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Le Fondazioni di impresa italiane negli ultimi anni si sono dimostrate sempre più rilevanti nel panorama del secondo welfare, sia per l’efficacia delle iniziative sociali promosse che per la propensione a collaborare con le realtà del Terzo settore in una prospettiva di filantropia strategica. Per questo una ricerca di Fondazione Bracco, Fondazione Sodalitas e Percorsi di secondo welfare ha "fotografato" queste realtà a quasi 10 anni dalla precedente mappatura realizzata nel nostro Paese. Se ne parla nella nostra inchiesta pubblicata su Corriere Buone Notizie del 17 settembre. Di seguito trovate l’articolo di contesto di Paolo Riva e l’infografica con i dati principali della ricerca; qui invece potete leggere il commento di Franca Maino sulle principali evidenze dell’indagine.

 

Un sistema solare poco conosciuto”. Era il settembre 2018 e, proprio su queste pagine, il settore delle fondazioni d’impresa veniva definito così. A un anno esatto di distanza, i piccoli e grandi pianeti che lo compongono sono stati contati, studiati, esplorati. E oggi, grazie a un nuovo rapporto, abbiamo molte più informazioni per capire come potrà evolversi in futuro questa porzione di quella grande galassia che è il Terzo settore italiano. La ricerca “Le fondazioni di impresa in Italia”, presentata il 18 settembre a Milano nella sede di Assolombarda, è stata promossa da Fondazione Bracco e Fondazione Sodalitas e realizzata insieme a Percorsi di secondo welfare.

L’obiettivo, spiega Diana Bracco, presidente dell’omonima Fondazione, è “colmare un vero gap di conoscenza, scattando la fotografia aggiornata di un comparto assai dinamico”. Per definire una fondazione d’impresa o, in inglese, corporate foundation, la ricerca ha tenuto conto di tre caratteristiche: essere costituita da un’impresa; avere una personalità giuridica distinta dall’impresa fondatrice; avere nell’impresa fondatrice la principale fonte di risorse e/o avere una presenza significativa presenza dell’impresa fondatrice nella governance. Il punto è centrale perché l’Istat, nelle sue rilevazioni, non fa distinzioni all’interno del grande insieme delle fondazioni, mettendo le corporate foundation insieme ad altre fondazioni ben più numerose come quelle private e bancarie. Il risultato è che il settore sconta una perdurante carenza di dati e informazioni.

L’ultima rilevazione realizzata in Italia sul mondo delle corporate foundation ha più di dieci anni, e – spiega ancora Diana Bracco – da allora molto è cambiato”. Secondo la presidente di Fondazione Bracco, sono nate nuove fondazioni e, contestualmente, è aumentata la centralità delle stesse nella strategia delle imprese. Per i ricercatori di Secondo Welfare, ad essere cresciuta è “la consapevolezza del ruolo che le fondazioni di impresa giocano nello sviluppo dei territori, nella crescita del benessere dei cittadini e nella coesione delle comunità”. A confermarlo sono i dati, che evidenziano punti di forza, debolezze e opportunità di ulteriore crescita.


 

 

La ricerca conta in Italia 111 fondazioni d’impresa. Lo studio precedente, commissionato nel 2009 sempre da Sodalitas, ne aveva censite 131. Da un lato, la crisi si è fatta sentire, con diverse cessazioni. Dall’altro, molte realtà sono nate negli ultimi anni: ben diciassette dal 2011 ad oggi, segno di “interesse e dinamismo”. Complessivamente, i numeri rimangono inferiori rispetto a quelli di altri paesi europei, con la Francia che ha oltre 500 fondazioni d’impresa e la Germania più di 400. Le cause del distacco sono fiscali, legislative, ma anche legate alle dimensioni delle aziende.

Nel nostro paese, il tessuto industriale è composto in larga parte da piccole e medie imprese, per le quali è difficile e costoso creare una fondazione. Logico quindi che la maggior parte delle corporate foundation censite derivi da aziende di medio-grandi dimensioni: il 74 per cento di esse ha più di 1.000 dipendenti e il 26 oltre diecimila. Altrettanto logico è che questa dinamica si rifletta sulla diffusione territoriale, molto squilibrata: quasi tre quarti delle organizzazioni ha sede al nord. La Lombardia ne conta ben 50 mentre Puglia e Sicilia ne hanno una ciascuna, Calabria e Sardegna nessuna.

Ma esattamente cosa fanno queste fondazioni d’impresa? Come? Dove? E con chi? Queste organizzazioni possono realizzare loro stesse dei progetti sociali, finanziare i progetti di altri enti oppure fare entrambe le cose. I campi nei quali sono più attive sono istruzione, cultura e ricerca, nella maggior parte dei casi nei propri territori di riferimento oppure a livello nazionale, mentre la presenza all’estero si è ridotta. A livello di collaborazioni, i partner più comuni sono gli enti non profit, seguiti dalle università, da altre fondazioni e dai Comuni.

Un’attenzione particolare merita il rapporto delle fondazioni con l’impresa fondatrice, per descrivere il quale la ricerca ha usato l’espressione “grandi imprese, piccole fondazioni”. Pur essendo collegate in molti casi ad aziende di dimensioni considerevoli, spesso multinazionali, il 63 per cento delle Fondazioni riceve al massimo un milione di euro. Risorse tutto sommato limitate che si riflettono sull’organizzazione del lavoro delle fondazioni, che “possono contare su pochi dipendenti (due, in media) coadiuvati da figure con contratti flessibili, oppure lavoratori distaccati dell’impresa fondatrice”.

Eppure, nonostante questi fattori condizionino il loro operato, le fondazioni d’impresa, secondo gli autori della ricerca, potrebbero continuare a crescere, aumentando il loro protagonismo e portando nuove risorse e maggiore innovazione nel mondo del Terzo settore e del secondo welfare. Anche i dati di altri studi sembrano confermarlo. Il primo è della Fondazione Lang, per la quale, nel 2015, il totale delle erogazioni delle fondazioni di impresa italiane è stato di circa 200 milioni di euro. Il secondo riguarda più nello specifico il sostegno ai giovani: tra il 2011 e il 2014, le iniziative intraprese in questo campo dalle principali corporate foundation sono state 334, per un importo totale di quasi 49 milioni di euro, equivalente a circa l’1,2% della spesa pubblica per politiche a supporto del lavoro giovanile.

Cifre come queste, secondo Adriana Spazzoli, sono la conferma che “il modello delle fondazioni d’impresa può avere un forte potenziale di sviluppo nei prossimi anni”. Per attuarlo pienamente, secondo la presidente di Fondazione Sodalitas, “è necessario puntare su collaborazioni più forti e sistemiche sia tra le fondazioni d’impresa, sia tra queste e i principali stakeholder pubblici e privati. Ed è altrettanto importante, conoscere meglio, approfondire e valorizzare le possibili aree di integrazione, sinergia e relazione tra la strategia di Corporate Responsibility dell’azienda e i programmi per la generazione di impatto sociale della fondazione”.

 

Questo articolo è stato pubblicato su Buone Notizie del 17 settembre 2019 ed è stato realizzato nell’ambito della collaborazione tra Percorsi di secondo welfare e il settimanale del Corriere della Sera.