Il tema del benessere a scuola è da tempo al centro dei nostri approfondimenti. Ne abbiamo parlato ampiamente del volume “Welfare per le nuove generazioni“, cui hanno contribuito diverse ricercatrici di Secondo Welfare, ma è anche molto presente nel libro “La sfida del digitale: innovare la scuola per promuovere l’inclusione” realizzato dal nostro Laboratorio nell’ambito del progetto Nov@ Schola.

In un recente articolo (che trovate qui) abbiamo affrontato la questione andando a capire meglio cosa sia la “valutazione educativa” e indagando i nessi che ha con il benessere degli studenti e, in generale, con la loro salute mentale. Abbiamo voluto approfondire ulteriormente il tema confrontandoci con Cristiano Corsini, Professore ordinario di Pedagogia sperimentale all’Università Roma Tre e autore del volume La valutazione che educa. Liberare insegnamento e apprendimento dalla tirannia del voto pubblicato lo scorso anno da FrancoAngeli.

L’intervista ci ha permesso di mettere a fuoco gli elementi costitutivi della valutazione educativa ovvero la “valutazione descrittiva” e la “valutazione cooperativa”, che ricorre a strumenti quali l’autovalutazione e la cooperazione fra pari.

Professore, partiamo dalla questione del benessere.  In che modo la valutazione influisce su come gli studenti stanno dentro e fuori la scuola? 

La valutazione è un possibile fattore di stress. Il suo mandato originario è valutare l’apprendimento dello studente, ma alla fine spesso si valuta lo studente stesso. Questo meccanismo comporta una messa in discussione del soggetto, dell’individuo. In altre parole, non si mette in discussione quello che lo studente apprende ma il suo valore come persona. Si tratta di un approccio sbagliato, che spesso è adottato inconsapevolmente ma che inevitabilmente ha delle ripercussioni sul benessere degli alunni.

Cristiano Corsini

Quindi qual è la differenza tra valutare lo studente e il suo apprendimento?

Valutare lo studente significa unicamente mettere un voto senza fornire alcuna motivazione: questa è la valutazione detta “numerica” o “sintetica”. Valutare l’apprendimento significa descrivere l’attività svolta, mettere in evidenza le cose fatte bene e ciò che deve essere migliorato: questa è invece la valutazione “educativa” o “descrittiva”. Nei fatti, se dico allo studente: “ti metto 7” sto valutando lui stesso; se invece gli dico: “questa parte del compito l’hai fatta bene, in quest’altra parte sei stato meno preciso e perciò devi riguardarti questo argomento e fare altri esercizi” sto valutando l’attività che lo studente ha svolto fornendogli un riscontro descrittivo dal momento che gli espongo quali parti del compito sono state svolte bene, quali sono da studiare meglio e come potrebbe farlo.

Quali sono i vantaggi di valutare l’apprendimento?

La valutazione dell’apprendimento, che è di tipo descrittivo e non numerico, ha degli effetti positivi sugli alunni e i rapporti che intercorrono in classe. Con questa valutazione infatti  si elimina lo stress legato alla definizione di una graduatoria che va a stabilire la posizione dello studente rispetto a un numero o a una scala gerarchica. Ciò che rimane sono i consigli inseriti in una relazione tra il docente adulto e l’adolescente che sta imparando. Il voto è una sintesi ordinale che non dice nulla sull’attività e per questo allo studente può sempre rimanere il dubbio se quel voto è riferito a lui come persona o al suo apprendimento. Il riscontro descrittivo invece esplicita che il giudizio non è sull’alunno ma unicamente sul suo apprendimento.

Benessere a scuola: la valutazione educativa può fare la differenza?

Nei fatti cosa cambia nei contesti in cui si assume questo genere di valutazione?

Il voto porta inevitabilmente alla costruzione di una graduatoria tra gli studenti e questo alimenta la competizione all’interno della classe. Le ricerche ci dicono che invece la valutazione descrittiva dell’attività elimina gran parte dell’ansia e della competizione tossica che può dare il voto sintetico. Gli alunni così capiscono che l’obiettivo è migliorare l’apprendimento, non superare i propri compagni e questo aiuta a creare un clima cooperativo. Il ricorso alla descrizione permette dunque di abbassare la competizione tossica, lo stress e aiuta gli alunni a comprendere insieme gli errori. Perché questo avvenga è fondamentale far emergere e analizzare l’errore capendo perché è stato fatto, cosa si doveva fare e come intervenire per correggerlo. In questo modo l’errore diventa didattica, al contrario della valutazione sintetica dove l’errore diventa stigma ed è utilizzato per penalizzare. Con l’applicazione della valutazione educativa il riscontro, invece di assumere i connotati di una penalizzazione, diventa appunto un’attività didattica. In questa prospettiva la valutazione descrittiva è anche uno strumento utile in termini di autovalutazione e va di pari con la cosiddetta “valutazione cooperativa”.

Può spiegarci meglio cos’è la valutazione cooperativa e il suo rapporto con la valutazione descrittiva?

La valutazione descrittiva e quella cooperativa sono due tipi di valutazione che gli insegnanti dovrebbero utilizzare sinergicamente. La valutazione descrittiva ha la forza di non usare la valutazione sintetica ma di descrivere i punti di forza e debolezza di ciò che si è appreso. La valutazione cooperativa utilizza lo strumento dell’autovalutazione e sostiene il lavoro della valutazione descrittiva poiché consente di avere delle indicazioni di miglioramento sulle attività svolte. Infatti, non è scontato che un adolescente o un bambino siano in grado di comprendere il riscontro descrittivo dell’insegnante ed è per questo motivo che entra in gioco l’autovalutazione: se gli studenti sono in grado di valutare l’apprendimento proprio e altrui allora sono anche in grado di comprendere la valutazione descrittiva fatta dal proprio insegnante. L’autovalutazione e la valutazione tra pari quindi sono uno strumento fondamentale di apprendimento.

In che modo questi modelli valutativi influiscono sulla didattica?

Didattica e valutazione sono due parti fondamentali del processo di apprendimento e una non può prescindere dall’altra. Per questo motivo, per applicare una valutazione cooperativa è necessario creare anche una didattica cooperativa e attiva.  Quando si vuole passare a una valutazione descrittiva l’errore più comune è pensare di poter cambiare il modo di valutare senza riflettere sul modo in cui si fa didattica. Una valutazione cooperativa, preceduta da una didattica sempre di questo tipo, quindi può aiutare a disinnescare i processi competitivi attraverso l’utilizzo di strumenti quali autovalutazione o la valutazione tra pari perché permettono di decentrare il giudizio dal soggetto e quindi di comprendere che il feedback è dato sull’ apprendimento e non sulla persona.

Quali sono le difficoltà che si incontrano nell’applicare la valutazione descrittiva?

Nonostante la letteratura da decenni sia consolidata ed evidenzi chiaramente i benefici del riscontro descrittivo e l’inefficacia delle valutazioni sintetiche, continuano ad esserci difficoltà sia di formazione (e quindi di competenze) degli insegnanti, sia culturali.

Oltre i punteggi: il potenziale dei dati INVALSI che dovremmo imparare a sfruttare

Ci spiega meglio?

In generale diciamo che è più facile mettere i voti piuttosto che dare un giudizio descrittivo, poiché prendersi il tempo per strutturarlo significa pensare a priori quali siano gli obiettivi e le caratteristiche dell’attività didattica che si intende realizzare. Per fare ciò è necessario un lavoro metodologico che richiede una buona competenza; troppo spesso però le competenze metodologico-didattiche dei docenti non sono molto forti e non si investe adeguatamente in esse.

Ad oggi per insegnare alla scuola secondaria o all’ Università non esistono percorsi strutturati dal punto di vista metodologico-didattico. Questo tipo di formazione è prevista solo per gli insegnanti della scuola primaria, mentre più si sale di grado più gli insegnanti hanno carenze dal punto di vista metodologico-didattico. La valutazione descrittiva, inoltre, implica una iniziale fatica per il docente, poiché richiede un cambio di routine, che però è ripagata con un miglioramento del lavoro: gli studenti in questo modo apprendono di più e meglio.

Le scuole e i docenti che vogliono utilizzare il metodo della valutazione educativa devono quindi essere consapevoli che esso richiede un investimento di tempo verso competenze metodologiche-didattiche e anche uno sforzo verso un cambiamento della routine.

Prima accennava anche a degli elementi culturali che ostacolano il ricorso alla valutazione descrittiva. Può dirci qualcosa di più?

Gli ostacoli culturali sono molteplici. Da un lato c’è un fattore di abitudine degli insegnanti all’utilizzo della valutazione numerica e per questo continuano a preferire i numeri a una valutazione di tipo descrittiva perché sono sollevati dall’urgenza di dover parlare e descrivere.

E oltre all’abitudine degli insegnanti a utilizzare il voto esiste un problema di pressione sociale: nei contesti scolastici e non, i ragazzi a partire dalla preadolescenza sono spronati (dalle famiglie e non solo) ad essere i migliori e a primeggiare sui propri coetanei.

Questo genera delle problematiche nell’applicazione della valutazione descrittiva: da un lato alcuni docenti non vogliono o non riescono ad applicarla in aula ma, anche quando queste difficoltà iniziali sono superate, emergono problematiche legate alla pressione sociale che sostiene dinamiche competitive tra gli studenti.

Oltre la cattedra: valutare, non giudicare

Ma la valutazione educativa può essere introdotta in tutti i gradi di scuola?

Sì. La normativa di riferimento, ossia DPR n. 122 del 2009 prevede, per ogni grado scolastico, sia l’obbligo di esplicitare la motivazione sia l’obbligo di mettere un voto alla fine del quadrimestre. Gli insegnanti di ogni ordine e grado quindi possono utilizzare in itinere la valutazione descrittiva la quale, alla fine di ogni quadrimestre, può concorrere a definire il voto numerico dell’alunno.

Ovviamente considerando i diversi cicli scolastici alcune caratteristiche di questo tipo di valutazione cambiano dal momento che crescendo gli studenti acquisiscono maggiore autonomia. Ci sono quindi degli aspetti che cambiano il principio di base rimane lo stesso.

Da ultimo, gli studenti che valutazione chiedono?

Probabilmente i ragazzi desiderano una valutazione giusta che permetta loro di imparare. Infatti da qualche anno studenti e studentesse si stanno riappropriando del proprio diritto di avere una valutazione buona ossia a una valutazione educativamente fondata.

A tal proposito, lo statuto delle studentesse e degli studenti del 1998 stabilisce il diritto a una valutazione trasparente e tempestiva volta a migliorare l’apprendimento attraverso l’autovalutazione. Gli studenti sanno sempre di più che hanno questo diritto e stanno sviluppando uno sguardo sempre più maturo sul tema. Direi che la valutazione educativa è una risposta in questo senso.

 

 

Foto di copertina: Taylor Flowe, Unsplash