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Le riflessioni presentate in questo articolo derivano dalla tesi di laurea magistrale dell’autrice, in cui è stato approfondito il tema degli empori solidali come strumento di contrasto alla povertà alimentare, con particolare attenzione alle sfide e opportunità per gli adolescenti. Tale contributo si inserisce nel percorso di ricerca tracciato dal progetto DisPARI, orientato a indagare il rapporto tra povertà alimentare e disuguaglianze, concentrandosi sulla condizione dei giovani.

Empori solidali: una breve ricostruzione

Tra gli strumenti di contrasto alla povertà alimentare, gli empori solidali (spesso indicati anche come market solidali o social market) sono sicuramente tra i  più innovativi. Mediante una logica di intervento preventiva, intercettano le forme di povertà prima che si cronicizzino, valorizzando la capacità di agency dei beneficiari e fornendo non solo sostegno alimentare, ma anche ulteriori servizi mirati all’inclusione e riattivazione sociale.

Seppure con specificità uniche, gli empori solidali presentano alcune caratteristiche comuni. Generalmente si distinguono per conformazione e aspetto simili a quelli di piccoli supermercati commerciali: i prodotti sono disposti su scaffali, liberamente accessibili ai beneficiari, i quali possono scegliere in base ai propri bisogni e preferenze. L’elemento della scelta rappresenta, infatti, un’innovazione fondamentale tra gli strumenti di contrasto alla povertà alimentare, poiché consente ai destinatari di uscire dalla condizione di stigma e vergogna generata dalla fruizione di mense e pacchi alimentari (Purdam et al. 2015).

Per mantenere una coerenza con gli esercizi commerciali tradizionali, i prodotti esposti hanno un prezzo espresso in punti. Tale modalità permette ai beneficiari di “acquistare” i beni utilizzando una tessera personale, il cui saldo viene progressivamente sottratto a seguito della spesa effettuata. L’importo contenuto nella tessera viene stabilito dall’emporio sulla base delle necessità del destinatario e rappresenta un mezzo fondamentale per assicurare un’esperienza di acquisto dignitosa e autonoma, che permette di accompagnare i beneficiari verso un consumo consapevole ed economicamente utile. Il costo dei prodotti, infatti, non rispecchia i prezzi di mercato; tale scelta ha l’obiettivo di incentivare l’uso delle risorse per l’acquisto di alimenti nutrienti ed essenziali (es. verdura, frutta, …) e scoraggiare il consumo di prodotti meno salutari (es. dolci).

Un ulteriore tassello che contraddistingue il sistema degli empori solidali è la tendenza a offrire forme di supporto che si affiancano a quelle direttamente legate con l’alimentazione. Con l’obiettivo di migliorare complessivamente le condizioni di vita del beneficiario e fortificarne la dignità personale, l’emporio agisce su ulteriori bisogni, come ad esempio quelli lavorativi, abitativi e di accompagnamento (Bandera et al. 2016). Dotando il destinatario di strumenti di supporto, l’intento è stimolarne l’autonomia e la responsabilizzazione, favorendo il processo di empowerment e prevenendo la cronicizzazione del disagio. Tale “logica della riattivazione” (Lodi Rizzini 2015) è riscontrabile nella scelta di limitare l’offerta del servizio a una durata massima di un anno, allo scopo di agire sulle forme di povertà “transitorie” e recuperare l’indipendenza dell’utente. Per ultimo, il carattere innovativo dell’emporio deriva (anche) dal solido rapporto con il territorio, che vede coinvolti attori pubblici, privati e del Terzo Settore nella gestione degli alimenti, dei volontari e dei servizi promossi.

Il caso della Bottega della Solidarietà di Milano

Nel municipio 5 del Comune di Milano, la Bottega della solidarietà rappresenta attualmente uno strumento ibrido. Nata come emporio, a seguito della pandemia di Covid-19 ha subito alcune trasformazioni rispetto alla gestione e al funzionamento degli spazi. Nel 2021, a causa della perdita di volontari – ai quali, per via dell’età avanzata, era sconsigliato svolgere attività a contatto con il pubblico – la Bottega è passata integralmente sotto la responsabilità dell’associazione Alveare. Ad oggi, la Bottega della solidarietà di via Neera non può essere formalmente considerata un emporio, ma una forma rivisitata dello stesso. Dalla pandemia in avanti, le famiglie bisognose sono aumentate e lo spazio che ospitava l’emporio è risultato eccessivamente limitato e inadatto a consentire una spesa in sicurezza.

Dopo la fine dell’emergenza pandemica, l’associazione ha deciso di interrompere temporaneamente il servizio di acquisto autonomo e introdurre una soluzione alternativa, basata sulla spesa “a distanza”. I beneficiari possono recarsi alla Bottega soli o in gruppi di due persone e fornire indicazioni d’acquisto ai volontari, incaricati di effettuare la spesa in base alle preferenze e alle necessità della famiglia. Benché tale modalità consenta agli utenti di ottenere un’esperienza d’acquisto sufficientemente personalizzata, l’autonomia tipica dell’emporio è venuta meno.

In merito, Luca Maiocchi, responsabile della Bottega, ha manifestato un evidente malcontento, nonché il desiderio di individuare un nuovo spazio da utilizzare per tornare a una migliore conduzione dell’emporio: “la scelta della [spesa a] distanza purtroppo ci dà proprio fastidio. Non era nata così, però avremmo bisogno di un locale di almeno 200 metri quadri… nella zona per adesso non c’è”. E ancora: “questa cosa ci sta molto stretta, però fino a quando non abbiamo spazi più idonei per la sicurezza, non possiamo tornare alla forma originale di emporio”.

La gestione e l’organizzazione dello spazio

L’accesso alla Bottega è subordinato alla dichiarazione ISEE e a un primo contatto con un centro d’ascolto Caritas. I beneficiari dispongono di una tessera a punti, valida per un anno e rinnovabile previo colloquio, utile per comprendere le difficoltà del nucleo.

A distinguere la Bottega da altri empori solidali è anche il sistema dei volontari. Coloro che forniscono sostegno alle famiglie in difficoltà sono, a loro volta, 4/5 soggetti fragili che, a fronte di un modesto contributo economico, svolgono differenti incarichi. Luca Maiocchi descrive questa modalità come una forma di politica dell’alveare” in cui “il povero aiuta il povero”. Tale approccio si inserisce in una logica di “baratto sociale”, che mira a promuovere un sistema di reciproco aiuto e a trasmettere l’idea che ogni individuo, a prescindere dalla propria condizione, abbia qualcosa da offrire.

Inoltre, essa si avvale periodicamente della collaborazione di due persone coinvolte nelle attività di messa alla prova e di alcuni studenti dell’istituto professionale Kandinsky. Quest’ultima iniziativa risulta particolarmente interessante, poiché trasforma la Bottega in un luogo dove ragazzi portatori di disagi e fragilità relazionali possono dedicarsi all’attività di volontariato, impiegato come strumento per potenziare la propria autostima.

“Qui a Milano Sud c’è la scuola Kandinsky e ci sono degli operatori sociali che seguono gli studenti con particolari disagi che hanno bisogno di fare anche un’attività extracurricolare” ci spiega Luca Maiocchi “ma più che per fare punteggio è per offrire una sorta di recupero dell’autostima e voglia di fare”.

I ragazzi che partecipano “hanno visto che con noi la cosa funziona. Entrano tutti timidi ed escono molto intraprendenti, se non altro cambia la luce negli occhi. Ecco, questa qua per me è la misura del successo di un rapporto: noi rimaniamo piccoli perché la familiarità è quella che poi fa tanto e aiuta a recuperare l’autostima”.

Per quanto riguarda l’approvvigionamento e i requisiti d’accesso, la Bottega – oltre ai prodotti FEAD1 ricevuti attraverso il Banco Alimentare – si appoggia ad altri soggetti. Anzitutto, è previsto il ritiro di alimenti freschi da alcuni supermercati (come ad esempio Esselunga e Pam), grazie all’iniziativa “Carrello sospeso”. Inoltre, sono attive alcune convenzioni con enti che si occupano di recuperare dalle aziende della grande distribuzione alimenti non più vendibili nei supermercati tradizionali, o provenienti da produzioni eccedenti.

Infine, anche il Municipio 5 sostiene l’attività della Bottega fornendo all’emporio bonus alimentari per i propri utenti. In questo caso si tratta di voucher da utilizzare presso differenti esercizi commerciali.

Non solo sostegno alimentare

Come detto, oltre al supporto alimentare, la Bottega della solidarietà mira alla realizzazione di un sostegno integrato, offrendo alcuni altri servizi per la propria utenza. Grazie alla collaborazione con enti del territorio, essa è in grado di fornire supporti esterni, laddove un nucleo manifesti disagi specifici. Ad esempio, attraverso il consultorio è possibile ricevere un aiuto psicologico, mentre, in caso di necessità, la Bottega offre consulenze legali e, se utile, permette di rivolgersi a uno studio professionista. Assicura, inoltre, un orientamento lavorativo e, quando possibile, indirizza verso specifiche posizioni aperte.

La Bottega fornisce anche l’assistenza nella selezione dei prodotti alimentari, incoraggiando l’utente all’acquisto di beni adeguati alle esigenze specifiche. Infine, sebbene non si tratti di un servizio strutturato, in alcuni casi, i volontari dell’emporio si occupano della consegna della spesa a domicilio.

La bottega, dunque, funge da snodo che incanala gli utenti verso strumenti più specifici. “Noi funzioniamo molto come pronto soccorso, come l’ospedale da campo per cui tu curi lì al momento però poi mandi gli ospedali più attrezzati” spiega ancora Luca Maiocchi. ”L’emporio rimane un punto di aggancio, ed è sempre un punto di risparmio per le famiglie. Quindi le botteghe, l’emporio e anche gli stessi centri di ascolto Caritas con la distribuzione dei viveri nel loro piccolo risultano sempre più un modo per risparmiare. Credo sia una funzione sociale molto molto importante”.

Il rapporto con gli utenti e gli adolescenti

Tra la generalità degli utenti, l’esperienza della Bottega risulta positiva. Qui i beneficiari trovano non solo un supporto alimentare, ma un punto di ascolto e aiuto. Secondo Luca Maiocchi, è il funzionamento dell’emporio a trasformare il supporto alimentare in uno spazio più spontaneo e libero. “Il salto di qualità è stato quando si è deciso di passare dalla distribuzione dei pacchi – il sacchettino già preconfezionato, che comunque per decenni è andato bene così – alla spesa, perché il rapporto diventa un po’ più vero. Quando sono arrivato c’era ancora la distribuzione dei pacchi, vedevo che c’era la coda, c’era la fila fuori e i volontari”.

“Il rapporto” continua il responsabile della Bottega “si esauriva in ‘ciao grazie, ciao grazie’ e finiva lì, non c’era alcuna interazione. Mentre qua magari fanno la spesa, poi passano dentro, si parla dei problemi, tu li ascolti perché c’è tanto bisogno di ascolto nelle persone”. Oggi infatti “Manca chi sappia ascoltare senza giudicare troppo” riflette Maiocchi.

Nel caso degli empori, la connessione interpersonale assolve dunque una funzione centrale. Il tipo di sostegno che si offre all’interno della realtà solidale supera il confine dell’assistenza ai poveri e muove dalla concreta volontà di aiutare gli altri.

Guardando ai più giovani, presso la Bottega della solidarietà non sono previsti servizi rivolti specificamente al contrasto della povertà alimentare degli adolescenti. Gli interventi si concentrano piuttosto nell’orientare i ragazzi verso programmi gestiti da cooperative esterne. L’emporio, inoltre, rimanda parte dell’accompagnamento giovanile al centro estivo dell’oratorio o al catechismo, dove però non è offerto un vero e proprio sostegno agli adolescenti ma uno spazio di condivisione. L’altra forma di supporto presente nell’ambito dell’associazione Alveare è l’iniziativa Informagiovani, gestita dal gruppo San Vincenzo, che svolge un servizio di orientamento lavorativo.

Sebbene i minori presenti tra i nuclei beneficiari siano circa 180, alla Bottega il target di riferimento rimangono gli adulti in difficoltà, in particolare chi fatica a trovare un’occupazione a causa dell’età avanzata. Tuttavia, la Bottega (e così tutti gli empori), forte della propria presenza sul territorio, dispone di un potenziale significativo per divenire un punto di riferimento sia in risposta ai bisogni alimentari, sia nell’indirizzare i ragazzi verso realtà esterne impegnate nel disagio giovanile. Attraverso il rafforzamento delle reti del territorio e la collaborazione con organizzazioni locali, gli empori potrebbero trasformarsi in centri nevralgici per l’orientamento e il supporto integrato, promuovendo progetti e iniziative di empowerment, inclusione sociale e contrasto alla povertà alimentare. In tal senso, oltre all’impatto sulla comunità, gli empori potrebbero esprimere il loro potenziale intercettando e rispondendo tempestivamente ai bisogni – alimentari e non – dei più giovani.

Riferimenti bibliografici

  • Bandera, L., Lodi Rizzini, C., Maino, F. (2016), La povertà alimentare. Il Mulino, 65(2), pp. 259-267.
  • Lodi Rizzini, C. (2015), Gli empori della solidarietà nel contrasto alla povertà alimentare, in F. Maino e M. Ferrera (a cura di), Secondo rapporto sul secondo welfare in Italia 2015, Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, Torino, Torino 2015.
  • Purdam, K., Garratt, E.A., Esmail, A. (2015), Hungry? Food Insecurity, Social Stigma and Embarrassment in the UK. Sociology, 0038038515594092.

Note

  1. Il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) è uno strumento finanziario dell’Unione Europea che sostiene gli Stati membri nel fornire assistenza materiale di base e alimentare alle persone in condizioni di deprivazione. Dal 2021, il FEAD è stato integrato nel nuovo Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+), diventando il principale strumento dell’Unione per soddisfare i 20 principi fondamentali contenuti nel Pilastro europeo dei diritti sociali. Il FSE+ si fonda sulla realizzazione di alcuni obiettivi suddivisibili in tre principali macroaree: occupazione; istruzione, formazione e investimento per i giovani; inclusione e coesione sociale.
Foto di copertina: Kampus Production, Pexels.com