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Nel 2018 il Laboratorio Percorsi di secondo welfare è stato coinvolto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo (CRC) nella realizzazione di un’indagine volta a mappare le risposte pubbliche e private nel campo della disabilità intellettiva nella Provincia di Cuneo e a confrontare le opportunità presenti con le esigenze di persone con disabilità e famiglie. La ricerca si inserisce nel programma Orizzonte VelA, mirante a promuovere il diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità intellettiva, e si è proposta di approfondire gli ambiti del lavoro, dell’abitare, del progetto di vita e qualità della vita.

Abbiamo dedicato un primo approfondimento agli obiettivi e alla metodologia della ricerca, ispirati all’impianto partecipativo del programma: tutti i protagonisti locali del primo e del secondo welfare – ASL, enti gestori dei servizi socio-assistenziali, cooperative sociali e associazioni – hanno attivamente contribuito all’indagine, che aveva come obiettivo secondario proprio quello di favorire la collaborazione tra i diversi attori del territorio.

I dati raccolti dalla rilevazione degli operatori

I rappresentanti dei servizi pubblici, delle cooperative e delle associazioni sono stati coinvolti nel lavoro di mappatura (realizzata attraverso la compilazione di una scheda di rilevazione). Gli operatori sono stati invitati a raccogliere e descrivere tre tipi di iniziative:

  • servizi istituzionali: servizi e interventi che la letteratura riconosce quali funzioni essenziali e caratteristiche del welfare state nel campo della disabilità, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del soggetto attuatore (per esempio: strumenti di assistenza economica; servizi sanitari; collocamento mirato al lavoro; assistenza domiciliare educativa, assistenziale e sanitaria; strutture residenziali e semi-residenziali);
  • progetti specifici: attività, progetti sperimentali e singoli interventi promossi da attori del pubblico o del privato sociale che, spesso, concorrono al raggiungimento degli obiettivi dei servizi istituzionali ma presentano elementi di peculiarità e di variabilità che li distinguono da essi;
  • descrizione generale dell’operato di una cooperativa sociale di tipo A o B o di un’associazione.

Il lavoro di raccolta realizzato dagli operatori ha permesso di individuare 158 iniziative, di cui 149 legate a singoli quadranti e 9 operanti su più territori; la mappatura ha individuato un numero simile di servizi istituzionali (71) e progetti specifici (70), a testimonianza della ricchezza e varietà delle proposte che il territorio cuneese offre accanto ai servizi tradizionali; le descrizioni dell’attività ordinaria di cooperative e associazioni compaiono invece in numero residuale (17).

Le iniziative promosse sono state analizzate in base a diversi criteri (per un approfondimento è possibile consultare il report conclusivo della ricerca). I temi della ricerca – abitare, lavoro, progetto di vita e qualità della vita – hanno rappresentato la prima e principale lente di analisi delle iniziative mappate (v. tabella 1).

Tabella 1 – Analisi delle schede per tema

L’obiettivo più presente è la promozione della qualità della vita e del progetto di vita. Tale tema, per la sua formulazione, raccoglie progettualità di vario tipo. Sono inoltre molto diffusi i progetti che si pongono più obiettivi: la qualità della vita è sempre presente e affiancata dal lavoro e, più spesso, dall’abitare. Il tema del lavoro e quello dell’abitare appaiono invece affrontati con una frequenza decisamente inferiore. La distribuzione dei progetti e delle iniziative tra i temi di indagine appare omogenea tra i diversi quadranti.

Punti di forza e criticità dei servizi nei quattro quadranti

Come descritto nella metodologia di ricerca (approfondita nel primo articolo di questa serie), gli operatori locali sono stati coinvolti in quattro focus group – uno per ognuno dei quadranti della Provincia di Cuneo. Questi incontri avevano lo scopo di approfondire le iniziative mappate, anche al fine di escludere eventuali schede non in linea con l’impostazione della ricerca; ci si proponeva inoltre di far emergere alcuni elementi di forza e di criticità che, a livello locale, caratterizzano l’organizzazione dei servizi a tutela delle persone con disabilità intellettiva. Nei focus group sono così stati individuati quattro aspetti che sono stati approfonditi successivamente grazie a interviste in profondità con testimoni di riferimento per i singoli quadranti.

Coordinamento tra i servizi al lavoro

Questo tema è stato approfondito nel quadrante di Cuneo, dove sono emerse numerose e variegate iniziative in tal senso. Le interviste realizzate hanno permesso innanzitutto di sottolineare alcune dinamiche dei servizi locali di avviamento al lavoro, in particolare:

  • un’impostazione degli interventi che mira a preparare la persona al mondo del lavoro (piuttosto che a un mestiere preciso) e si concentra sulla funzione socializzante degli inserimenti lavorativi;
  • l’attenzione a realizzare azioni volte a supportare persone e aziende prima, durante e dopo l’inserimento lavorativo;
  • l’individuazione di precise qualificazioni e professionalità per le persone coinvolte nell’accompagnamento al lavoro.

La rilevazione si è poi concentrata sul coordinamento tra i diversi servizi e progetti mappati nel cuneese, riconosciuto dagli intervistati come il principale elemento di criticità nel campo del lavoro. La presenza di numerose iniziative non collegate tra loro, sebbene garantisca in teoria una maggior capillarità sul territorio, determina una consistente frammentazione dei servizi. Nonostante i criteri d’accesso rilevati siano pressoché identici e sebbene non manchi la disponibilità a collaborare sulle singole situazioni, non esistono stabili canali di comunicazione o occasioni di coordinamento che garantiscano una presa in carico unitaria. La persona, per poter conoscere tutte le offerte di lavoro che transitano attraverso questi servizi, deve accedervi di volta in volta: in questo modo la numerosità delle iniziative al lavoro non moltiplica le opportunità ma solo gli accessi necessari e gli oneri in carico alla persona. Le interviste hanno quindi evidenziato la necessità di rafforzare il lavoro di rete tra i diversi attori pubblici, privati e del privato sociale attraverso strumenti organizzativi e istituzionali (équipe multi-enti, tavoli di coordinamento provinciali o regionali, ecc.).
Varie forme dell’abitare

L’argomento è stato approfondito nel quadrante territoriale di Fossano, Saluzzo e Savigliano, dove sono emerse numerose iniziative che – nate su istanza degli enti pubblici o di genitori e famiglie – hanno potuto fare affidamento su un appoggio istituzionale e politico. L’elemento caratteristico e positivo di tutte le iniziative in questo campo è il rispetto dell’autodeterminazione della persona. La personalizzazione deve caratterizzare ogni aspetto degli interventi, a partire dalla scelta delle varie forme dell’abitare: da un inserimento temporaneo in una struttura residenziale alla dettagliata modulazione di azioni a supporto della domiciliarità. L’attenzione alla personalizzazione si traduce quindi in una predisposizione alla gradualità e flessibilità negli interventi, nei modi e nei tempi di azione.

Una criticità emersa è invece legata alle risorse: la difficoltà di programmare il budget a disposizione dei progetti nel lungo periodo limita la progettazione degli interventi stessi. La disponibilità di risorse a tempo limitato – derivanti, per esempio, da bandi annuali – talvolta impone invece ai servizi pubblici e privati un continuo sforzo di innovazione che non garantisce però fondi per il rafforzamento di servizi strutturali. Nel campo dell’abitare le interviste, se da un lato hanno evidenziato numerosi punti di forza, dall’altro hanno fatto emergere la necessità di rafforzare l’impianto personalizzato degli interventi. Gli intervistati sottolineano infine l’opportunità di favorire la nascita di partnership pubblico-private che possano lavorare insieme ottimizzando l’utilizzo delle risorse.
Sport e tempo libero

L’attenzione a offrire attività sportive e di tempo libero aperte anche – ed eventualmente non solo – alle persone con disabilità intellettiva è emersa con particolare rilevanza nel quadrante di Mondovì e Ceva. Le iniziative analizzate attraverso il confronto con i testimoni intervistati sono nate tutte da uno slancio di tipo volontaristico e sono promosse da associazioni locali. Tale origine, espressione di una significativa vitalità, determina percorsi di progettazione non sempre coerenti con le esigenze dei potenziali utenti e processi di sviluppo che si realizzano attraverso modalità variegate e strettamente condizionate dalla disponibilità di risorse.

Secondo gli intervistati la principale criticità in questo campo è il faticoso rapporto con gli enti pubblici, che potrebbero offrire risorse economiche e progettuali capaci di orientare meglio la progettazione delle iniziative e facilitare l’accesso a esse. Nel rapporto con gli enti pubblici le associazioni affrontano la difficoltà di doversi rapportare con attori diversi (ASL, servizi sociali, scuole) che tra loro raramente comunicano relativamente alle iniziative ricreative e di svago. Per questo motivo molte energie devono essere spese nel trovare ogni volta l’interlocutore più appropriato e disponibile al confronto all’interno di ogni ente. Le interviste hanno evidenziato un’altra caratteristica comune a tutte le iniziative: l’intenzione di coinvolgere il più possibile la cittadinanza nelle azioni realizzate. La partecipazione della popolazione locale garantisce infatti non solo la buona riuscita di un singolo progetto, ma anche la creazione – intorno a quel progetto – di un ambiente inclusivo che rafforza l’esperienza positiva della persona con disabilità.
Apertura dei centri diurni al territorio

Tutti gli incontri di quadrante hanno evidenziato questa tendenza, che sembra però essersi manifestata in maniera particolarmente accentuata nel quadrante di Alba e Bra. L’apertura dei centri, secondo gli intervistati, avviene in due sensi: da un lato questi servizi si aprono al territorio proponendosi come vera e propria risorsa per la comunità, organizzando iniziative rivolte a tutta la cittadinanza o anche solo mettendo a disposizione spazi inutilizzati; dall’altro i centri diurni aprono le loro porte promuovendo attività sul territorio, dalla realizzazione di servizi vari alla cittadinanza all’organizzazione di attività culturali e di sensibilizzazione che coinvolgono scuole e altri attori del territorio.

L’apertura dei centri diurni, secondo gli intervistati, è strettamente legata alla progettazione individuale: se da un lato il centro può essere una sorta di “palestra” in cui la persona con disabilità intellettiva allena alcune capacità per poi muoversi in autonomia all’esterno, dall’altro il progetto personalizzato non può avere l’apertura come solo e unico obiettivo (il coinvolgimento in attività esterne non è necessariamente la soluzione più appropriata per tutti). Un paziente lavoro di costruzione delle reti locali rappresenta un elemento facilitatore e, al tempo stesso, una conseguenza del processo di apertura dei centri diurni. Anche in questo caso quindi il rafforzamento delle reti, l’organizzazione di occasioni di coordinamento e il coinvolgimento dei protagonisti locali del sistema di welfare sono indicati come principali direttrici di sviluppo.

Un elemento di criticità è infine individuato nella capacità dei servizi pubblici e privati di diffondere un’informazione corretta rispetto ai centri diurni (spesso percepiti dalle famiglie come luoghi “chiusi”): l’approfondimento condotto nel quadrante ha evidenziato come sia possibile coniugare un servizio “tradizionale” – come il centro diurno – con attività esterne fortemente orientate all’autonomia e, al tempo stesso, alla personalizzazione dell’intervento.