Lunedì 8 aprile alla Scala di Milano si è svolto "Futuro (per il) prossimo", un grande evento con cui Fondazione Cariplo ha voluto fare il punto sui risultati raggiunti sotto la guida dell’attuale board. In tale occasione il Presidente Giuseppe Guzzetti, che dopo 22 anni lascerà la guida dell’ente, ha voluto tracciare un bilancio su quanto fatto in questi anni e, soprattutto, indicare alcuni punti fermi che dovranno guidare Fondazione Cariplo anche in futuro. Ve lo proponiamo di seguito.
Abbiamo scelto un titolo per questo nostro incontro che ben compendia il cuore di questa Fondazione: il Prossimo ed il futuro. Oggi non finisce nulla, si guarda avanti, si va avanti, uniti con la stessa passione a lavorare per un futuro migliore per la nostra società. Il Prossimo è stato in questi anni, e sono certo lo sarà ancora, la stella polare che ha guidato la Fondazione Cariplo e il sistema delle Fondazioni in Italia. Sono certo che guiderà la Fondazione anche con la “nuova” Commissione Centrale di Beneficenza, il nuovo presidente, il nuovo CDA, il nuovo collegio sindacale.
Il Prossimo per noi ha avuto per noi mille volti: la famiglia, i bambini, gli uomini, le donne, gli anziani, gli svantaggiati, gli emarginati, gli immigrati. Ma soprattutto i giovani. I giovani, di solito, vogliono cambiare il mondo. Non commettiamo un errore giudicando malamente i nostri giovani: sembrano assenti – ma forse lo sono perché non gli offriamo occasione di partecipazione -, sembrano lontani, e invece ci chiedono di dare una mano per poter cambiare questo Paese. Sono i giovani che animano le nostre associazioni e il volontariato, ma sono soprattutto i giovani che sono ai margini della nostra società, che sono fuori dalla nostra comunità. Pensate che più o meno 200 mila giovani in Lombardia, nella regione che dovrebbe essere "più avanti", non studiano, non lavorano, non cercano lavoro. È un dato impressionate che dovrebbe impegnare tutti, le pubbliche istituzioni e i privati, per eliminare questa piaga tremenda.
Quanto possono fare i giovani lo stiamo vivendo in questi giorni. Una giovane ragazza svedese mobilita il mondo perché i potenti della terra prendando consapevolezza che continuando ad inquinarlo lo distruggeremo. Le nuove generazioni non vogliono e non possono accettare questa prospettiva per loro. Due ragazzi salvano i loro compagni su un pullman, comportandosi più che fossero uomini. Un quindicenne affronta i fascisti e oltre, per gridargli in faccia che stanno strumentalizzando la paura dei cittadini di un quartiere.
A questi giovani, e a migliaia di giovani come loro, la nostra Fondazione ha provato a dare risposte. Certo piccole risposte, ma sono state esperienze che possono essere usate, ad esempio, per generare una sorta di onde concentriche che si allargheranno ben oltre le nostre comunità locali. La Fondazione Cariplo ha scritto una bella storia che ha il potere di generare un moto di emulazione, producendo un sentimento collettivo che spinge dalla parte giusta, soprattutto i nostri giovani che hanno il diritto di guardare il futuro con speranza contrastando quella cappa di odio, di rabbia, di pessimismo, di litigiosità che si sta diffondendo in mille modi. Al di là dei tanti soldi che abbiamo distribuito, l’orgoglio sta nell’averli distribuiti bene se è vero, come è vero, che su 30mila interventi e 3 miliardi erogati non c’è stata una contestazione, una polemica. Il merito di tutto ciò e di chi lavora in Fondazione Cariplo.
Credo di poter dire che con la nostra azione siamo stati un fattore di rafforzamento del pluralismo e della democrazia nel nostro Paese. La nostra attività è stata un’operazione culturale, forse non avvertita ma reale, di diffondere germi buoni, anticorpi robusti in queste nostre comunità messe alla prova dalla quotidianità, alle prese con mille problemi e con le risorse sempre più scarse di Stato ed enti pubblici. Abbiamo incontrato ed aiutato famiglie che lottano contro la povertà, la disoccupazione, le malattie, la disabilità, la vecchiaia.
Le fondazioni comunitarie e il welfare di comunità hanno fatto riscoprire questa dimensione di vita fondamentale in una società, una dimensione di vita nella quale si stabiliscono rapporti, legami tra cittadini: chi sta meglio riscopre di poter fare il bene non solo per le vittime dello tsunami o di Haiti, o per aiutare quelle persone nei territori del nostro Paese che sono colpiti da calamità naturali. A chi vive nella comunità abbiamo dato l’occasione di fare del bene anche a chi vive nella porta accanto ed è in condizione di svantaggio rispetto a chi sta bene. Diffondendo una cultura positiva, quella del "si può fare", di fronte a difficoltà e strade a prima vista insuperabili.
Migliaia di lombardi e piemontesi si sono impegnati con noi a rendere le nostre comunità più coese, più vivibili. Insieme – e estendo questo discorso ai colleghi delle altre Fondazioni che sono in sala – abbiamo generato la credibilità verso un mondo che qualche anno fa veniva visto come il cosiddetto "terzo settore", intendendolo come l’ultimo dopo quello pubblico e quello privato. Ma oggi il terzo settore è certamente (almeno) il secondo, e ancora con noi e con tante altre fondazioni private svolge un’azione fondamentale di rafforzamento del pluralismo per eliminare i problemi sociali più drammatici. Noi e loro abbiamo questa possibilità: rafforzare il pluralismo. Oggi il terzo settore ha guadagnato la dignità che tutti gli riconoscono. Anzi l’orgoglio è che oggi, a volte, esso guida le scelte, detta la via di fronte a quella che chiamiamo "innovazione sociale".
I membri dei nostri organi, i nostri dipendenti – no, scusate, "collaboratori" – sono i veri protagonisti di questa nostra Fondazione. Hanno operato in sintonia con entusiasmo e generosità e, soprattutto, hanno operato con grande competenza e professionalità; mai freddi burocrati, come se tutti fossero consapevoli, tacitamente, che stavano vivendo un momento importante della loro vita, che potevano cambiare la società con la propria azione.
La collaborazione della Fondazione con Stato, Regioni e Comuni, in primis con il comune di Milano, è sempre stata forte e positiva; in particolare con l’amministrazione Sala che è molto attenta sui temi su cui noi operiamo: la povertà, i quartieri, le periferie. Potevamo accontentarci di erogare bene i soldi, invece ci siamo presi l’impegno di contrastare la povertà delle famiglie, soprattutto quella dei bambini: 21 mila sono in povertà assoluta nella sola Milano; 1 milione 200mila e più in Italia. Non possiamo accettare questi disagi sociali. In tre anni questa povertà dei bambini di Milano sarà estirpata! Prendo questo impegno sapendo che sarà un impegno che manterremo.
In questo senso il piano nazionale per contrastare la povertà educativa, realizzato con Acri insieme all’impresa sociale Coi Bambini ha portato a risultati incredibili. Il consuntivo dei primi tre anni di attività 2016-2018 documenta che abbiamo strappato dalla povertà educativa tra i 400 e i 500mila bambini. Non sono dati per la comunicazione, sono dati a consuntivo che indicano un metodo: si possono utilizzare risorse in modo più efficace e più rispondente a questi bisogni. E ora, nonostante il minore impegno del Governo (vedi qui, ndr), si replica con il nuovo piano nei prossimi tre anni.
Non c’è futuro se neghiamo la speranza ai giovani che cercano lavoro e hanno voglia di mettere le loro capacità al servizio delle comunità, comunità che spesso non sono capaci di includerli. Abbiamo agito con Cariplo Factory, creando in tre anni più di 10mila nuove opportunità di lavoro; abbiamo dotato 76 istituti tecnici di laboratori all’avanguardia (vedi qui, ndr).
Non avremo futuro senza l’Europa o disfacendo l’Europa. Sappiamo che l’Europa è in crisi ma da questa crisi non si esce distruggendo l’Europa, ma adando avanti nel realizzare quel disegno che i padri fondatori dell’Europa, e ancora prima i confinati a Ventotene, avevano indicato: gli Stati Uniti d’Europa. Oggi sembra utopia, ma sull’utopia ha camminato il mondo. I nostri giovani ci chiedono di fare utopia anche sull’Europa!
Non c’è futuro per un Paese che nega la serenità di quegli anziani e quelle persone con disabilità che meritano di essere poste al centro delle politiche sociali. Sono parole che in questi anni ho spesso ripetuto, con determinazione, per scuotere le coscienze di chi si rassegna a veder scorrere gli eventi. Parole che la Fondazione ha fatto proprie e che ha condiviso con le migliaia di persone, organizzazioni e istituzioni con cui in questi anni ha collaborato. Ne sono scaturite esperienze e fatti concreti che potevano sembrare impossibili. Ma la determinazione, l’impegno e il coraggio che tutti hanno messo in campo nella nostra Fondazione, comprendendo le necessità di un contesto e di un particolare periodo storico in cui era, ed è, necessario che l’innovazione sociale nasca e cresca dal basso. È una spinta che ha fatto bene e che ha attutito tante sofferenze.
È stato così, ad esempio, per l’avvio di un nuovo welfare di comunità, per la creazione di opportunità di lavoro, per la gestione e la valorizzazione della cultura e dei beni artistici, che sono un tesoro davvero prezioso. Siamo di fronte ad una rinascita, necessaria, dell’impegno civile. Oggi abbiamo di fronte impegni sociali che richiedono lena di lungo periodo per tutti: enti pubblici, privato sociale e privati; oggi abbiamo la fortuna di avere tante imprese che fanno welfare aziendale, che dentro e fuori l’azienda sta dando un contributo molto importante per affrontare i problemi sociali.
Siamo di fronte a cambi, stravolgimenti epocali, dei paradigmi tradizionali, legati al digitale, allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, ai cambiamenti climatici, ai problemi e alle opportunità collegate ai flussi migratori, all’interconnessione delle economie mondiali. Questi problemi oggi generano paura, rabbia, litigiosità, invece che produrre l’impegno che serve per risolverli. Si può sfruttare questa paura, questa rabbia, forse per aumentare il consenso, dando la responsabilità – come può essere in parte anche vero – a chi ha amministrato prima. Ma questa stiauzione merita risposte e non strumentalizzazioni: giocando su questi sentimenti si corrono rischi mortali. Papa Francesco di ritorno dal Marocco ai giornalisti ha detto questa frase “la paura è l’inizio della dittatura”. Forse tutti dobbiamo farci un buon esame di coscienza. Non si scherza con il fuoco che appiccato può anche sfuggire di mano all’appiccatore.
Il priore di Bose, il monaco e biblista Luciano Manicardi ha dato alle stampe un libro dal titolo “Spiritualità e politica” e che ha un sottotitolo importante: "costruire un futuro di speranza oltre la paura". Vorrei citarvi un paio di frasi: “La qualità della politica è legata alla qualità umana di chi si impegna in essa alla sua capacità di governare se stesso: come i profeti biblici che spesso in situazioni storiche di tenebra hanno saputo creare futuro e dare speranza, e la speranza ha il suo effetto nell’oggi aiutando gli essere umani a vivere, ad orientarsi e camminare insieme”. E più avanti scrive ancora: “La responsabilità per gli altri è direttamente la responsabilità per il futuro e per le generazioni future”.
Cuore, competenza, determinazione, attenzione per i più deboli, per il prossimo, sono la cifra di lavoro in questa nostra Fondazione Cariplo. Ho detto tante volte che ho avuto la fortuna di concorrere a creare una squadra – credo possiamo dire una famiglia – in Fondazione Cariplo, che viene riconosciuta a Milano, Roma, Bruxelles, in Italia e all’estero, come ente che traccia strade che mai nessuno aveva percorso; perché oltre alla vostra competenza, professionalità avete messo tanto impegno, tanta passione nel vostro lavoro; possiamo dire che avete vissuto la Fondazione.
Questa bella, bellissima storia per me ha un lieto fine, ma per voi non ha una fine. Semplicemente inizia un’altra storia. Questa storia per tutti voi deve proseguire. Mi dicono che siete un po’ preoccupati del dopo Guzzetti: via la preoccupazione! Sono sicuro che la mia storia, la nostra storia, quanto fin qui abbiamo fatto si fonderà perfettamente con la storia che seguirà.
Abbiamo ormai raccolto tutte le indicazioni per la nuova Commissione Centrale di Beneficenza. Posso dire che sarà un’ottima CCB. Ciò è una garanzia per il futuro di Fondazione Cariplo, per la sua autonomia per la sua capacità di continuare sulla via dell’attenzione ai bisogni sociali, all’innovazione sociale, alla ricerca scientifica, all’ambiente, all’arte e alla cultura. Ma soprattutto dove essere sicuro che i nuovi amministratori continueranno rispettare il vostro lavoro come io mi sono sforzato di fare in questi anni. E voi ne siete buoni testimoni di questo.
Il mio vero orgoglio non è per quello che ho fatto, ma aver potuto fare con voi delle buone cose. Nella mia azione c’è tanta Provvidenza con la P maiuscola, e ci siete voi. Assieme abbiamo scritto questa bella storia. Senza di voi non l’avremmo realizzata e non saremmo qui con tanti illustri ospiti a raccontarla. Tutto ciò proseguirà, sono certo.
Un’istituzione ben organizzata, che ha saputo creare relazioni vere e profonde, che guarda e guarderà sempre al futuro con la consapevolezza di dare un contributo perché questo futuro sia meglio del tempo che viviamo, è una garanzia per tutti. Soprattutto per la democrazia. So che non deluderete le aspettative; non lo avete mai fatto. Chi verrà dopo di me potrà stare tranquillo di avere in voi quel supporto, quell’impegno che ha fatto grande questa Fondazione e la farà grande anche in futuro.
Amo immaginare che tra qualche anno si ripeterà questa celebrazione. E anche allora, non sarà la celebrazione di Giuseppe Guzzetti o di chi mi seguirà, ma la celebrazione della Fondazione Cariplo e di chi in essa lavora. Grazie.