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Il 4 giugno su Corriere Buone Notizie, inserto settimanale del Corriere della Sera, è stata pubblicata un’inchiesta curata da Percorsi di secondo welfare sui Fondi Sanitari Integrativi. Di seguito trovate la riflessione della nostra direttrice, Franca Maino, sulle opportunità occupazionali legate alla sanità integrativa e sulla necessità di percorsi accademici che possano formare professionalità sempre più adeguate ad affrontare le sfide che vengono da questo mondo. Qui invece potete leggere l’articolo di contesto scritto da Paolo Riva e consultare l’infografica curata da Sabina Castagnaviz.

 

Oggi la diffusione della sanità integrativa non solo risponde ad un aumento dei bisogni sanitari e al concomitante ridimensionamento dell’offerta pubblica, ma può fornire anche nuove opportunità occupazionali. L’attuale mercato della sanità privata, in grande fermento grazie anche ai piani di welfare aziendale, che nella maggior parte dei casi prevedono la sottoscrizione di fondi collettivi, il rimborso di prestazioni mediche e programmi di screening, ha infatti bisogno di figure professionali in grado di mettere in relazione una domanda sempre più esigente con un’offerta sempre più variegata. Le trasformazioni in atto nella sanità – pubblica e privata – richiedono operatori capaci di analizzare le collettività, i relativi bisogni, determinare gli strumenti quantitativi e qualitativi per ideare piani sanitari adeguati e sostenibili. Ma anche di misurare l’impatto economico di questi ultimi e verificarne sistematicamente nel tempo i risultati e gli effetti concreti sulla vita delle persone. Questo a livello individuale, di gruppi sociali e di categorie occupazionali.

C’è quindi bisogno di professionisti che sappiano “disegnare” i servizi tenendo conto degli aspetti gestionali, che siano in grado di occuparsi dell’erogazione delle prestazioni e dei meccanismi rimborsuali, che possano destreggiarsi tra i numeri relativi ai comportamenti di spesa degli iscritti ai fondi ma anche elaborare e interpretare modelli di analisi dei costi delle strutture e dei servizi offerti. Professionisti che, inoltre, sappiano quale ruolo gioca oggi la comunicazione nell’accrescere la consapevolezza dei pazienti circa le opportunità legate alla sanità integrativa, in particolare se di impianto mutualistico e declinata su scala territoriale. Essere in grado di utilizzare questa leva fondamentale, ma troppo spesso trascurata come dimostrano i dati di accesso spesso ancora troppo bassi di tanti fondi integrativi, è infatti strategico.

Nell’attuale contesto, tali figure – specializzate in una o più delle competenze appena evocate – potrebbero così trovare sbocchi professionali in ambiti differenti, ma verosimilmente destinati a entrare sempre più in contatto: fondi sanitari integrativi e società di mutuo soccorso, provider di welfare aziendale e compagnie assicurative, enti e strutture che si occupano a vario titolo di regolazione, monitoraggio ed erogazione dei servizi sanitari.

Appare dunque opportuno pensare alla strutturazione di percorsi formativi accademici, soprattutto di livello magistrale, volti a fornire competenze adeguate e pluridisciplinari in grado di combinare hard e soft skills e rispondere alle molteplici sfide legate a un settore in profondo mutamento e che nei prossimi anni, complici i cambiamenti demografici, economici e sociali sempre più evidenti, sarà ancora più complesso. La sanità integrativa, come mostrano diverse esperienze, può essere un importante incubatore di professionalità. La crescita di questo comparto anche dal punto di vista lavorativo richiede tuttavia che i diversi soggetti che operano nel settore, in sinergia con il sistema universitario, siano in grado di mettere più esplicitamente a tema questa tendenza, anche per promuovere un dialogo fra sanità pubblica e sanità integrativa sempre più proficuo. 


Questo articolo è stato pubblicato su Buone Notizie del 4 giugno 2019 ed è stato realizzato nell’ambito della collaborazione tra Percorsi di secondo welfare e il settimanale del Corriere della Sera.