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Giovani

Nel 2013 il Consiglio Europeo, nell’ambito della Youth Employment Initiative (YEI), ha varato la cosiddetta “Youth Guarantee” per fronteggiare le difficoltà di inserimento lavorativo dei giovani nei Paesi UE garantendo opportunità educative, formative e occupazionali a chi avesse meno di 30 anni. Rinnovata e rafforzata nel 2020 per affrontare i problemi generati dalla pandemia di Covid-19, la misura continuerà anche per il prossimo settennato.

In contemporanea con l’avvio della misura europea, Secondo Welfare ha creato un focus tematico conl’obiettivo di monitorare lo sviluppo delle misure connesse al programma nazionale “Garanzia Giovani e alle sue molteplici declinazioni, nonché prestare attenzione a esperienze significative realizzate in altri Paesi dell’Unione.

Pur continuando a occuparsi delle misure direttamente legate all’iniziativa europea, oggi il focus si interessa in maniera più ampia di vari temi legati ai giovani. L’intento, in particolare, è di monitorare la loro situazione socio-economica nel contesto post-pandemico e le relative misure messe in atto a livello nazionale e locale per sostenerli. Come mostrano numerose ricerche, infatti, i giovani sono tra i soggetti più colpiti dagli effetti del Covid-19 e proprio per questo appare fondamentale riflettere sulle iniziative di primo e secondo welfare che li riguardano.

Secondo Maurizio Ferrera le risorse del piano europeo Next Generation che saranno destinate all'Italia potranno essere un'occasione per investire in politiche finalizzate a contrastare uno dei più gravi problemi del nostro Paese: la disoccupazione giovanile. Una delle prime proposte formulate dalla Commissione europea è infatti quella di rafforzare da subito il programma Garanzia Giovani.
È disponibile il rapporto "Una Garanzia per i NEET. Garanzia Giovani in quattro regioni italiane: Calabria, Lombardia, Puglia, Piemonte" curato da Chiara Agostini e Tommaso Sacconi per il Laboratorio Percorsi di secondo welfare. Il rapporto è frutto di una ricerca sostenuta da ActionAid Italia, che si è posta l'obiettivo di analizzare la condizione dei NEET e il funzionamento di Garanzia Giovani.
L'ultimo Rapporto Bes sul benessere equo e sostenibile, prodotto dall'Istat a dicembre 2019, ha dedicato un approfondimento alle condizioni di benessere dei giovani in Italia. Dal rapporto emerge che quasi due milioni di under35 risultano particolarmente vulnerabili da un punti di vista economico e sociale. Ve ne parliamo in questo articolo ripreso dalla piattaforma Neodemos.info.
In Europa ci sono milioni di giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet, che costituiscono un problema rilevante per il sistema economico e sociale. Iniziative sostenute a livello comunitario, come Garanzia Giovani, malgrado alcuni limiti applicativi hanno portato a risultati interessanti in Italia e in altri Paesi UE. Questo articolo pubblicato sul numero 4/2019 di Welfare Oggi prende in esame tali strategie e i loro effetti a livello nazionale e europeo.
Il 12 marzo su Corriere Buone Notizie, inserto settimanale del Corriere della Sera, è stata pubblicata un'inchiesta curata da Percorsi di secondo welfare sui Neet, i giovani che non studiano, non si formano e non sono in cerca di un lavoro, e sugli effetti avuti dalla Garanzia Giovani, il programma europeo di contrasto alla disoccupazione giovanile, nei suoi primi cinque anni di attività.
Uno strumento come Garanzia Giovani se non integrato in una politica nazionale contro la disoccupazione giovanile difficilmente potrà produrre effetti determinanti. Ma per realizzare questo genere di politica, occorre prima di tutto avere una visione e un disegno. A dirlo è Patrik Vesan nell'ambito dell'inchiesta di Percorsi di secondo welfare sui Neet, pubblicata su Corriere Buone Notizie.
A quasi cinque anni dall'avvio di Garanzia Giovani, il programma europeo che si proponeva di favorire l'occupazione giovanile e contrastare radicalmente il fenomeno dei NEET, quali risultati sono stati raggiunti? Secondo Patrik Vesan qualche risultato è stato raggiunto ma, soprattutto a causa della mancanza di una strategia nazionale più ampia sull'occupazione giovanile, finora si è persa una grande occasione.
Attraverso una nota pubblicata mercoledì 4 aprile, la Commissione Europa invita le parti sociali, i servizi pubblici per l'impiego, le imprese e le organizzazioni giovanili ad impegnarsi sul fronte della sensibilizzazione di quei giovani che sono esclusi dal mercato del lavoro, da percorsi di formazione e dalla scuola, partendo dal programma Garanzia Giovani. Ecco i contenuti della nota della della direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione della Commissione europea.
Un miliardo e trecento mila euro di nuove risorse. È questa la cifra riportata nel mezzo della scorsa estate italiana da molte agenzie di stampa per il rifinanziamento del programma europeo Garanzia Giovani (GG) avviato nel nostro Paese nel 2014. Ma come è evoluto il programma per la lotta alla disoccupazione giovanile all'interno del nostro Paese? Ce lo spiega il nostro Patrik Vesan.
Garanzia Giovani in Italia è stata per molti un insuccesso, complici obiettivi troppo ambiziosi, tempi strettissimi, una situazione di partenza da ‘anno zero’, il contesto di incertezza politico-istituzionale e la crisi economica persistente. In Campania, tuttavia, il programma è stato percepito come una "finestra di opportunità" importante: una sfida per avviare un cambiamento nell’approccio al problema e, forse, nello "stile" di realizzazione degli interventi.
Funzionari dell’OCSE e della Commissione europea hanno visitato il centro per l’impiego di Scampia nell'ambito del progetto “Faces of Joblessness”, in corso di realizzazione da parte dell’OCSE. Questa iniziativa si propone di far luce sulle barriere che gli individui devono affrontare per trovare posti di lavoro di buona qualità e intende fornire assistenza ai policymakers nel progettare, adattare e indirizzare politiche di attivazione e di sostegno all’occupazione. La visita a Napoli ha fornito alcuni spunti interessanti.
Cosa fanno veramente i Neet? Sono davvero solo dei forzati del divano oppure anche tra di loro passa una linea di ulteriore disuguaglianza? Una divisione che separa gli «esogeni», quelli che sono impegnati ogni giorno in un duro corpo a corpo con un mercato del lavoro che non vuole includerli, dagli «endogeni», gli scoraggiati che si sentono drammaticamente inadeguati e sono portati ad arretrare davanti a qualsiasi sfida?
Con l’inizio dell’estate è uscito l’atteso rapporto biennale sulla Garanzia giovani prodotto dai ricercatori dell’Isfol. Il documento costituisce una fonte di informazione preziosa che può aiutare ad arricchire non solo la comprensione dell’iniziativa di policy, ma anche e soprattutto ad alimentare le riflessioni sul destino e il lascito della Garanzia giovani in Italia. Lo ha letto e analizzato per noi Patrik Vesan.
Parlare di successo o di fallimento è sempre un rischio, soprattutto per un piano come Garanzia Giovani, senza precedenti in Italia, che si innestava su una rete di servizi per il lavoro che è da sempre uno dei tanti talloni d’Achille del mercato del lavoro italiano e che, dettaglio non secondario, è tutt’ora in corso. Secondo Francesco Seghezzi di Adapt una delle modalità possibili per capire a che punto siamo, e come sta proseguendo il piano, è guardare ai dati e ai numeri di cui oggi siamo in possesso.
Per Garanzia giovani si apre la stagione del bilanci: si avvicina infatti la scadenza dei due anni di vita del programma e si discute del rifinanziamento. Nel tirare le somme, scontiamo però l’assenza di una cultura della valutazione. Schemi mentali manichei hanno infatti accolto Garanzia giovani prima ancora del varo del programma. Abbiamo quindi bisogno di un nuovo punto di vista: il programma è un concentrato di risposte alla crisi ed il primo passo è stato fatto. Un riformismo paziente richiede di ripartire dai successi e di trarre lezioni dagli errori.
Nonostante i numerosi aspetti critici della Garanzia Giovani, va preso atto che qualcosa ha funzionato e, a poco più di un anno e mezzo dal suo avvio, il bilancio non sembra del tutto fallimentare, anzi. A dispetto delle critiche e delle aspettative negative, sembrerebbe essersi innescato qualche circolo virtuoso, con differenze sensibili fra le regioni. ce ne parla Renata Lizzi, docente dell’Università di Bologna.
«Per favore chiudete Garanzia giovani», «Continuare con Garanzia giovani è un disastro!»: è così che il programma è stato salutato negli ultimi giorni del 2015. Ma per quanto esso non sia stato la «soluzione» in cui molti speravano, sarebbe auspicabile cambiare il livello della discussione. In questa riflessione proveremo a illustrare l’esperienza della Garanzia giovani da un altro punto di vista, alcune difficoltà che sono legate all’impostazione della misura in Italia e, infine, qualche spunto a favore di una «Garanzia adulti».
Il Ministero del Lavoro ha reso noto che il Sottosegretario di Stato Luigi Bobba e gli Assessori regionali alla Formazione hanno sottoscritto dei protocolli di intesa finalizzati a dare il via a quella che è stata definita, con una certa enfasi, la sperimentazione della «via italiana al sistema duale». Si tratta di una misura volta a promuovere, attraverso modalità differenti di alternanza scuola-lavoro, la formazione dei giovani e una più agevole transizione dal sistema educativo al mondo del lavoro.
Il Ministero del Lavoro ha recentemente pubblicato sul suo sito il Decreto direttoriale n. 385 del 24 novembre 2015 con il quale si conferma la possibilità di usufruire dei bonus occupazione previsti dalla Garanzia giovani senza dover incorrere nei limiti del regime «de minimis», definito dal regolamento (Ue) n. 1407 del 18 dicembre 2013.