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L’8 ottobre, The European House – Ambrosetti ha presentato il rapporto “Smart Cities in Italia: un’opportunità nello spirito del Rinascimento per una nuova qualità della vita”. Quello delle smart cities, nel contesto dello sviluppo dei sistemi urbani, è del resto stato uno dei temi centrali del Forum Villa d’Este, che si è tenuto a Cernobbio dal 7 al 9 settembre. Pochi mesi fa, esattamente il 5 luglio 2012, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha emanato l’avviso per la presentazione di idee progettuali “Smart Cities and Communities and Social Innovation”. Sempre nelle scorse settimane Cittalia, il centro di ricerche dell’ANCI, ha pubblicato l’e-book “Il percorso verso la città intelligente”.
Il fiorire di iniziative attorno al tema della città smart pone sempre più le “ricette” per territori intelligenti al centro del dibattito nazionale ed internazionale sulle vie d’uscita alla crisi economica e sociale che sta investendo l’Europa. Vale quindi la pena riprendere alcuni dei più interessanti passaggi del report Ambrosetti e di quello Cittalia, che, da punti di vista differenti, affrontano il tema della smart city, mettendone a fuoco gli sviluppi più recenti, anche nella prospettiva delle sue ricadute nel settore delle politiche sociali.
 

Il rapporto “Smart Cities in Italia: un’opportunità nello spirito del Rinascimento per una nuova qualità della vita”
Il rapporto sulle smart cities di The European House – Ambrosetti si lega strettamente alle iniziative e al dibattito alimentato nel corso della 38ma edizione del Workshop Ambrosetti, tenutosi a Cernobbio pochi giorni fa, attorno ai temi delle strategie competitive e della smart economy. Ospiti di alto profilo come il Presidente del Consiglio Mario Monti, Jean Claude Trichet, Olli Rehn, Umberto Veronesi ma anche esperti di welfare come Esping-Andersen si sono confrontati sulle prospettive di sviluppo politico, economico e sociale, nel contesto nazionale ed internazionale: al centro del dibattito infrastrutture e smart cities, vale a dire la scommessa economica e sociale dei “territori intelligenti”.
Il report Ambrosetti prende le mosse dall’idea che le logiche e gli assetti tradizionali della città debbano essere ripensati, in ragione del fatto che “sistemi urbani più intelligenti ed efficienti non sono un’opzione ma diventano una necessità inderogabile”. Il percorso verso la città intelligente passa, secondo la ricerca, per i processi innovativi di natura tecnologica e sociale che devono essere attivati in risposta ai bisogni sociali emergenti nella società globale post-consumistica (consapevolezza di sé e del mondo, sostenibilità delle scelte, realizzazione di sé e crescita personale).
Negli ultimi anni si è assistito al proliferare di definizioni del concetto “smart city”, per questa ragione il rapporto cerca di fare chiarezza attorno all’espressione, facendo uso di uno schema potenzialmente molto efficace, che sintetizza le principali definizioni per categoria di stakeholders e ambito di focalizzazione. Come si può vedere nella figura 1, emerge chiaramente come l’elemento costante di tutte le definizioni sia quello di “sostenibilità”.

 

Fig. 1. Principali definizioni di smart city, per categoria di stakeholder e ambito di focalizzazione

Fonte: The European House – Ambrosetti, “Smart Cities in Italia: un’opportunità nello spirito del Rinascimento per una nuova qualità della vita”.

 

Le smart cities, nella visione che domina la ricerca, sono fondate su un cambiamento culturale e sociale teso a recuperare il concetto di “città ideale” del Rinascimento italiano (“un connubio di bellezza, organizzazione sociale, governo illuminato”). La strada, però, sembra essere irta di ostacoli, legati in primo luogo alla tendenza attuale, dei livelli di governo locale, a sperimentare risposte “smart” ai bisogni sociali emergenti – in particolare con riferimento ai modelli di mobilità urbana, alla trasmissione tramite tecnologie digitali dei dati in campo sanitario ed assistenziale, alla gestione strategica delle risorse energetiche e alla tutela dell’ambiente – che risultano spesso frammentarie e disperse (fenomeno che viene definito nel rapporto delle “agopunture intelligenti”). Il rischio è, secondo questa interpretazione, che tante città smart non rendano più smart il sistema paese.
La necessità di un piano organico, coordinato al livello nazionale, viene quindi tradotto nel rapporto in sette “proposte” che comprendono, tra le altre cose, la definizione di una visione generale del Paese in chiave smart, la riaffermazione del ruolo del Governo come organo di indirizzo di sistema e promotore delle condizioni di contesto (regole, metodo…), e la composizione degli interessi particolari di istituzioni centrali, locali e imprese per renderle più sinergiche e coordinate.
La ricerca cita inoltre le iniziative più importanti adottate a livello europeo e nazionale sul tema smart cities:
Patto dei sindaci
Piano strategico per le tecnologie energetiche
Smart Cities and Communities Initiative
Smart Cities and Communities European and Innovation Partnership
Bando MIUR
Piano Nazionale per le Città
Nelle conclusioni del rapporto viene messa a fuoco la principale sfida che le smart cities pongono alle amministrazioni locali: “[…] la sfida consiste nel garantire che le tecnologie siano realmente in grado di fornire una risposta efficace ai problemi di cittadini e imprese: all’adozione delle tecnologie va anteposto un chiaro piano. La città intelligente non può essere solo una sfida tecnologica; deve soprattutto essere una sfida sociale” [p. 18].

Cittalia: “Il percorso verso la città intelligente”
Un passo di ulteriore concretezza, verso una più chiara e pragmatica visione della città intelligente è quello compiuto da Cittalia, che con il suo e-book dedicato al tema mette in campo il punto di vista di amministratori locali, esperti del settore dell’innovazione tecnologica e delle politiche urbane, per un confronto aperto sulle sfide che attendono le città italiane che mirino ad essere genuinamente “smart”:

Come già accaduto in passato per altre espressioni, “smart city” si candida a diventare, per chi si occupa di innovazione delle politiche pubbliche e cambiamento nella pubblica amministrazione, la nuova moda dei prossimi anni. Su di essa infatti stanno convergendo il lavoro di analisi dell’accademia, l’interesse dei politici locali, gli indirizzi del Governo e, soprattutto, la disponibilità di finanziamenti europei e nazionali che, data la complessiva scarsità di risorse, rappresentano per le città e per interi comparti produttivi una rara occasione per dare un po’ di concretezza alle proprie ambizioni. Altrettanto concreto, però, è il rischio che questa locuzione si trasformi in una parola ameba, una di quelle parole che acquisiscono nel tempo così tanti significati che ciascuno può adottare a piacimento quello preferito per torcere il discorso a proprio favore [Paolo Testa, Direttore ricerche di Cittalia, “Il percorso verso la città intelligente”, p. 4].

Anche la definizione di smart city accolta nell’e-book di Cittalia ci sembra promettente e utile per orientare l’analisi: “quella città che, grazie alle opportunità fornite dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, favorisce la partecipazione dei cittadini nella definizione e nella realizzazione di un sistema integrato di politiche urbane sostenibili e mirate al miglioramento della qualità della vita di chi le abita” [“Il percorso verso la città intelligente”, p. 5].
Un punto in comune con l’analisi contenuta nella ricerca Ambrosetti è sicuramente rappresentato dal richiamo alle tradizioni imprenditoriali e commerciali e alle forti identità culturali delle comunità locali italiane del passato rinascimentale. Se le nostre città sono state un modello di sviluppo e crescita per l’intero globo, sottolinea Testa, lo si deve soprattutto all’esistenza di una “visione” del futuro, da parte dei governi locali, e della loro capacità di coltivare il capitale sociale traducendolo in investimenti sociali ed economici di grande innovatività:

Considerando questo assett in chiave contemporanea e cogliendo le opportunità generate dall’attuale contingenza economica, i decisori locali hanno oggi la grande occasione (e il dovere) di ridefinire un’idea di città “originale” e distintiva, che però si fonda su saperi secolari, su comunità ancora relativamente poco disgregate e su un sistema di welfare locale che, anche grazie al generoso contributo del volontariato sociale, ha limitato (almeno finora) le situazioni di disagio estremo. Una città intelligente sa, prima di tutto, cosa vuole diventare “da grande” e sa bene che l’applicazione su larga scala dell’ICT non può essere usata per nascondere l’assenza di politiche pubbliche efficaci [“Il percorso verso la città intelligente”, p. 5].

C’è poi un passaggio, nelle riflessioni di Testa, che arricchisce, problematizzandoli, temi presenti nel report Ambrosetti, e cioè la convinzione che l’enorme potenziale delle tecnologie (che rappresentano il “nocciolo” delle strategie smart) non possa tradursi in azioni, per quanto desiderabili, “di sola riduzione dell’inquinamento o di più veloce fruizione delle informazioni per l’accesso ai servizi”. E’ necessario, invece, che tali tecnologie mirino prima di tutto alla produzione di lavoro, poiché dal lavoro derivano processi di inclusione sociali imprescindibili per garantire il benessere della popolazione urbana. Inoltre, la città smart è tale solo se mira a ridurre le disuguaglianze tra i cittadini, attraverso un reale coinvolgimento degli stessi nelle politiche urbane (assumendo così il ruolo di produttori oltre che di consumatori). Citiamo, a questo proposito, un passaggio a nostro parere cruciale, nella prospettiva politologica che guida la ricerca di “Percorsi di secondo welfare”:

È vero che la smart city promette di essere il luogo dove faremo un uso evoluto dei social network per conoscere e anticipare i bisogni dei cittadini e dove saranno ampiamente diffuse le App che consentono ai cittadini di segnalare le carenze nei servizi e proporre delle migliorie. Ma, ancora una volta, il problema non sembrano essere gli strumenti […]. La questione vera, come dimostrano i movimenti Occupy attivi in tutto il mondo, mette in discussione i fondamenti della nostra democrazia e riguarda la capacità che avranno le élite locali (o i cittadini per loro) di definire un nuovo sistema di regole che, dopo avere garantito la corretta rilevanza alle fasi di ascolto, porti all’implementazione delle decisioni, attraverso la concreta cessione di potere dai pochi ai molti. [“Il percorso verso la città intelligente”, p. 6].

La costruzione di città intelligenti richiede pertanto una visione chiara della direzione che si intende intraprendere, affiancata (e questo tema risulta centrale anche nel rapporto Ambrosetti) ad una capacità di costruire scenari e di analizzare, passo dopo passo, i risultati parziali delle sperimentazioni nel contesto del mutare delle variabili ambientali. Secondo Testa, in questa prospettiva, gli uffici statistici comunali rappresentano vere e proprie “miniere informative e di competenze”, non ancora sfruttate appieno.
Ci sono poi due sfide concrete e immediate, con cui gli amministratori dovranno confrontarsi nella progettazione di una città più smart:
– le infrastrutture tecnologiche, che riguardano in primo luogo il “come” della trasmissione dei dati (banda ultralarga e cablatura degli edifici) e il “che cosa” della trasmissione in rete (standard di interoperabilità e apparati di riconoscimento per il trasferimento dei dati). Quest’ultimo tema si collega strettamente al nodo della semplificazione amministrativa e dell’accessibilità dei dati della Pubblica Amministrazione;
– la riqualificazione in chiave smart di edifici ed impianti, che ha ad oggi costi imprevedibili, soprattutto nei centri storici: “a un disabile motorio potrebbe interessare poco avere un’App sullo smartphone che gli dice in tempo reale tra quanti minuti passerà il bus, se poi non ci può salire perché le pedane sono più alte del livello dei marciapiedi” [“Il percorso verso la città intelligente”, p. 8].

C’è, come si vede, molto su cui riflettere. Vale davvero la pena leggere i rapporti di The European House – Ambrosetti e di Cittalia, per avere un quadro ricco e articolato delle sfide che attendono il nostro paese, nella speranza che i luoghi che hanno reso la penisola centro di sviluppo e innovazione nel corso del Rinascimento sappiano riprendere il filo antico di uno straordinario processo di sviluppo umano.

Il bando Miur “Smart Cities and Communities and Social Innovation”
Durante l’anno in corso, il Miur ha emesso due bandi per il finanziamento di idee progettuali in tema di “Smart Cities and Communities and Social Innovation”.

Il primo bando, pubblicato il 2 marzo e scaduto il 30 aprile, è stato finanziato nell’ambito del PON Ricerca e Competitività 2007-2013. Il Ministero ha previsto due linee di intervento:
– il finanziamento di progetti per “Smart Cities and Communities” (per un valore di oltre 200 milioni di euro), nell’ambito dell’Asse II del PON, riconducibili ad “Azioni integrate per la Società dell’Informazione” e “Azioni integrate per lo Sviluppo Sostenibile”. La partecipazione era limitata ad imprese, consorzi ed enti di ricerca aventi sede nelle regioni dell’obiettivo convergenza o che si impegnassero a costituire una sede in tali regioni;
– il finanziamento, complessivamente pari a 40 milioni di euro, di progetti di innovazione sociale riconducibili all’Asse III del PON. La presentazione dei progetti era riservata a giovani di età inferiore a 30 anni, residenti nelle regioni dell’obiettivo convergenza.
A questo link può essere consultato l’elenco delle idee progettuali approvate.

Il secondo bando “Smart Cities and Communities and Social Innovation” è stato pubblicato il 5 luglio scorso e mette in campo 655,5 milioni di euro (a valere sul FAR). Il criterio, in questo caso, è quello di offrire l’opportunità di presentare progetti da parte di soggetti aventi sede/residenza sul territorio nazionale, come è possibile evincere dal seguente passaggio del Decreto Direttoriale:
[…] il MIUR, con l’Avviso n. 84/Ric. del 2 marzo 2012 ha adottato uno specifico intervento in materia, dedicato al Mezzogiorno d’Italia. Obiettivo di tale azione è stato quello di sostenere interventi finalizzati a introdurre innovazioni attraverso progetti di ricerca fortemente innovativi che, impegnando competenze integrate dei grandi operatori, nonché delle micro, piccole e medie imprese presenti nei territori della Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e, più in generale, del Mezzogiorno d’Italia nonché del sistema pubblico della ricerca possano contribuire allo sviluppo dei territori grazie ad una migliore allocazione delle risorse e nel contempo al miglioramento della qualità della vita delle collettività […] Appare necessario attivare un analogo intervento dedicato alla restante parte del territorio nazionale. I due interventi contribuiranno a promuovere l’utilizzo evoluto delle tecnologie da parte di cittadini, imprese e amministrazioni. In coerenza con tale strategia, gli interventi devono essere in grado di sviluppare soluzioni tecnologiche, servizi, modelli e metodologie che si collocano sulla frontiera della ricerca applicata di origine industriale ed accademica. Il perimetro applicativo è quello delle Smart Communities ovvero dello sviluppo di modelli innovativi finalizzati a dare soluzione a problemi di scala urbana, metropolitana e più in generale territoriale tramite un insieme di tecnologie, applicazioni, modelli di integrazione e inclusione.
Per quanto riguarda le idee progettuali per “Smart Cities and Communities”, i progetti dovranno affrontare problemi di scala urbana e metropolitana, attraverso la ricerca industriale, nei seguenti settori: sicurezza del territorio, invecchiamento della società, tecnologie welfare e inclusione, domotica, giustizia, scuola, waste management, tecnologie del mare, sanità, trasporti e mobilità terrestre, logistica last mile, smart grids, architettura sostenibile e materiali, cultural heritage, gestione delle risorse idriche, cloud computing technologies per smart government. Anche questo secondo bando prevede il finanziamento (25 milioni di euro) di progetti di innovazione sociale a favore dei giovani di età inferiore a 30 anni, estendendo l’accesso ai residenti sull’intero territorio nazionale.

Le idee progettuali per “Smart Cities and Communities” dovranno essere presentate entro il 9 novembre, mentre per i progetti di innovazione sociale la scadenza è il 7 dicembre 2012.

Riferimenti

The European House – Ambrosetti, “Smart Cities in Italia: un’opportunità nello spirito del Rinascimento per una nuova qualità della vita”

Cittalia, “Il percorso verso la città intelligente”

The European House – Ambrosetti, Forum Villa d’Este

Bando Miur, “Smart Cities and Communities and Social Innovation”

 

 

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