La povertà alimentare non si limita alla semplice scarsità di cibo, ma riflette e amplifica profonde disuguaglianze sociali ed economiche, colpendo in modo sproporzionato i giovani. È preoccupante che, anche nelle economie avanzate, il numero di persone che vivono in condizioni di povertà alimentare continui a crescere, mentre le misure esistenti spesso forniscono risposte frammentarie e insufficienti.
Il progetto di ricerca DisPARI, realizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Milano, ActionAid Italia e Secondo Welfare, grazie al sostegno di Fondazione Cariplo, intende affrontare questa problematica concentrandosi sugli adolescenti, un gruppo spesso trascurato nei dibattiti sulla povertà alimentare. Con il supporto di un Advisory Board di esperti, il progetto si propone di misurare e analizzare le diverse dimensioni della povertà alimentare, contribuendo a una maggiore comprensione delle sue implicazioni tra giovani.
In questa intervista (disponibile anche in inglese qui) abbiamo parlato con Anne Kepple, membro dell’Advisory Board di DisPARI e senior consultant presso la Divisione Statistica della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. Con un dottorato in Scienze della Nutrizione conseguito presso la Cornell University, Kepple ha lavorato negli Stati Uniti e in Brasile conducendo ricerche sulla fame e contribuendo allo sviluppo di metriche per la sicurezza alimentare. Ha contribuito a sviluppare la Food Insecurity Experience Scale (FIES), uno strumento utilizzato a livello globale per valutare la povertà alimentare, e alla definizione di uno degli indicatori chiave dell’obiettivo “Fame Zero” nell’ambito degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Ecco cosa ci ha raccontato.
Cosa si intende quando si parla di povertà alimentare e insicurezza alimentare?
La FAO ha identificato quattro dimensioni della sicurezza alimentare1: accesso al cibo, disponibilità di cibo, utilizzo del cibo e stabilità di queste tre dimensioni.
Una delle sfide principali è aiutare le persone a comprendere che le scale di insicurezza alimentare basate sull’esperienza, come la FIES, si concentrano esclusivamente sulla misurazione della dimensione dell’accesso al cibo. Questo significa valutare la capacità di accedere a un’alimentazione adeguata sia in termini di quantità che di qualità, in modo stabile, sia a livello familiare che individuale. Pertanto, quando parliamo di insicurezza alimentare sulla base di queste scale, ci riferiamo specificamente alla dimensione dell’accesso, all’interno di un concetto più ampio di insicurezza alimentare.
Credo che il concetto di povertà alimentare corrisponda a questa rappresentazione più limitata dell’accesso al cibo, a livello familiare o individuale. Penso che “povertà alimentare” sia semplicemente il termine più comunemente utilizzato in Europa.
Nella sua esperienza professionale, come si è evoluto il concetto di insicurezza alimentare?
Fino agli anni ’80, la fame veniva misurata utilizzando indicatori nutrizionali, come la malnutrizione infantile e i deficit di sviluppo2. Negli anni ’90, due ricercatrici della Cornell University, Kathy Radimer e Cathy Campbell, si resero però conto che queste misure erano inadeguate per monitorare i crescenti livelli di fame in un paese ricco come gli Stati Uniti. Basandosi su interviste qualitative, svilupparono un quadro concettuale che identificava tre dimensioni chiave dell’esperienza della fame e dell’insicurezza alimentare: quella psicologica, ovvero preoccuparsi per il cibo e sentirsi deprivati; quella della quantità, ovvero non avere abbastanza da mangiare; e quella della qualità, ovvero dover ridurre la qualità della propria dieta per evitare di rimanere senza cibo.
Queste dimensioni hanno costituito la base concettuale per la creazione della misura della sicurezza alimentare domestica negli Stati Uniti, che è stata successivamente adattata in Canada, Brasile e altri paesi. Questo approccio ha introdotto un nuovo metodo di misurazione dell’(in)accessibilità al cibo a livello familiare basato sull’esperienza diretta. Durante lo sviluppo del quadro concettuale degli SDGs, è emerso che le misure tradizionali della FAO, come la prevalenza della denutrizione, erano insufficienti per monitorare un’agenda universale con l’obiettivo di “non lasciare indietro nessuno”. La misurazione dell’insicurezza alimentare basata sull’esperienza è stata quindi ampliata a livello globale ed integrata nel Gallup World Poll, che raccoglie dati in oltre 160 paesi. Questo ha rappresentato un nuovo modo di concepire la misurazione della fame.
Perché è importante comprendere e discutere l’insicurezza alimentare?
Il diritto al cibo è un diritto umano fondamentale. Nessuno dovrebbe vivere con la preoccupazione di avere abbastanza cibo o di poter accedere a una dieta nutriente e sana. La ricerca ha dimostrato che le conseguenze della povertà alimentare vanno ben oltre gli aspetti nutrizionali. Lo stato nutrizionale di una persona può essere apparentemente adeguato, ma ciò non significa che non soffra di insicurezza alimentare.
Le peggiori conseguenze potrebbero essere di natura psicologica, emotiva e sociale. Tuttavia, questi effetti sono spesso sottovalutati. Si tende a non attribuire abbastanza importanza a difficoltà di apprendimento, esclusione sociale e senso di vergogna. È fondamentale prestare attenzione all’accesso fisico ed economico a diete sane. È un aspetto centrale, specialmente in un paese come l’Italia, dove il cibo è parte integrante della cultura.
Quali sono le implicazioni nutrizionali dell’insicurezza alimentare nei giovani?
I giovani hanno un elevato fabbisogno energetico perché sono in fase di crescita e sviluppo. Un’alimentazione adeguata consente loro di concentrarsi a scuola e apprendere meglio. Essere malnutriti durante l’infanzia può causare alterazioni metaboliche con effetti a lungo termine, aumentando il rischio di sovrappeso e obesità. Inoltre, le giovani donne malnutrite che affrontano una gravidanza possono dare alla luce neonati con problemi di salute.
Anche schemi alimentari irregolari, come periodi di abbondanza seguiti da fasi di scarsità, possono influire negativamente sulle modificazioni metaboliche. Questo è un problema comune tra coloro che dipendono dagli aiuti alimentari, che spesso non coprono l’intero mese. Sia nei paesi ricchi che in quelli più poveri, i principali problemi nutrizionali in aumento sono sovrappeso e obesità, con tutte le patologie croniche correlate, come diabete, ipertensione, malattie cardiache e tumori.
Quali dimensioni dell’insicurezza alimentare colpiscono in modo specifico gli adolescenti?
Credo che gli adolescenti vivano l’insicurezza alimentare in modo diverso rispetto ad altre fasce d’età, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti sociali legati alla mancanza di accesso al cibo. Anche le politiche per affrontare questo problema dovrebbero essere adattate agli adolescenti, e la ricerca dovrebbe fornire indicazioni su quali strategie siano più efficaci.
Alcune politiche potrebbero migliorare l’accesso degli adolescenti a cibi nutrienti e a una dieta sana, come interventi nell’ambiente scolastico per ridurre l’accesso a cibi poco salutari e aumentare la disponibilità di alimenti nutrienti. Si potrebbero avanzare molte argomentazioni economiche a favore di un investimento negli adolescenti, poiché questo previene problemi di salute futuri, genera un risparmio e crea una forza lavoro più sana.
Nella sua esperienza, quali sono le principali sfide nel contrastare l’insicurezza alimentare?
Le principali sfide sono di natura ideologica e politica. Il problema è la mancanza di regolamentazione del capitalismo e la difficoltà nell’affrontare le radici strutturali delle disuguaglianze e del razzismo. Uno degli ostacoli più grandi è far comprendere che tutte le persone, anche quelle più ricche, stanno meglio quando tutte e tutti hanno accesso a cibo sufficiente e la società è più equa.
Tutte e tutti beneficiano quando c’è meno diseguaglianza. La ricerca dimostra che quando le persone a basso reddito dispongono di risorse economiche, spendono i loro soldi nelle attività locali e nella comunità, contribuendo a stimolare l’economia. Aiutare chi è in difficoltà non significa togliere qualcosa agli altri. Nel mio dottorato, ho parlato con politici conservatori che ritenevano che i poveri fossero pigri e che aiutarli avrebbe solo ridotto il loro incentivo a lavorare. Questi politici consideravano più convincenti i dati sulla malnutrizione infantile rispetto alle scale di insicurezza alimentare, che ritenevano troppo soggettive. Questo esempio evidenzia le sfide ideologiche che dobbiamo affrontare.
Dunque, sebbene sia fondamentale fornire assistenza alimentare, è altrettanto necessario lavorare sulle dinamiche di potere nella società e affrontare i problemi strutturali che perpetuano le disuguaglianze. La sfida principale è non perdere di vista il quadro generale delle cause profonde della povertà e dell’insicurezza alimentare.
Note
- In italiano il termine “sicurezza alimentare” viene talvolta utilizzato per riferirsi alla sicurezza degli alimenti che consumiamo, intesa come assenza di contaminanti o potenziali rischi. In inglese, invece, questa distinzione è più netta grazie all’uso di due termini distinti: “food safety” per indicare la sicurezza degli alimenti e “food security” per riferirsi alla loro disponibilità e accesso.
- Nella misurazione della malnutrizione infantile, i due termini più comuni sono stunting, che indica un ritardo nella crescita in altezza, e wasting, che si riferisce a una difficoltà nell’aumento di peso.