4 ' di lettura
Salva pagina in PDF

Ogni mese Secondo Welfare cura un’inchiesta su Buone Notizie del Corriere della Sera per approfondire i grandi cambiamenti in atto nel nostro Paese sul fronte del welfare. Nell’approfondimento del 20 luglio 2021 ci siamo occupati di asili nido. Di seguito Paolo Riva ci aiuta a contestualizzare la questione con dati e opinioni di esperti del tema, mentre qui Chiara Agostini riflette sul ruolo educativo che occorre riconoscere ai nidi.

Che un piano dedicato alla prossima generazione europea finisse per finanziare degli asili nido era quasi scontato. Il punto è come, dove e con quale efficacia sarà in grado di farlo. Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il PNRR sostenuto dai fondi europei di Next Generation Eu, un capitolo significativo è dedicato ai bambini dagli 0 ai 6 anni. In particolare, sono previsti 4,6 miliardi per “la costruzione, riqualificazione e messa in sicurezza degli asili e delle scuole dell’infanzia”. Come i fondi verranno suddivisi tra i primi e le seconde non è ancora chiaro. Quel che è certo è che ad avere più bisogno sono gli asili nido, per i quali sono anni che si discute di un potenziamento.

La situazione dell’Italia

Il nostro Paese è ben al di sotto dell’obiettivo europeo che fissa al 33 per cento il rapporto tra posti disponibili e numero di bambini tra zero e due anni. L’Italia supera di poco il 25 per cento, ma con differenze territoriali abissali: si va dal 45 per cento della Valle d’Aosta al 9 della Campania, dal 42 dell’Umbria al 10 della Sicilia. Grandi divari esistono anche tra le aree urbane e quelle interne e tra zone diverse all’interno delle città. C’è poi la questione socioeconomica, che riguarda trasversalmente larga parte del paese.

A non frequentare il nido sono soprattutto figli e figlie di genitori a basso reddito e a bassa scolarizzazione, spesso in famiglie in cui vi è un solo lavoratore”, spiega Lorenzo Bandera di Percorsi di secondo welfare. “Paradossalmente, i bambini che più trarrebbero giovamento da esperienze educative extra familiari di qualità sono i primi ad esserne esclusi”, aggiunge il ricercatore1.

Chiarire gli obiettivi per evitare i rischi

Gli asili nido hanno effetti positivi sulla conciliazione vita-lavoro e sull’occupazione femminile, ma sono importanti innanzitutto per bambini e bambine, che vi trovano l’opportunità di sviluppare appieno le proprie capacità, contrastando la povertà educativa. Per questo, “i fondi del PNRR sono un’opportunità, ma bisogna fare attenzione a non riproporre le disuguaglianze esistenti”, avverte Christian Morabito, ricercatore per Save the Children Italia. In tal senso, sarebbe importante avere obiettivi regionali e quote minime di asili pubblici, che il PNRR al momento non prevede.

L’Alleanza per l’infanzia spinge perché si raggiunga in ogni regione il tetto Ue del 33 per cento, non accontentandosi di una media nazionale che, per quanto detto, sarebbe illusoria. Per farlo, ha stimato in un documento di proposte, servirebbero 4,8 miliardi di euro, una cifra superiore a quella stanziata dal piano di ripresa. Non è l’unica criticità.

Aldo Garbarini, del Gruppo nazionale nidi e infanzia, teme “le cattedrali nel deserto”. I nodi sono due. Da un lato, ci sono i finanziamenti a pioggia, da evitare. “Gli asili vanno aperti dove servono, grazie a un lavoro di analisi dei bisogni fatto insieme agli enti locali”, prosegue. Dall’altro lato, ci sono i costi di gestione, coperti oggi dai Comuni e dalle famiglie con le rette. Il rischio è che certi municipi si ritrovino con un asilo, ma non con le forze economiche per farlo funzionare. “Il PNRR porterà dei benefici se, parallelamente, lo Stato investirà dei fondi anche per i costi di gestione”, conclude Garbarini.

Sempre secondo l’Alleanza per l’Infanzia, sono necessari circa quattro miliardi all’anno per avere asili nido gratuiti, senza costi per Comuni e famiglie. “Può sembrare una cifra folle – commenta Morabito – ma potrebbe essere inizialmente coperta anche da altri fondi Ue. E, soprattutto, sarebbe un investimento che si ripaga in fretta perché crea posti di lavoro e aumenta l’occupazione femminile”.

Riconoscere il ruolo del Terzo Settore

Anche per la portavoce del Forum Terzo Settore Claudia Fiaschi, “è importante abbassare i costi delle famiglie, soprattutto dopo la pandemia”. Fiaschi, che è anche vicepresidente del Consorzio Pan – Servizi per l’infanzia, sottolinea come, nella partita degli asili nido, il terzo settore giochi un ruolo importante: “il 58 per cento dei servizi all’infanzia è gestito da cooperative e associazioni, che rappresentano un presidio particolarmente forte nelle aree più difficili”. Eppure, finora, il non profit è stato poco coinvolto dal Governo nei lavori per la ripresa.

Lo ha scritto anche Fondazione Italia Sociale: “sarebbe stato utile che il PNRR avesse identificato con maggior forza il ruolo del terzo settore come riferimento strategico e interlocutore privilegiato nella programmazione, progettazione ed esecuzione degli interventi previsti”. Almeno per gli asili nido, l’auspicio è che si recuperi nell’implementazione, che sarà guidata dal Ministero dell’Istruzione e che prevede l’aggiudicazione dei contratti di lavoro per asili e scuole entro la metà del 2023.

Prima di allora, sarebbe importante ascoltare cooperative e associazioni per capire i bisogni dei territori e spingere Regioni e Comuni a fare scelte oculate, per evitare proprio le cattedrali nel deserto evocate da Garbarini. Per Fiaschi, la strada da imboccare è quella della co-programmazione e della co-progettazione. “Nei servizi per l’infanzia – conclude la portavoce – c’è una storia di collaborazione tra enti locali e del terzo settore che ci auguriamo continui ad essere valorizzata. Perché è importante lavorare sugli edifici, ma soprattutto sulle comunità”.

Note

  1. Questi e altri dati sono ben spiegati da questo recente rapporto di OpenPolis-Con i Bambini, NdR

Questo articolo è stato pubblicato su Buone Notizie del Corriere della Sera il 20 luglio 2021 ed è qui riprodotto previo consenso dell’autore.