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Primo Welfare

Con il termine “primo welfare” ci riferiamo al sistema tradizionale di protezione sociale organizzato e gestito dallo Stato tra fine Ottocento e inizio Novecento per rispondere a rischi e bisogni sociali dei cittadini. Per questo esso è spesso indicato anche come “Welfare State” o “Stato Sociale”

Il primo welfare include una serie di politiche pubbliche e programmi “essenziali” – come pensioni, assistenza sanitaria, tutele contro la disoccupazione, istruzione, politiche per la famiglia, politiche abitative, etc. – che intendono garantire il benessere dei cittadini attraverso la redistribuzione delle risorse e la fornitura di servizi.

Il primo welfare rappresenta quindi la base del sistema di protezione sociale. Su di esso si innestano le evoluzioni e le integrazioni del secondo welfare, che coinvolge attori non-pubblici (Terzo Settore, aziende, corpi intermedi…) per rispondere ai rischi e bisogni in una logica sussidiaria e integrativa rispetto alle politiche pubbliche tradizionali.

Di seguito i nostri articoli in cui approfondiamo dinamiche e esperienze realizzate nel perimetro del primo welfare.

Secondo la Corte dei Conti occorre ridurre il perimetro dell'intervento pubblico e la pressione fiscale, il cui livello attuale è "difficilmente tollerabile", ma in questo senso serve una "rigorosa articolazione tariffaria che realizzi il precetto costituzionale della concorrenza alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva". Per risanare i conti pubblici, dunque, è inevitabile ridurre il welfare, facendo pagare ai cittadini i costi di alcuni servizi con tariffe progressive.
Reconciling Economic and Social Europe: the role of ideas, values and politics, è un progetto promosso dal Centro Einaudi di Torino e dall'Università degli Studi di Milano grazie al sostegno economico del Consiglio europeo della ricerca (ERC). REScEU, attraverso un approccio multidisciplinare, vuole approfondire le grandi tensioni irrisolte tra due grandi sfere: il Welfare State e l'Unione Europea.
Nelle società più ricche la crescita dell’occupazione da sola non è sufficiente a contrastare il fenomeno della povertà. In tali contesti le politiche di lotta alla povertà dovrebbero pertanto consistere in un mix di interventi volti ad esempio all’aumento del numero di lavoratori per famiglia e alla compensazione del costo dei figli attraverso politiche fiscali e trasferimenti monetari.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto attuativo del Jobs Act sulle misure per la conciliazione delle esigenze di cura, vita e di lavoro. Il provvedimento entra in vigore insieme al decreto legislativo sulla disciplina dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni, che prevede nuove possibilità per i genitori italiani.
Nella sua recente intervista al Corriere della Sera il Primo Ministro greco ha indossato i panni del cavaliere solitario in guerra contro l’ingiustizia, lanciando bordate non solo contro la Commissione e la Germania, ma anche con i suoi colleghi sud-europei. Alcuni giudizi non sono privi di fondamento, ma quasi tutte le critiche mosse dal leader di Syriza alle attuali proposte dell'Unione Europea appaiono a dir poco sorprendenti.
Stretta sui controlli di bilancio, convergenza sulle riforme economiche, ma anche un "welfare da tripla A", con standard comuni per i trattamenti minimi di disoccupazione. Sono le linee di sviluppo per il progetto di riforma dell'Eurozona a cui stanno lavorando i vertici delle istituzioni europee in vista del vertice dei Capi di Stato e di Governo di fine giungo. Tante le novità che si profilano all'orizzonte.
Le statistiche dell'Eurostat ci condannano, ancora una volta, quasi all'ultimo posto per la quota di adulti laureati tra i Paesi europei e, più in generale, indicano che il livello d'istruzione complessivo della popolazione italiana dei 30-34enni è molto più basso della media UE. A generare preoccupazione sono soprattutto i dati legati alla istruzione terziaria non universitaria.
Dall’Istat arriva finalmente una buona notizia sul fronte che più preoccupa gli italiani: il lavoro. In aprile c’è stato un incremento di quasi centosessantamila occupati, principalmente nei servizi. Tuttavia, anche se alcune ipotesi negative sembrano essere state smentite, restano le criticità del settore industriale, che ancora fatica a tornare ai livelli di assunzioni pre-crisi.
L'Istat ha pubblicato la ventitreesima edizione del Rapporto che, come ogni anno, accende i riflettori sulla situazione socio-economica del Paese. L’indagine restituisce la fotografia di un'Italia in chiaroscuro, in cui convivono timidi segnali di ripresa del ciclo economico ma in cui permangono numerosi elementi critici, primo fra tutti la polarizzazione territoriale fra Nord e Sud.