Questo manifesto è uno strumento

Tra settembre e dicembre 2021 IRSSeS, Pares e Percorsi di secondo welfare hanno organizzato “In partnership per lo sviluppo locale”, un laboratorio per sviluppare pratiche e competenze operative utili ad attivare partnership locali con una prospettiva cross-settoriale tra figure professionali e settori diversi (es. ambiente, cultura ed educazione).

Dai materiali presentati nel corso degli incontri, dal lavoro individuale e di gruppo, dai confronti in plenaria e dai momenti di approfondimento che hanno intervallato gli incontri sono emerse riflessioni, ipotesi e proposte per promuovere cross-settorialità negli interventi a favore di comunità locali. Si è trattato di spunti concreti, operativi, per mettere in campo proposte di coinvolgimento di attori diversi, di soggetti che fanno riferimento a differenti campi disciplinari, accomunati da attenzione e impegno per lo sviluppo locale.

Il manifesto che presentiamo in questo articolo è la sintesi di riflessioni e confronti emersi nel corso del laboratorio. Si presenta come un promemoria operativo per promuovere collaborazioni tra attori diversi coinvolti o che si vorrebbero coinvolgere, ed è anche un programma di ricerca sul campo. Questo contributo sviluppa i 12 suggerimenti illustrati nel manifesto e riprende alcuni temi affrontati negli articoli esito del laboratorio In partnership per lo sviluppo locale e già apparsi sul sito di Secondo Welfare (Maino 2022; Macchi e Maino 2022; Bacicchi e Maino 2022; Moro 2022).

 

 

Spunti per costruire collaborazioni che attraversano confini

1. Esploriamo mondi con curiosità

Una prima attitudine che ci sembra debba contraddistinguere chi intenda accingersi alla costruzione di rapporti intersettoriali è una sorta di curiosità antropologica. Ovviamente non costruiamo partnership cross settoriali se rimaniamo troppo confinati e attaccati al nostro recinto professionale, organizzativo o disciplinare, e non ci lasciamo incuriosire da ciò che sta avvenendo in casa d’altri, percorrendo per raggiungerla sentieri ancora sconosciuti o appena intravisti. L’attenzione va rivolta all’insolito, all’inconsueto, al dissonante, persino a ciò che a prima vista può apparire bizzarro, perchè è da lì che può scattare la connessione innovativa, attivarsi il punto di contatto e una prima forma di riconoscimento reciproco dal quale si può sviluppare la futura relazione.

L’esplorazione va svolta in più direzioni, perché non è detto che tutte le piste si rivelino da subito fruttuose. A volte si può imboccare quella sbagliata, ma è sempre possibile modificarla volgendosi verso una nuova strada. All’esplorazione è sempre connessa una certa percentuale di rischio, sia perché abbandonando il proprio territorio noto ci si espone alle critiche degli abitudinari e stanziali sia perché muoversi in altri mondi non è sempre agevole, dal punto di vista culturale e comunicativo: gli equivoci e i fraintendimenti sono sempre possibili. In quest’ultimo caso però, dal chiarimento e dalle spiegazioni reciproche possono nascere dei guadagni cognitivi e delle aperture di prospettive vantaggiose per tutti gli interlocutori.

Durante questa fase è utile raccogliere e ordinare informazioni, mappe, conoscenze, incontri, scoperte, attraverso quaderni, diari, schede. Tenere una sorta  di diario di viaggio che potrà anche costituire un utile punto di partenza nella fase di progettazione.

2. Invitiamo e andiamo in visita

L’accoglienza è un punto centrale della collaborazione. Invitare e andare in visita sono due pratiche che possono declinarla nella quotidianità del lavoro. Visitare reciprocamente le sedi operative, o gli uffici virtuali, aiuta a creare relazioni, condividere spunti progettuali, conoscersi e riconoscere elementi attorno ai quali costruire la partnership. Soprattutto in contesti cross-settoriali, i cui ambiti di lavoro a volte molto diversi rendono ogni partner depositario di dimensioni di senso impossibili da considerare scontate per gli altri, i momenti di condivisione sono strumenti preziosi per accorciare le distanze, diradare la nebbia e aiutare tutti a conoscere meglio il paesaggio.

Andare in visita è anche un esercizio di decentramento, per scoprire che l’idea che avevamo inizialmente in mente deve arricchirsi anche di altri punti di vista, tener presente altri presupposti e bisogni, altri contesti e altre culture organizzative. È il momento in cui si creano i primi contatti, si intercettano nuovi mondi, magari si incontrano persone e realtà già conosciute, ma le si considerano sotto una nuova prospettiva o da un nuovo punto di vista.

Anche in questa fase vanno esercitati l’attenzione, l’ascolto, l’osservazione, presentandosi in maniera trasparente, calda e cordiale, rispettando al contempo l’iniziale possibile sorpresa, l’eventuale disorientamento e indecisione dell’altro.

3. Connettiamo distanze e desideri

Nell’incontrare gli altri spesso abbiamo la sensazione che siano abitati da una dimensione di desiderio, da immaginazioni e da aspettative che attendevano solo l’occasione buona per venire a galla e manifestarsi. Accade allora che l’ipotesi progettuale appena abbozzata che presentiamo loro sia l’occasione per l’emersione di ulteriori idee e sviluppi, a volte anche per cambi di direzione e riorientamenti importanti.

Quando si lavora con interlocutori provenienti da molti settori diversi il panorama si arricchisce di spunti e connessioni che a volte si fatica a tenere assieme. Si incontrano persone e organizzazioni distanti dai propri desideri, e distanze tra i desideri dei diversi attori coinvolti. Entrare in contatto con desideri sopiti, a volte messi da parte, altre volte poco considerati e tematizzati può essere impegnativo. E lo è altrettanto quando invece le appartenenze ideali marcano in maniera forte le identità organizzative e professionali. Tuttavia il lavoro cross settoriale è per sua natura necessariamente inclusivo. È decisivo tener conto dei diversi punti di vista e dei diversi apporti perché dal loro intreccio scaturisce il valore aggiunto dell’incontro, l’innovatività e la portata trasformativa di un progetto comune.

La possibilità di “riconoscersi” negli altri, attraverso la costruzione di un linguaggio comune e la condivisione delle proprie aspettative favorisce la conoscenza e la fiducia reciproca. Da qui la necessità di attivare momenti di ricognizione delle dimensioni in grado di mobilitare le energie, dando spazio alle specificità, al confronto e alla condivisione di punti di vista accomunanti.

4. Usiamo creativamente spazi sociali (fisici e digitali)

Accade molto spesso che i progetti cross settoriali si muovano attorno alla dimensione spaziale: luoghi abbandonati o degradati da reinventare o rigenerare, luoghi con attività da ripensare, beni naturali o sociali da tutelare e valorizzare, luoghi dove incontrarsi per pensare e discutere assieme, risorse digitali per connettersi, comunicare e decidere. A volte è proprio la disponibilità di uno spazio fisico dismesso a dare l’avvio ad una progettualità cross settoriale orientata a immaginare il suo riutilizzo. È perciò importante che sin dalle prime fasi della collaborazione si realizzino degli sconfinamenti, non per il puro gusto della trasgressione, ma per realizzare dei cambi di prospettiva che stimolino la creatività, la possibilità di vedere la realtà da altri punti di vista. Esercitarsi da subito in una grammatica della fantasia (Rodari, 1973; Munari, 1966) che consenta di considerare gli spazi, le cose, le relazioni nelle loro potenzialità inespresse e innovative.

La partecipazione ha bisogno di spazi in cui esprimersi, rendersi visibile e per realizzarla è importante creare ambienti accoglienti per le persone, siano essi ambienti digitali oppure fisici. Per favorire la massima partecipazione è necessario curare l’allestimento degli spazi in modo tale che siano aperti, inclusivi, capaci di coinvolgere le persone e mantenerle per il tempo necessario nel luogo di incontro, di parola e di scrittura collettiva creato ad hoc.

Quali esempi di spazi cross settoriali fisici pensiamo a: biblioteche pubbliche, mostre, parchi, musei, sale consiliari, sale di quartiere, sale parrocchiali. Le biblioteche, nella costruzione di incontri possono giocare un ruolo chiave, infatti possono essere spazi ospitali (ce l’hanno nelle loro fibre costitutive) e farsi co-promotrici di iniziative che giovano alla loro immagine che resta ineguagliabile: riconosciuta da tutti, aperta alle differenze, super-partes (ne parlavamo qui, nrd). Gli spazi digitali di lavoro collaborativo hanno molto da offrire chi si mette nelle condizioni di coglierne le opportunità, con competenza, spirito critico e senza pregiudizi. Come nell’allestimento di uno spazio fisico, accade lo stesso nel digitale, che richiede probabilmente ancora più cura e preparazione per essere davvero attrattivo e coinvolgente.

5. Intrecciamo energie e opportunità

Accanto alla dimensione spaziale ogni progetto ha una connotazione processuale e perciò temporale. Nei progetti cross settoriali molto spesso all’evoluzione temporale corrisponde un crescere della complessità e degli intrecci fra soggetti, iniziative e attività, che creano un effetto moltiplicatore. Più che un cronoprogramma prescrittivo di tempi e risultati è perciò utile costruire una mappa dinamica e temporale degli attori, dei processi e delle attività in gioco in un determinato contesto. È un’attività che può produrre risultati inattesi, mettendo in luce le ricchezze e le proposte presenti in una comunità o in un territorio, risorse a volte non sufficientemente conosciute e valorizzate.

Si può provare a formulare un profilo di comunità che restituisca la varietà di presenze, la pluralità di attori impegnati nella realizzazione di attività con riverberi per la comunità. Per sviluppare una ricognizione sufficientemente puntuale è utile elencare i diversi soggetti conosciuti, attingere ad albi comunali, recuperare contatti e collaborazioni attraverso una ricerca che tanto più coinvolge diversi soggetti tanto più assicura un esito completo e aggiornato. Non si tratta di redigere una mappa dei portatori di interessi in relazione alle proprie attività, ma di riconoscere e valorizzare esperienze e attori con i quali non ci sono necessariamente contatti o collaborazioni.

Questo lavoro di ricognizione può sembrare un esercizio quasi rituale, ma non è così. L’obiettivo è andare oltre la registrazione di contatti e collaborazioni già attive con i soggetti coinvolti che effettuano l’indagine, per costruire una rappresentazione che includa anche anche altri soggetti e processi, con i quali aprire interlocuzioni, ricercare scambi, sinergie, alleanze.

6. Immaginiamo attività ed eventi effimeri

Gli intrecci cross-settoriali prendono avvio, trovano slanci e rilanci, si consolidano, si rendono visibili nelle loro potenzialità e prospettive, trovano occasioni per manifestarsi attraverso occasioni di incontro, scambio, condivisione alle quali possano partecipare nuovi soggetti. Momenti aggregativi nei quali va assaporato il gusto di cominciare (o ricominciare) a fare le cose assieme. Iniziative, eventi, seminari, performance che in modi semplici introducano discontinuità e segnino accadimenti significativi. Molto spesso sono attività nelle quali il contenuto è un elemento provvisorio occasionale, ma che offrono l’opportunità di rendersi presenti, valorizzare riflessioni e apporti.

La gamma delle iniziative a basso costo organizzativo, sostenibili, apprezzabili è vasta. In primo piano viene posta la cura per gli aspetti relazionali, l’accoglienza, il riconoscimento reciproco, il fare insieme con e per altri. In modo molto concreto a volte sono iniziative di lettura, altre volte azioni simboliche: una serata in biblioteca, un laboratorio organizzato nell’ambito della notte bianca cittadina, la partecipazione alla settimana per la tutela dell’ambiente co-promossa con le scuole, le associazioni, l’unione dei comuni. Altre volte sono una camminata di quartiere, una biciclettata in città, un incontro con un ospite su un tema di interesse o la definizione di un progetto da presentare nell’ambito del bilancio partecipativo.

Il punto resta il valore che azioni comuni concordate, preparate insieme e rese pubbliche, assumono per gli intrecci cross settoriali. Rivolgere una proposta e invitare alla collaborazione; aprire alla possibilità di fare a più mani con investimenti sostenibili; decidere contenuti, taglio, modalità; unire le forze per preparare e prepararsi, entrare nella scena pubblica e mostrare legami e sinergie sono azioni che hanno valore in sé, che portano valore nella comunità e restituiscono valore alle collaborazioni.

7. Disegniamo mappe di progetti

Immaginare insieme è un’azione sociale attivante e aggregante. Mentre si progetta, è importante adottare metodologie e strumenti per dare visibilità, anche con modalità iconiche e figurative, a ciò che si sta facendo. Disegni, diagrammi, grafici, cartelloni, lavagne fisiche e digitali possono costituire gli elementi attraverso i quali dare forma alla progettualità comune, con il contributo dei partecipanti, disegnare le ramificazioni possibili e fare le proprie scelte senza perdere la visione dell’insieme. Il progetto allora diventa una mappa cognitiva condivisa tra i partner e con le persone che ci lavorano, che orienta le azioni, ma offre anche un contenitore di pensiero all’interno del quale sviluppare la partnership. La mappa progettuale fissa appartenenze e confini, distingue i territori conosciuti e quelli incogniti, ancora da esplorare. Nel delimitare, apre lo spazio del possibile, toglie dall’indeterminatezza le piste di lavoro e innesca le azioni progettuali. Le mappe per lavorare con prospettive cross-sector ci permettono di ordinare il flusso di pensieri e idee, sistematizzare i concetti, stabilire priorità e prefigurare i possibili impatti. Le mappe progettuali fissano la strada da percorrere e proprio come un navigatore ci guidano lungo il tragitto, intrecciando energie diverse che autoalimentano la forza per proseguire con decisione il percorso tracciato.

Un possibile esercizio per la costruzione di mappe progettuali è la lettura condivisa di bandi di finanziamento perché permette un’analisi preliminare esplorativa in vista della costruzione di un progetto concreto, inclusivo, coinvolgente, su cui investire e lavorare a più mani (Maino, 2021).

8. Realizziamo azioni trasformative…

…ma non è che fin qui si sia stati con le mani in mano. Tutti i passaggi già effettuati hanno già prodotto dei cambiamenti negli attori che hanno partecipato al processo. Ora si tratta molto probabilmente di aprire il progetto a nuovi soggetti, magari connotati da maggiore informalità, quelli che nel gergo progettuale sono chiamati i destinatari. È probabile che se sin qui il percorso è stato interessante per i partner progettuali lo sarà anche per coloro che si vogliono rendere partecipi delle successive proposte e iniziative. Certamente queste dovranno essere accuratamente preparate per risultare coinvolgenti e suscitare attenzione, e soprattutto offrire a chi partecipa un effettivo potere di determinare dei cambiamenti rispetto alle questioni in gioco.

Decidere della destinazione di un’area pubblica, ricercare cambiamenti migliorativi nel proprio quartiere, prendersi cura di beni comuni, realizzare attività comuni belle e utili, sviluppare relazioni interessanti e arricchenti in uno spazio di quartiere, trovare sostegno e aiuto per delle difficoltà grazie alla partnership tra attori impegnati, sono alcuni dei risultati a cui possono mirare le azioni trasformative.

Per sostenere azioni di cambiamento nelle comunità, attori pubblici e privati stanno riconoscendo e utilizzando sempre più diffusamente la co-programmazione e la co-progettazione, istituti giuridici messi a disposizione dal Codice del terzo settore. La co-programmazione può essere utilizzata per disegnare un piano sociale, culturale, ambientale o anche un piano integrato offrendo alla città e ai suoi amministratori una mappa delle azioni da realizzare o la co-progettazione di un servizio mettendosi al tavolo con soggetti diversi.

9. Raccontiamo e documentiamo impatti

Le attività di racconto e documentazione dall’inizio alla fine del processo sono essenziali al fine di favorire l’emersione della varietà dei contributi e del prezioso lavoro di regia dietro alle quinte, che molto spesso restano sommersi, sotto la soglia del visibile, celati proprio come un iceberg, di cui costituiscono la parte preponderante. Il racconto e la visibilizzazione contribuiscono a generare empowerment per le persone coinvolte: nel documentare si ritrovano a rileggere le collaborazioni attivate e i ruoli assunti nel processo stesso.

Quando realizziamo progetti cross settoriali è importante mettere in campo azioni che possano produrre i cambiamenti prefigurati e permettano alle persone di scoprire nuove possibilità. L’obiettivo è quello di creare un telaio solido attraverso il quale poter lavorare su trama e ordito, favorendo l’incontro e la collaborazione tra diverse figure professionali che, intrecciando energie e desideri, possano produrre un tessuto progettuale di qualità. Il disegno teorico non sempre consente di affrontare le sfide di un piano cross sector, proprio perché la partita è aperta e non esistono ricette pronte o modelli preformati da adattare ad ogni situazione. L’azione risulta efficace in quel preciso momento, in quel contesto, grazie al coinvolgimento di persone portatrici di competenze ed esperienze messe a valore comune. La scrittura e il racconto sono i dispositivi per riconsiderare, approfondire, attualizzare, riconoscere nella loro carica propositiva e trasformativa le iniziative co-realizzate, le collaborazioni, le azioni progettuali, le partnership avviate.

Insieme allo sviluppo di conoscenze che scaturiscono dall’analisi dell’esperienza, le pratiche di documentazione – in forma di scrittura o con soluzioni visuali – se realizzate con intenzionalità e cura, a più mani, valorizzando sensibilità e riflessioni dei soggetti coinvolti, consentono di produrre effetti di apprezzamento, di valorizzazione e di riconoscimento, contribuendo a produrre impatti trasformativi duraturi.

10. Impariamo da esperienze cangianti

La vita è quello che ti accade | mentre sei occupato a fare altri progetti” è un’espressione frequentemente citata che racchiude un po’ il senso di questa tessera del percorso della collaborazione cross sector. Detto altrimenti, potrebbe essere la disponibilità ad apprendere dall’esperienza, dal confronto con la realtà, a rivedere i propri assunti, anche per arricchirli e integrarli con nuove prospettive, questioni, problematicità. Per farlo è necessario adottare una visione della progettualità disponibile alle modifiche in corso d’opera, dinamica e dialogica, che sia consapevole che gli oggetti e i soggetti del lavoro sociale sono in continua trasformazione.

Le partnership cross sector devono per quanto possibile integrare le novità e gli imprevisti ed essere un’opportunità per ripensare ed arricchire la propria azione. Inoltre la cross settorialità può assumere molteplici forme, non deve essere necessariamente intesa solo come collaborazione alla pari, a volte basta una cross promozione.

Lasciamo che siano le esperienze a guidare le nostre azioni, in un continuo processo di interazione e scambio reciproco, libero dalle categorie d’uso abituali e aperto all’integrazione di nuovi punti di vista da cui osservare la realtà.

11. Festeggiamo i risultati

È importante sottolineare la necessità di ritualizzare alcuni passaggi fondamentali della vita della partnership e delle progettazioni collettive. Celebrare i successi è una modalità per consolidare l’autostima e la stima reciproca, per rendere visibile il proprio lavoro, per rinnovare le motivazioni e le ragioni della collaborazione, per rilanciare entusiasmi e prospettive.

I percorsi cross sector per essere innescati, alimentati nel tempo e portati a compimento richiedono: energia, creatività, gentilezza. Festeggiare il raggiungimento dei risultati raggiunti significa mettere a valore il lavoro quotidiano, perché solo attraverso la condivisione di traguardi e difficoltà che possiamo raggiungere e progettare un futuro presente cross sector. I festeggiamenti ovviamente possono essere di vario tipo, a seconda della portata e della natura delle attività svolte dalla partnership: inaugurazioni, feste campestri, presentazioni e restituzioni pubbliche di risultati, eventi finali, mostre, concerti, incontri di saluto con i partner.

L’importante è che ci sia un passaggio, una demarcazione, che permetta di congedarsi da una fase, per intraprendere nuovi percorsi.

12. Lasciamo libere le idee

Nella prospettiva del Manifesto delle collaborazioni cross-sector, immaginiamo le possibili azioni che abbiamo descritto – gli incontri tra dimensioni sociali (pubblico, profit, non profit), tra campi disciplinari, tra ambiti  di intervento, tra organizzazioni, settori operativi, tra persone, professionalità, competenze – come occasioni fluide, aperte, in continua ricomposizione per innovare, trasformare, proporre, creare spazi aperti alla scoperta, alla costruzione di progetti, attività non ancora immaginate. Ci rappresentiamo gli spazi cross-settoriali come occasioni per esplorare collaborazioni inedite. Sentirsi  liberi e agire con libertà significa anche ricercare tra le mille strade possibili, percorsi sperimentabili ed evolutivi. Non c’è una partnership uguale all’altra, le relazioni tra i soggetti coinvolti possono essere asimmetriche o simmetriche ma in ogni caso rappresentano occasioni di apprendimento e di sviluppo della creatività.

E la possibilità di attingere spunti da esperienze, di intraprendere progetti forieri di novità rilevanti per il contesto e gli attori coinvolti, di combinare elementi per definire schemi operativi inediti costituisce una prospettiva generativa e connettiva. Le idee da vagliare sono davvero tante: pensiamo ad esempio alla possibilità di attivare una comunità di pratica che consenta di dare continuità a confronti, aperta a nuovi ingressi e a nuovi scambi o alla possibilità le linee di finanziamento valorizzino raccordi inediti, o ancora si pensi alla possibilità di organizzare un ciclo di incontri che fanno dialogare voci e prospettive diverse intorno a temi di comune interesse o a un hackathon progettuale, o a una caccia al tesoro che valorizza saperi e competenze di attori diversi coinvolti, etc.

E per quanto gli esempi che presentiamo alludano a opportunità, la realtà è sempre più anticonformista, creativa e spiazzante.

Questo manifesto è una proposta

Perché dialogare, intrecciare collaborazioni, promuovere partnership cross sector?

  • Per arricchire di opportunità e di relazioni interessanti un determinato contesto.
  • Perché sempre di più ci accorgiamo che lo sviluppo è dato dall’intreccio di dimensioni e variabili interdipendenti (relazionali, sociali, culturali, ambientali).
  • Perché è sempre più difficile rispondere a bisogni e problemi complessi di difficile soluzione adottando un solo punto di vista, un solo approccio, una sola dimensione di intervento.

Siamo convinti che lavorare in modo cross settoriale sia una modalità efficace per affrontare la complessità che investe la nostra società e le comunità locali, per entrare nelle sue dinamiche e cercare di promuovere relazioni e azioni sociali inclusive, trasformative e sostenibili. Non vagheggiamo la riduzione della complessità ma l’emersione di nuove collaborazioni che possano rispondere meglio alle numerose istanze che interpellano il presente e il futuro. Con questa intenzione abbiamo scritto a molte mani il manifesto illustrato: per offrire una sintesi delle opportunità che intravediamo e che ci proponiamo di sperimentare, per condividere le riflessioni nate nel laboratorio, per prendere posizione, per richiamare l’attenzione, per suggerire linee di azione che – prese singolarmente e considerate nel loro insieme – ci sembrano offrire linee di impegno percorribili.

Un manifesto che ci piacerebbe aprire a successivi incontri, a collaborazioni possibili, a prospettive praticabili.

 

Per approfondire: