I Laboratori Bibliosociali sono una rete inter-professionale e una comunità di pratica. Nati nel 2013, si occupano – a livello nazionale – di ricerca, formazione e consulenza sull’evoluzione delle biblioteche pubbliche e di altri spazi socioculturali, con un orientamento specifico allo sviluppo di comunità. Massimiliano Anzivino, Francesco Caligaris, Alfonso Noviello e Catia Cavatorti sono referenti di questa esperienza. Dopo aver descritto i nessi tra biblioteche e welfare, in cinque nuovi articoli ci racconteranno dei rapporti possibili tra giovani e mondo bibliotecario. Questo è il primo. |
Le “biblioteche sociali” come casa per i giovani
Il movimento che attraversa sempre di più il mondo delle biblioteche che si definiscono sociali cerca costantemente risposte alle problematiche presenti sui territori. Le biblioteche sociali1 infatti reinterpretano la propria mission tradizionale per divenire incubatori di comunità, ovvero capaci di migliorare in senso ampio la vita delle persone. Lo fanno trasformandosi in antenne del territorio, facilitando l’incontro tra le persone e la costruzione di reti tra gruppi e organizzazioni, aprendo all’ascolto dei cittadini e alla loro partecipazione, personalizzando e arricchendo l’offerta dei progetti e dei servizi, aumentando il capitale sociale di una comunità.
Questa prospettiva permette di aprire i servizi culturali a una serie di tematiche solitamente appannaggio dei soli comparti socio-educativi e sanitari per articolare nuove visioni dei problemi e innovative formule di intervento.
Uno dei focus più caldi sui quali diverse amministrazioni pubbliche si stanno confrontando, specie dopo la pandemia di Covid-19 (che sembra molto lontana, ma ha lasciato strascichi su cui è importante riflettere), è la condizione esistenziale degli adolescenti. Con una serie di 5 articoli che saranno pubblicati sul sito di Percorsi di secondo welfare, andremo ad approfondire lo stato dell’arte dell’incontro tra questa fetta della popolazione e le potenzialità delle biblioteche pubbliche.
Come stanno gli adolescenti?
Una delle eredità più pesanti della pandemia è stata sicuramente l’aumento esponenziale di problematiche che hanno al centro gli adolescenti, quella fetta di popolazione che viaggia indicativamente tra i 14 e i 20 anni. Gli studi che si sono susseguiti nell’ultimo triennio ci hanno consegnato un quadro allarmante da diversi punti di vista. Da un lato abbiamo avuto un aumento mai registrato prima di situazioni di malessere negli adolescenti e conseguente accesso ai servizi di salute mentale. Parliamo di situazioni impattanti che riguardano fenomeni come i disturbi del comportamento alimentare, l’autolesionismo e i tentativi di suicidio, il tutto accompagnato da alte dosi di ansia e depressione che caratterizzano il vissuto generale dei teenagers.
Sono aumentati anche fenomeni prima più circoscritti come il ritiro sociale e le forme di vandalismo e violenza spesso collegate alle cosiddette baby gang. Allo stesso modo si assiste a un proliferare di situazioni di abbandono scolastico e in generale di rinuncia a stare sul percorso a tappe che porta alla vita adulta2.
Si tratta di una tendenza già visibile ben prima del marzo 2020, momento del primo lockdown italiano, che ha avuto una incredibile accelerazione nei due anni successivi mettendo in crisi famiglie, scuole, servizi e chiavi di lettura e interpretazione da parte degli esperti. Una situazione allarmante anche dal punto di vista dei costi sociali, in un Paese già piuttosto scarso di ricambio generazionale, dove la risorsa giovanile – che sarebbe strategico tenersi cara, valorizzare e sostenere – invece si assottiglia in numeri assoluti decennio dopo decennio e sempre di più mostra segni di forte malessere.
Chiavi di lettura per capire
Tutti questi fenomeni possono essere compresi meglio se visti attraverso alcune chiavi interpretative che ci permettono di uscire dai luoghi comuni e ci offrono delle piste di lavoro.
La prima è il concetto di diserzione: molti dei fenomeni che stiamo osservando hanno a che fare con una reazione delle nuove generazioni a un contesto socio-economico contraddistinto da infinite e ormai strutturali crisi, dove si espandono precarietà, sfruttamento ed elevato rischio di burn out, individualismo e prestazionismo esasperati, eventi catastrofici e in generale una certa sfiducia se non proprio angoscia per il futuro. Di fronte a questa situazione alcuni fenomeni, come ad esempio il ritiro sociale e i NEET che sono forse i più evidenti, manifestano un tentativo di sottrarsi a un modello di vita considerato disumano e non rispondente alle proprie esigenze e aspirazioni, si configurano come una decisa affermazione a questo mondo sintetizzabile in: “preferisco di no, grazie!”.
La seconda chiave di lettura ha a che fare con la progettazione delle città sempre più orientate ai bisogni di persone adulte, consumatrici, automunite, lavoratrici, centrate sul proprio nucleo familiare. Sono sempre più rari gli spazi pubblici davvero disponibili per essere vissuti e utilizzati soprattutto dagli adolescenti, i quali sono considerati poco appetibili dal punto di vista commerciale se non proprio pericolosi. A questa situazione si associa anche un maggior senso di insicurezza percepito da parte dei genitori, che ha portato a una considerevole riduzione dell’uso autonomo della città da parte dei figli. In questo senso diventano più comprensibili i fenomeni legati al vandalismo urbano e alle bande giovanili da un lato e all’aumento del tempo trascorso su device collegati a internet dall’altro.
La terza chiave di lettura riguarda il divario crescente che si sta sviluppando tra le generazioni a causa dell’indebitamento di molti Paesi (e l’Italia in questo ha un primato), della diminuzione generale dei salari, dell’aumento dei costi della vita e di conseguenza della complessità nello sviluppare autonomia lavorativa e abitativa. Ne deriva una maggior permanenza dei figli nel nucleo di origine, la difficoltà di lanciarsi in progetti personali e di coppia, la tendenza a valutare e a perseguire percorsi migratori all’estero3.
Che cosa succede nell’incontro tra adolescenti e servizi della cultura?
Se consideriamo l’utilizzo dei servizi culturali da parte degli adolescenti scopriamo che il Covid ha determinato un tracollo dei dati che già da anni vedevano a livello nazionale tendenze discendenti. Quindi, mentre abbiamo i servizi socio-sanitari ed educativi ingolfati delle problematiche commentate sopra, nei servizi culturali (in particolare nelle biblioteche, che sono il focus di questo articolo) assistiamo a una graduale scomparsa di questa fetta della popolazione4.
Questo dato viene spiegato facendo riferimento da un lato alle nuove tendenze di lettura legate alla tecnologia, dall’altro a una grossa difficoltà per i luoghi della cultura nel divenire appetibili e utilizzabili dagli adolescenti per un ampio ventaglio di bisogni e desideri. L’incontro tra luoghi della cultura e giovani molto spesso è caratterizzato da grandi fatiche, sia nell’intercettare e avvicinare questo target sia, dove ciò avviene, nel trattenerlo senza compromettere altri aspetti del servizio ritenuti essenziali.
Gli spazi culturali hanno spesso regole e vincoli che mal si addicono alle caratteristiche degli adolescenti, i quali il più delle volte mettono in crisi la struttura stessa di tali servizi e le competenze degli operatori. Perciò nei presidi culturali, a fronte di un forte desiderio di ritrovare questo target o aumentare il lavoro con esso, si assiste a esiti deludenti e a frequenti frustrazioni (anche, forse, per la loro difficoltà di comunicare?, ndr).
Perché le biblioteche?
Ma, allora, perché insistere? Il focus sulle biblioteche è dettato da alcune considerazioni. La prima riguarda le caratteristiche di questi servizi che ben si presterebbero a divenire dei presidi territoriali anche e soprattutto per questa fascia di età: la bassa soglia, la bellezza, la gratuità, la diffusione e spesso la centralità sui territori, il legame con l’ente pubblico e la rete dei servizi, la disponibilità di spazi fisici, materiali e strumenti, i legami con il mondo dell’istruzione e delle professioni (temi di cui abbiamo parlato anche in una puntata del podcast Intrecci, ndr).
Se guardiamo alla mission più tradizionale delle biblioteche pubbliche (la promozione della lettura e della cultura in genere, la formazione continua, ecc.) emerge anche una riflessione prospettica che indica una vitale necessità di “seminare” ampiamente nelle nuove generazioni per invertire un trend di utilizzo del servizio che nei prossimi anni potrebbe portare le biblioteche a una scarsa rilevanza politica e sociale.
Ci troviamo quindi di fronte a enormi potenzialità per questo incontro in una scenario di grandi ed esplosive problematiche che richiedono altrettanto consistenti trasformazioni dei servizi e delle strategie. L’incontro con le nuove generazioni non andrebbe trascurato da nessun servizio, considerandone l’importanza per tutto il sistema Paese, e in più per le biblioteche si tratta di un’opportunità vitale di sopravvivenza e rilancio nell’ambito delle politiche pubbliche. Spesso invece l’investimento sul rapporto con i giovani è relegato a un afflato individuale e volontaristico di operatori motivati o di amministratori sensibili, perdendo di vista la portata della sfida e la necessità di prenderla molto sul serio.
Certamente non si tratta di una strada semplice e in Italia c’è molto da lavorare per rendere possibile un incontro soddisfacente, sensato e duraturo.
Esperimenti ed esperienze
Di fronte a questo scenario proviamo a lanciare un’esplorazione di ciò che si muove in Italia e all’estero.
Ci sono infatti molte esperienze interessanti, alcune dai tratti più sperimentali, per prove ed errori: in ogni caso da tutte è possibile trarre apprendimenti e ispirazioni. Lo facciamo non tanto in un’ottica di buone pratiche o eccellenze quanto con la logica dei piccoli passi, delle pratiche possibili anche in contesti difficili, con pochi operatori (o addirittura uno solo) in servizio, con scarsi investimenti economici e spazi inadeguati.
I territori sono ricchissimi di biblioteche che da anni, pur nella scarsa visibilità, stanno provando a trasformarsi anche per affrontare la sfida del rinnovamento e della cura delle nuove generazioni, per essere parte attiva delle comunità educanti.
Note
- Il tema è affrontato da una comunità di pratica formata da una rete di soggetti multiprofessionali pubblici e privati che a livello nazionale si confronta dal 2013 sulla funzione sociale delle biblioteche pubbliche e sulla trasformazione dei servizi ai cittadini. Scopri di più su: www.laboratoribibliosociali.it
- Per approfondire si veda: dati Istituto Superiore di Sanità (2023) VI rilevazione 2022 del Sistema di Sorveglianza HBSC Italia (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare); XIII Atlante dell’Infanzia (a rischio) in Italia 2022. Come stai? La salute delle bambine e dei bambini e degli adolescenti a cura di Save the Children; XV Rapporto Osservatorio Europeo sulla sicurezza a cura di Unipolis Demos 2023; varie ricerche della Regione Emilia-Romagna sulla situazione giovanile (“Bande giovanili di strada in Emilia Romagna tra marginalità, devianza e insicurezza urbana” 2023 e “Tra presente e futuro essere adolescenti in RER nel 2022”).
- Per approfondire si veda l’opera recente di Franco Berardi sul tema della diserzione; le riflessioni di Barbara Di Tommaso, Stefano Laffi e Andrea Marchesi apparse negli ultimi anni sulla rivista “Animazione Sociale”; le ricerche di Luciano Monti per conto della Libera Università Internazionale degli studi Sociali Guido Carli (Luiss, 2023); il rapporto CENSIS 2024 sulla situazione italiana.
- Dati aggiornati all’ultima rilevazione disponibile del 2022 (Faggiolani).