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Negli ultimi mesi, anche grazie alla pubblicazione del volume “Fare rete per fare welfare” scritto da Franca Maino e Federico Razetti, abbiamo parlato spesso del concetto di welfare aziendale territoriale. Un termine con cui si fa riferimento a quelle esperienze che – attraverso soluzioni aggregative, reti e network multi-attore – cercano di coinvolgere un ampio numero di attori di varia natura radicati sul territorio. In questa direzione, una interessante prospettiva di sviluppo che sta emergendo è quella che riguarda il coinvolgimento delle realtà pubbliche che si occupano di realizzare i servizi a livello locale. L’idea è quella di agevolare il dialogo e il collegamento tra tali soggetti – che di fatto gestiscono l’offerta pubblica di prestazioni di welfare del territorio – e le parti sociali, le imprese e i lavoratori che invece sono interessate dal welfare aziendale.

Il protocollo per l’integrazione tra welfare pubblico e aziendale nell’Alto Milanese

Cercando proprio di perseguire questo modello, tra il 2018 e il 2019 nell’Alto Milanese è nata un’esperienza interessante che ha coinvolto Cgil Ticino Olona, Cisl Milano Metropoli, Uil Lombardia e Milano, insieme a Confindustria Alto Milanese e Confartigianato Alto Milanese, e le Aziende Sociali del legnanese, del magentino, del castanase e dell’abbiatese (ASST Ovest Milano, Azienda Sociale Castanese, Azienda Sociale Magentina, Azienda sociale Legnano – Sole e l’Azienda Speciale per i Servizi alla Persona di Abbiategrasso).

La progettualità è nata con la firma di un accordo attraverso il quale i promotori si sono proposti di collaborare per incentivare la diffusione del welfare contrattuale e, allo stesso tempo, favorire la sua integrazione con il welfare di natura pubblica. Come punto di partenza sono state identificate delle linee guida comuni per raggiungere questo obiettivo come: il coinvolgimento diretto delle rappresentanze sindacali del territorio nei diversi processi che portano all’introduzione del welfare in azienda (l’analisi dei bisogni, la formazione dei dipendenti, ecc), la valorizzazione di eventuali finanziamenti pubblici per progetti e azioni di welfare occupazionale, il tentativo di coinvolgere le piccole realtà imprenditoriali del territorio, l’apertura dell’iniziativa anche ad altre associazioni datoriali e stakeholder del territorio, l’istituzione di una Commissione Paritetica territoriale con il compito di monitorare i risultati dell’intervento, raccogliere le istanze del territorio e proporre cambiamenti e innovazioni.

L’incontro tra domanda e offerta di servizi di welfare aziendale

Dopo alcuni mesi di dialogo e confronto, ad inizio 2019 il progetto ha preso il via. Come evidenziato dai sindacalisti Jorge Torre (Cgil Ticino Olona), Giuseppe Oliva (Cisl Milano Metropoli) e Stefano Dell’Acqua (Uil CST Ovest Milano Lombardia), oggi le imprese del territorio interessate possono accedere ad un’offerta di welfare aziendale molto particolare: attraverso il loro “credito welfare” i dipendenti possono infatti richiedere pacchetti di prestazioni direttamente alle Aziende Sociali pubbliche che gestiscono i servizi dei Piani di zona.

“Il welfare aziendale si sta diffondendo molto nel nostro territorio”, ha affermato Jorge Torre “spesso però, a causa di budget ridotti o per semplicità, i lavoratori e le imprese preferiscono utilizzare voucher per la spesa o per la benzina piuttosto che interventi di natura sociale. La nostra idea è stata quella di creare dei “buoni” finalizzati ad acquistare servizi di welfare: abbiamo quindi cercato di spostare il focus sulle possibilità di impatto sociale del welfare aziendale, cercando di dargli una valenza diversa”.

Grazie al coinvolgimento delle ASST (Aziende Socio-Sanitarie Territoriali) e delle altre imprese sociali pubbliche sono stati quindi creati dei “pacchetti” di prestazioni che comprendono analisi del sangue di vario tipo e visite mediche specialistiche (gastroenterologica, allergologica, dietologica, per la medicina sportiva, ecc.), sedute e terapie fisioterapiche, azioni di counselling, mediazione familiare, percorsi di sostegno psico-sociale, incontri e formazione per il sostegno alla genitorialità, psicoterapia, varie misure per l’assistenza domiciliare degli anziani e per il baby-sitting.Le prestazioni possono essere richieste confrontandosi direttamente con le Strutture pubbliche che erogheranno i servizi.

I Comuni in cui è stato sviluppato il progetto – cioè quello di Legnano, Abbiategrasso, Castano Primo e di Magenta – hanno anche ideato uno sportello per dialogare e comunicare con i lavoratori beneficiari. Va sottolineato che l’Azienda Sociale Castanese ha deciso di realizzare una piattaforma digitale per facilitare la scelta e la fruizione dei servizi: in questo modo l’offerta può essere consultata e “veicolata” al fruitore in maniera molto semplice. Si tratta di un’ulteriore innovazione “di processo” che caratterizza questa progettualità.

Tutti i pacchetti di interventi sono stati strutturati in maniera tale da non essere troppo costosi e quindi poter essere acquistati anche da chi ha un “budget welfare” non molto alto: nel legnanese è stato ad esempio attivato un centro estivo per i figli dei dipendenti dalla durata di due settimane dal costo di 200 euro. “Questa scelta” a detta di Torre, “è dipesa dal fatto che abbiamo cercato di coinvolgere le imprese di tutti i settori produttivi del territorio, partendo da chi ha inserito cifre legate al welfare nei livelli più alti della contrattazione. Ad esempio il CCNL del settore metalmeccanico prevede dal 2016 una quota da destinare in via obbligatoria al welfare aziendale: ci sembrava importante che questa cifra – seppur non molto alta – fosse investita in servizi sociali piuttosto che a semplici buoni spesa”.

“Inoltre”, ha continuato Torre, “ci sembra che questa possa essere un’opportunità anche per le aziende pubbliche del territorio. Se consideriamo che quest’anno tutti i lavoratori occupati nel solo settore metalmeccanico hanno ricevuto almeno 200 euro da spendere in welfare aziendale, significa che questo comparto da solo mobilita circa 3 milioni di euro totali: crediamo sia importante che queste risorse siano veicolate verso prestazioni sociali di qualità, offerte da soggetti del nostro territorio”.

Una nuova strategia per incrociare domanda e offerta di welfare aziendale

In sintesi, i soggetti coinvolti hanno messo in piedi una strategia che mira a creare nuovi punti di contatto tra quella che è l’offerta di prestazioni realizzate dai soggetti pubblici del territorio – e in particolare per quelli rivolti agli anziani e alla famiglia – e la domanda di servizi nel campo del welfare aziendale. In tal modo i lavoratori delle imprese del territorio che implementano azioni di welfare possono accedere ad un ampio bacino di prestazioni, certificate e di elevata qualità.

L’esperienza dell’Alto Milanese rappresenta perciò una prospettiva di sviluppo davvero rilevante in tema di welfare aziendale e, in particolare, delle sue varianti che si propongono di coinvolgere e fare rete con il territorio. Le ragioni di tale affermazione sono molteplici. In primo luogo, il progetto mette in connessione tra loro imprese, parti sociali e servizi del territorio allo scopo di dar vita ad un network complesso in cui attori di diversa natura dialogano e interagiscono per uno scopo comune. Inoltre vi è l’intenzione – soprattutto da parte delle rappresentanze sindacali coinvolte – di superare l’idea che le risorse destinate al welfare aziendale debbano essere spese solamente attraverso voucher o buoni spesa: si sono volute infatti valorizzare le prestazioni di welfare in senso stretto, fornendo al welfare aziendale una valenza sociale in grado di generare un impatto rilevante per i destinatari.

Infine, l’esperienza dell’Alto Milanese può rappresentare un nuovo territorio di sviluppo per le Amministrazioni Pubbliche locali che, attraverso i Piani di zona, definiscono le strategie di coordinamento per gli interventi socio-assistenziali del territorio. Tenendo conto infatti delle sempre meno risorse a loro disposizione, le società che si occupano di servizi sociali locali possono vedere nel welfare aziendale un’innovazione attraverso cui ottenere risorse “fresche”, che possono poi essere reinvestite in altre strategie territoriali: si tratta quindi di un circolo virtuoso grazie al quale il welfare privato finisce per finanziare quello pubblico.

A questo riguardo, una delle prospettive può essere quella di utilizzare le risorse veicolate attraverso il welfare occupazionale – quindi provenienti da soggetti privati, come le imprese – per sviluppare iniziative volte a garantire una maggiore inclusione sociale. Possono essere, ad esempio, promosse attività di formazione per i più giovani e i disoccupati, ma anche altre azioni rivolte alle persone vulnerabili come fatto dal progetto Valoriamo di Lecco (vuoi saperne di più?).