Nel febbraio 2019 è nata l’Impresa Sociale Consorzio Girasole, un soggetto misto pubblico/privato a cui è stata affidata la gestione dei 148 servizi socio-assistenziali e socio-educativi dei Comuni dell’Ambito distrettuale di Lecco. I 26 Comuni aderenti, dopo un percorso di riflessione che ha portato all’individuazione della miglior forma di gestione, hanno indetto nel dicembre 2018 una procedura finalizzata alla selezione dei soci privati dell’Impresa Sociale Consorzio Girasole e al contestuale affidamento a quest’ultimo di compiti operativi relativi alla gestione dei servizi affidati. Il Consorzio Consolida di Lecco si è aggiudicato la gara per la gestione dei servizi per sei anni. L’impresa è composta quindi da un socio pubblico (l’Associazione dei Comuni Soci di Impresa Sociale Girasole), con funzione di vigilanza e tutela della qualità dei servizi, e da alcuni soci privati (Consorzio Consolida, con quota maggioritaria, Consorzio Mestieri Lombardia, Coop. sociale Il Grigio, Coop. sociale La Vecchia Quercia, Coop. sociale Sineresi, Coop. sociale Due Mani, Coop. sociale L’Arcobaleno, Auser Lecco, Anteas). La scelta di questa particolare forma di gestione rappresenta, secondo i suoi soci pubblici e privati, una strada per dare continuità e valorizzare un’esperienza decennale di co-progettazione tra enti pubblici e attori del Terzo Settore.
Abbiamo incontrato un testimone significativo della nascita dell’impresa sociale – l’Assessore alle politiche sociali, casa e lavoro del Comune di Lecco, Riccardo Mariani – e ci siamo fatti raccontare la nascita e lo sviluppo del Consorzio Girasole.
Assessore Mariani, innanzitutto come è nata l’idea di creare un’impresa sociale per la gestione dei servizi socio-assistenziali e socio-educativi?
L’idea è nata in risposta a due esigenze differenti: da un lato la nuova normativa regionale sull’integrazione sociosanitaria [Legge Regionale 11 agosto 2015, n. 23, NdA] ci imponeva di ridisegnare in parte il nostro assetto implementando una separazione tra la forma programmatoria e quella gestionale. Allo stesso tempo è emersa la necessità di preservare e rafforzare un meccanismo di partnership tra pubblico e privato che era ormai operativo da 12 anni. Il Comune di Lecco ha iniziato a lavorare in un’ottica di co-progettazione nel 2006: abbiamo iniziato a operare secondo questa modalità ancor prima che questa venisse accreditata come scelta politico-istituzionale e che venisse regolamentata dalla Regione Lombardia. In questo senso non abbiamo mai visto il Terzo Settore come un mero prestatore di servizi, abbiamo sempre vissuto questo attore come un alleato che ragiona insieme a noi intorno ai temi del welfare, dei bisogni e delle domande emergenti e delle risposte che si possono dare. Questi 12 anni di alleanza tra pubblico e Terzo Settore hanno prodotto un “terreno di fertilizzazione” in cui la scelta dell’impresa sociale ha potuto nascere e crescere.
Come si è arrivati alla scelta del soggetto giuridico attraverso cui concretizzare il progetto?
Siamo partiti ragionando sulle diverse forme possibili – dalla fondazione di partecipazione alla società mista – con i legali che ci hanno accompagnato in questo percorso. Abbiamo preso in considerazione tutte le normative di settore: il Testo unico delle società partecipate, il Codice del Terzo Settore, la legge sull’impresa sociale… Alla fine ci siamo orientati verso la forma della società mista sotto forma di impresa sociale avente natura non commerciale, in sostanza una società cooperativa consortile. Questo soggetto ci è sembrato il più tutelante sotto il profilo giuridico e amministrativo. Come dicevo prima, la priorità non era solo il rispetto delle diverse normative regionali e nazionali: per noi era fondamentale tutelare un grande patrimonio di lavoro comune. Auspicavamo, inoltre, che il passaggio da un partenariato pubblico-privato “contrattualizzato” a un partenariato pubblico-privato “istituzionalizzato” potesse ampliare il perimetro della co-progettazione arrivando non solo a fornire le risposte e i servizi già garantiti, ma a intercettare nuovi bisogni e provare a predisporre nuove soluzioni.
L’impresa sociale è dunque nata con il mandato di intercettare nuovi bisogni sociali e di progettare in modo diverso le risposte a questi bisogni: in che modo avviene questo processo attraverso l’impresa sociale?
Sono convinto che si possa innovare, nelle politiche di Welfare, solo sulla base dell’esperienza: è difficile innovare partendo da zero. Pensiamo che l’impresa sociale che abbiamo costituito rappresenti l’istituzionalizzazione di uno strumento – la co-progettazione – che nel corso di questi 12 anni ci ha permesso di portare avanti processi di innovazione graduale efficaci. Si tratta di una forma di intelligenza collettiva che decodifica e intercetta la complessità esistente e che, proprio grazie alla partecipazione di molti attori, è più abile di un soggetto singolo a individuare soluzioni appropriate nei tempi e nelle modalità di implementazione. Questo discorso si applica non solo ai 148 servizi sociali ed educativi già in essere, ma deve riguardare anche il panorama sociale nella sua ampiezza. In questo senso l’impresa sociale nasce proprio per essere un soggetto dinamico, con la capacità di intercettare nuove forme e frontiere per il lavoro sociale. Per esempio: le intersezioni tra il mondo dell’ambiente e il sociale, tra le politiche giovanili e sociali, il tema dei trasporti in relazione alla sostenibilità ambientale e, magari, in relazione alla disabilità e all’invecchiamento. Io penso che il pubblico non possa fare tutto, non sappia fare tutto e non debba fare tutto. Ma attenzione, non perché debba consegnare ogni intervento al privato sociale o per estremo al privato tout court: ovviamente l’ente pubblico deve mantenere la sua posizione strategica e di leadership, ma deve saper formare una governance policentrica che si nutra di diverse esperienze e competenze. Questo discorso è sempre stato alla base della co-progettazione, fin dal 2006, ed è anche la base su cui abbiamo costruito l’impresa sociale forti della nostra esperienza ultra-decennale. Tra l’altro mi risulta che l’impresa sociale Girasole rappresenti la prima esperienza di gestione mista pubblico-privata dei servizi in tutta Italia.
Potrebbe raccontarci sinteticamente le principali tappe e i momenti più significativi di questa esperienza decennale di co-progettazione?
Tra il 2006 e il 2018 si sono susseguite tre co-progettazioni tramite bando. Col passare degli anni abbiamo registrato un progressivo ampliamento delle azioni, delle risorse a disposizione e, soprattutto, del gruppo di partecipanti pubblici e privati. Il primo bando, operativo tra il 2006 e il 2010, vedeva la collaborazione di due soggetti – il Comune di Lecco e il soggetto aggiudicatario, il Consorzio Consolida – e prevedeva l’implementazione dei servizi e un’attivazione del Consorzio Consolida nella ricerca di risorse aggiuntive (per esempio bandi di fondazioni, ecc.). Al secondo bando, attivo tra il 2010 e il 2013, il Consorzio Consolida ha partecipato come capofila di un’aggregazione che comprendeva anche soggetti del volontariato e dell’associazionismo. Questa cordata si è allargata ulteriormente in occasione del terzo bando, 2013-2018, fino a coinvolgere 16 soggetti. Inoltre, per quanto riguarda il pubblico, non partecipava più solo il Comune di Lecco ma tutti i Comuni dell’ambito distrettuale lecchese. E oggi l’impresa sociale coinvolge i 26 Comuni del lecchese e 9 soggetti del Terzo Settore tra cui due associazioni. L’impresa è sostenuta anche da un accordo di rete di circa 30 soggetti tra cui troviamo organizzazioni di volontariato e soggetti rappresentativi del mondo dell’impresa: Confartigianato, Asspi, Api. L’allargamento progressivo degli attori coinvolti ha portato circa 9 milioni di risorse aggiuntive da investire nelle politiche sociali locali; allo stesso tempo il Comune si è impegnato a non ridurre il suo investimento economico in questo campo. Abbiamo mantenuto la nostra responsabilità istituzionale nel campo del welfare ma abbiamo anche chiamato altri a prendersi un pezzettino di responsabilità sociale pubblica.
Immagino che la nascita dell’impresa sociale abbia comportato un lungo periodo di gestazione e che siano emersi problemi e fatiche. Cosa può raccontarci in merito a questo?
Certo le difficoltà non sono mancate. Siamo passati attraverso diverse fasi: uno studio di fattibilità, tante delibere comunali, tanti incontri, tante rivisitazioni. Abbiamo cercato di portare avanti un processo di innovazione sia di prodotto che di processo in un contesto complicato. Il processo deliberativo degli enti locali richiede, giustamente, il rispetto delle forme di democrazia istituzionale: non è che il sindaco arriva in Consiglio comunale, comunica le sue decisioni e tutti gli obbediscono! Abbiamo certamente incontrato una fatica procedurale legata alle dinamiche della democrazia rappresentativa. Tuttavia si è trattato di una fatica ben riposta perché noi enti locali siamo usciti da questo processo con un rinnovato spirito di appartenenza istituzionale.