“Il percorso di lavoro tra enti pubblici e privati è un percorso costante, quindi se fatto bene i frutti si vedono man mano” racconta Mariella Luciani, Direttrice del Settore Servizi Educativi e Sociali, Quartieri e Partecipazione del Comune di Como.

Nel corso di un seminario organizzato il 15 maggio scorso all’Università degli Studi di Milano, Luciani ha discusso con la professoressa Franca Maino e la professoressa Ilaria Madama di come coprogrammazione e coprogettazione (di cui abbiamo ampiamente parlato anche nel nostro Sesto Rapporto sul secondo welfare) siano state adottate nella definizione e gestione dei servizi socio-educativi1 del Comune.

Dal seminario è emerso come la sfida principale sia quella di tenere insieme obiettivi pubblici, rappresentatività e interessi del territorio, in un continuo dialogo, grazie ad alcuni strumenti e azioni che Como ha deciso di implementare nel corso degli anni. Questo anche grazie al coinvolgimento dell’amministrazione locale in WILL, progetto di cui Percorsi di secondo welfare è coordinatore scientifico e in cui accompagna alcuni Comuni italiani di medie dimensioni nell’individuazione di nuove strade per la gestione dei servizi sociali. Vediamo come.

I bisogni socio-educativi nel contesto Como

Como è caratterizzata da un contesto demografico tipico per l’Italia. Da anni si assiste infatti all’aumento dell’età media e alla diminuzione del numero di nascite ma, come spiegato da Luciani, il capoluogo presenta alcune peculiarità. “Da un lato è una città turistica che attrae visitatori e residenti con redditi elevati” che contribuiscono all’aumento del costo della vita, rendendo l’acquisto della casa molto oneroso, salvo in alcuni quartieri più periferici. Dall’altro lato “Como è una città di frontiera da cui transita o si stabilisce chi vuole raggiungere altri Paesi europei”. Questo comporta un contesto ad alta immigrazione, in cui le famiglie, anche se solo temporaneamente di passaggio, hanno bisogno di risposte a bisogni educativi che, di conseguenza, creano una pressione variabile sui servizi sociali e socio-educativi della città.

Rispetto al sistema socio-educativo, attualmente i servizi per la prima infanzia comaschi, sia pubblici che privati, coprono il 42,6% dei bambini nella fascia 0-3 anni che risiedono in città. Una percentuale più alta rispetto a quella “storicamente” richiesta dall’Unione Europea (pari al 33%) e non lontana dai nuovi obiettivi (45%) fissati da una nuova Raccomandazione2. Rispetto ai servizi sociali, i bisogni sono però in continuo aumento, in particolare per quanto riguarda la tutela dei minori e il supporto agli alunni con disabilità.

La risposta ai bisogni: il metodo dell’amministrazione condivisa

Davanti a questi bisogni, l’amministrazione di Como ha preso una posizione ben precisa. Nel programma di mandato, l’obiettivo per la gestione dei servizi per la prima infanzia è di garantire un “servizio eccellente, sufficiente per tutta la cittadinanza e che costi il giusto”, a prescindere dalla natura giuridica dell’ente gestore. Come farlo è specificato nel programma di azione dell’assessorato ai servizi educativi e sociali: “collaborare con gli Enti del Terzo Settore secondo i principi dell’Amministrazione Condivisa”, individuata come lo strumento concreto per raggiungere questi obiettivi.

Come spiegato da Labsus, il Regolamento per l’Amministrazione condivisa dei beni comuni è un “atto normativo, che mette al centro la disciplina delle forme di collaborazione tra i cittadini e l’amministrazione, finalizzate alla cura, alla rigenerazione e alla gestione condivisa dei beni comuni”. In altre parole, è uno strumento necessario per costruire il welfare locale in collaborazione con gli enti del territorio.

Como ha deciso di dotarsi del Regolamento per poter dialogare in particolare con gli Enti del Terzo Settore (ne avevamo parlato qui). “È una scelta politica chiara, perché entra a pari titolo rispetto ad altre modalità, come il codice degli appalti” ha spiegato Luciani. Inoltre il Regolamento chiarisce le modalità di collaborazione con questi enti attraverso le pratiche di coprogrammazione e coprogettazione, ad esempio definendo la durata di un accordo con un asilo nido gestito da enti privati. “Lavorare insieme al Terzo Settore significa essere protesi a risolvere i bisogni dei cittadini e migliorare i servizi” continua la Direttrice del servizio.

L’amministrazione condivisa consente infatti di valorizzare appieno le conoscenze e competenze maturate nel tempo dalle realtà associative del territorio nell’ottica del community building, secondo il quale i soggetti parte di una comunità si impegnano collettivamente nel processo di evoluzione della comunità stessa3. Ciò consente l’attivazione di enti, associazioni, imprese, e singoli cittadini, sperimentando forme spontanee di partecipazione attiva volte a supportarle nella loro strutturazione, ad esempio attraverso la formalizzazione di enti del Terzo Settore, come accaduto nel caso di un gruppo di mamme utenti dei giardini pubblici che hanno costituito un’associazione per collaborare con i servizi di cura del verde comunale.

Le azioni del Comune, tra coordinamento della rete ed erogazione di servizi

A partire dai principi descritti nel Regolamento e derivati dal community building, l’amministrazione comunale ha deciso di implementare alcune azioni concrete per quanto riguarda la parte di servizi socio-educativi.

La prima è la creazione di patti educativi di comunità a partire da un bando realizzato dalla Direzione Servizi Educativi e Sociali, che Secondo Welfare sta seguendo direttamente attraverso un percorso di accompagnamento ad hoc nell’ambito del progetto WILL. “L’obiettivo è quello di mettere in rete enti che possano realizzare attività semplici, interessanti e vicine per ragazzi dagli 11 ai 15 anni e le loro famiglie” racconta Luciani. Attualmente, infatti, questa è la fascia d’età più scoperta per quanto riguarda i servizi educativi extrascolastici. Esiste però una serie di soggetti formali e informali che si sono attivati autonomamente con azioni e progetti per i ragazzi di questa età. Mettere a sistema questa offerta implica una mappatura degli enti e dei servizi disponibili volta alla costituzione di una rete di coprogettazione. Attualmente, hanno aderito 6 Enti del Terzo Settore, 8 istituti scolastici, i servizi del Comune, la biblioteca e il teatro sociale. Il dialogo con le parti dev’essere continuo spiega ancora Luciani, “a volte è più difficile la parte culturale e condividere e sviluppare la visione di un’idea che non poi realizzarla materialmente. Condividere il pensiero è fondamentale”.

La seconda azione attiva è la realizzazione del Coordinamento Pedagogico Territoriale, organismo stabile nel tempo che riunisce i coordinatori dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia esistenti sul territorio. In questo ambito il Comune svolge il ruolo di capofila di 42 enti tra asili e scuole per l’infanzia pubbliche e private, agevolando il confronto professionale collegiale. Proprio l’attivazione di questi tavoli di governance ha consentito al Comune di poter garantire negli istituti paritari alcuni posti gratuiti per i minori segnalati dai servizi sociali.

Collegate al Coordinamento ci sono infine alcune azioni specifiche sui servizi per la prima infanzia relative al potenziamento e alla diversificazione delle attività proposte. In particolare, la recente programmazione ha consentito di attivare 36 posti aggiuntivi nei nidi pubblici e privati a tariffa agevolata. Inoltre, è in avvio nel 2024 la sperimentazione dell’apertura di un nido in agosto, grazie alla disponibilità di un ente del Terzo Settore.

I risultati dell’approccio

In sintesi, come emerso nel corso del seminario, l’approccio dell’amministrazione condivisa che il Comune di Como ha scelto di adottare ha prodotto risultati nell’ambito dei servizi socio-educativi su alcuni fronti.

Dal punto di vista della pubblica amministrazione, il continuo dialogo tra Comune ed enti, promosso dal Regolamento, genera un cambiamento nel ruolo dell’ente locale. La responsabilità istituzionale non si esercita più unicamente tramite il governo diretto: l’amministrazione diventa coordinatrice tra attori e risorse del territorio, riconoscendone l’autonomia e l’iniziativa dei singoli e promuovendone le sinergie.

Le ricadute sulla popolazione si riflettono in un aumento e una diversificazione dell’offerta dei servizi per le famiglie. Ciò è reso possibile grazie al coordinamento con gli enti presenti sul territorio che consente un aumento delle risorse disponibili per creare un sistema di innovazione e sperimentazione.

 

 

Note

  1. Con servizi socio-educativi si intende l’integrazione di due tipi di servizi diversi. Da una parte troviamo i servizi educativi, in cui rientrano tutte quelle prestazioni a sostegno delle famiglie e dei minori erogati da istituzioni pubbliche o da imprese sociali private, tra cui asili nido, scuole e centri per giovani. Dall’altra, i servizi sociali comprendono le attività volte a garantire cura, assistenza e aiuto alle famiglie, con un’attenzione particolare ad alcuni gruppi di persone, come bambini, anziani, disabili, persone con dipendenze, immigrati e altre.
  2. A Barcellona, nel 2002, l’UE stabilì che entro il 2010 nei singoli Paesi membri almeno il 33% dei bambini e delle bambine di età inferiore ai 3 anni dovesse avere un posto in un asilo nido. Il Consiglio dell’Unione Europea, con la Raccomandazione 14785/2022, ha recentemente fissato una nuova soglia: il 45% entro il 2030.
  3. Per approfondire questo concetto si veda C. Walter (2004), Community Building Practice, in M. Minkler (ed.), Community Organizing and Community Building for Health (2nd ed.), New Brunswick, N.J., Rutgers University Press.