubbliche rispondenti alle regole dei finanziamenti pubblici, ed un soggetto Istituzionale Civile dove più che le risorse finanziarie è rilevante la capacità di stare con le comunità e di comprenderne velocemente i loro nuovi fabbisogni. Questa peculiare natura, nei suoi aspetti più promettenti e positivi, ben si integra nei nuovi modelli di welfare innovativi, come quelli generativi e di comunità i cui contenuti e declinazioni animano il dibattito scientifico attuale.
Per quel che riguarda il GAL Prealpi e Dolomiti, quali sono le prospettive per il prossimo futuro? Saranno avviati dei progetti proprio nel campo del welfare?
Questo è il tempo delle ambizioni, consapevoli che c’è assoluto bisogno di migliorare la propria azione spingendosi fuori dalla propria confort-zone nella quale siamo tutti naturalmente spinti a restare. Ma in che modo? Come accade quando si intende preparare un buon piatto grazie ad una ricetta speciale, la prima cosa da fare è procurarsi degli ottimi ingredienti: la materia prima è fondamentale, meglio se viene dall’orto del proprio territorio.
Alcuni dei principiali ingredienti che i GAL oggi è bene si procurino e conservino sono:
- nuove competenze: in un contesto che è cambiato e sta cambiando con estrema velocità, è fondamentale adattare le proprie competenze rispondendo a nuovi fabbisogni espressi dal territorio. A fianco di migliorate capacità volte a gestire, monitorare e valutare il proprio operato, servono competenze in grado di migliorare il proprio mind-set o atteggiamento mentale aprendosi al cambiamento positivo dove il fallimento non è più temuto ma diventa indice di risultato;
- nuove metriche: ciò che conta, oggi più che mai, è il risultato. Porsi dei risultati però ci pone allo scoperto su due piani: decidere con chiarezza cosa intendiamo raggiungere e dotarsi di metriche (assegnazione di un numero ad una entità) adeguate ai risultati che ci prefiggiamo di raggiungere ovvero capaci di misurare non solo elementi oggettivi ma anche l’immateriale. La destrezza e abilità del nostro misurare, anche attraverso l’uso intensivo di benchmark, ci permetterà non solo di instaurare un migliorato rapporto con la cittadinanza intera ma anche di monitorare le nostre azioni operando opportuni e tempestivi interventi correttivi dove emergessero delle criticità;
- nuova cultura: convincersi dentro prendendosi il rischio di cambiare;
- nuovi interlocutori plurali: intendendo gli addensati della società civile, comunità, imprese e istituzioni locali coese e collaboranti ma spesso troppo fragili per affrontare le sfide dell’attualità; in alcuni casi scomposte e disorganizzate ma ricche di suggestioni ed energia che fatica però ad essere trasformata in forza motrice in grado di migliorare stabilmente la vita di chi vuole continuare a vivere nel paese dove è nato e cresciuto. Con questi interlocutori oggi è più che mai necessario confrontarsi affinché nessuno resti escluso ma, al contrario, possa beneficiare di un loro contagio benefico;
- nuove alleanze: convincersi (convincendo) che da soli non si va da nessuna parte. Le sfide che ci imponiamo di vincere necessitano di una enorme energia e di competenze diversificate a cui fanno riferimento altrettanti soggetti istituzionali competenti con i quali sarà fondamentale lavorare in modo sistemico e leale. Insomma, un nuovo telaio istituzionale composto da soggetti già esistenti, facilitatori piuttosto che regolatori, garanti del senso di destino comune;
- nuova comunicazione: non certo un ingrediente di guarnitura anche se troppo spesso posto in secondo piano quasi fosse una vergogna parlare alla gente di ciò che si fa per la gente. La comunicazione, quella giusta, onesta e al passo con i tempi deve diventare un elemento cardine al quale affidare il racconto prezioso di quello che si sta facendo, dei risultati e delle speranze inducendo fiducia nella gente. Ma attenzione: solo su basi forti e leali non si correrà il rischio, sempre in agguato, di utilizzare la comunicazione in una logica pro domo sua alimentando sterili tensioni ed inutili scontri di protagonismo.
Quindi è con questi “ingredienti” che il GAL Prealpi e Dolomiti vuole lavorare con il territorio nei prossimi anni…
Cogliendo l’opportunità data dal prolungamento del periodo di programmazione UE 2014-2020 sullo sviluppo rurale grazie al quale i GAL potranno continuare ad operare durante il biennio 2021-2022, il GAL Prealpi e Dolomiti ha avviato una nuova iniziativa in collaborazione con il mondo della ricerca e dell’università.
L’iniziativa si pone come obiettivo principale quello di lavorare con le comunità locali intese prioritariamente non più come lo strumento da arruolare per la realizzazione di progetti (magari infrastrutturali), ma l’oggetto stesso dell’iniziativa dalla quale alimentare relazioni e conseguentemente azioni realmente utili. Con le comunità, intese quindi come ecosistema di relazioni, il GAL intende favorire il raggiungimento di una condizione di climax territoriale attraverso la risoluzione delle loro principali debolezze e l’esaltazione delle loro capacità contributive. Con questi interlocutori, puntando al miglioramento della loro identità, ruolo e responsabilità sul proprio futuro, sarà possibile sostenere azioni e servizi realmente utili e in grado di mantenersi nel tempo sostenibilmente.
In contesti territoriali come quelli dei GAL, caratterizzati da scarsità di servizi di base, spopolamento e invecchiamento della popolazione, i tradizionali percorsi di welfare sono messi a dura prova in quanto risulta sempre più scarsa la disponibilità di fondi pubblici a loro assegnati. L’attivazione di queste comunità di sviluppo in tali contesti può contribuire a dar vita a nuovi sistemi di welfare in grado di autosostenersi attraverso l’avvio di iniziative economiche innovative fortemente radicate nei luoghi e aperte al benessere della popolazione. Comunità energetiche, Cooperative di comunità, Smart village, Share economy, Imprese circolari e bio-economiche sono solo alcune delle possibili iniziative che le comunità, potranno decidere autonomamente di intraprendere e sostenere insieme ai GAL. Di tutto ciò i GAL potranno giovarsi accettando la sfida volta a migliorarne la loro azione attraverso un processo di rinnovamento continuo lungo la stretta via posta tra il duplice ruolo di istituzione garante del buon uso di fondi pubblici e quello di partner territoriale, facilitatore e dinamico agente di coesione rurale.
Per approfondire
Sito internet del GAL Prealpi e Dolomiti
Matteo Aguanno, [email protected] – @galprealpidolomiti