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Nell’auto-percezione e nella comunicazione esterna è difficile trovare un’impresa che non sia convinta di essere un posto di lavoro attento ai bisogni dei suoi collaboratori. Eppure, nonostante molte aziende siano seriamente impegnate al riguardo, secondo i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, sale il numero delle madri lavoratrici che si dimettono per motivi legati alla cura della famiglia, ovvero per le serie difficoltà nell’armonizzazione dei compiti di lavoro e di quelli legati alla cura in famiglia.

Tuttavia – specie per quanto riguarda i piani della politica per la salute e la sicurezza, della responsabilità sociale, della valorizzazione della diversità, dell’approccio etico in generale – molte imprese vanno oltre gli obblighi di legge, ossia oltre quanto prescritto a livello normativo. Ma, ad oggi, quali strumenti può utilizzare un’impresa per valutare le “buone pratiche” messe in campo?

Gli strumenti per certificare le buone pratiche

In primo luogo, per quanto possa sembrare scontato, è necessario che le aziende conoscano sé stesse e che abbiano la consapevolezza delle pratiche spesso già in essere, senza che queste siano state necessariamente “formalizzate”. È infatti questa la situazione in cui si trovano non poche imprese, ricche di iniziative – ad esempio in tema di welfare aziendale – ma prive di regolamenti interni, policy o accordi di secondo livello.

Allo stesso tempo la conoscenza, la consapevolezza e la corretta valutazione della situazione esistente è premessa delle future politiche e del loro continuo miglioramento. Saper rispondere al progressivo cambiamento dei bisogni dei clienti e del quadro esterno – anche tecnologico – per le aziende è il primario fattore di successo. Alla stregua di questo, saper individuare e anticipare le aspettative degli stakeholder – interni ed esterni – diventa un requisito altrettanto importante per la sostenibilità del business.

Proprio per questo, nel comprendere lo stato della propria organizzazione nei vari ambiti afferenti al benessere organizzativo, il feedback da parte di un ente esterno può essere un grande aiuto. L’elenco degli standard qui di seguito riportato fornisce una panoramica sintetica dei sistemi di riconoscimento e/o certificazione nelle diverse aree afferenti al benessere organizzativo suddivisi in quattro sottogruppi: norme locali e internazionali, sistemi di gestione, riconoscimenti/premi e certificazioni di competenze.

Norme e Standard di qualità

SA 8000® – Social Accountability; standard per certificare le politiche di Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI), tra cui il rispetto dei diritti dei lavoratori e l’assenza dello sfruttamento dei minori; tale strumento è utilizzato soprattutto da imprese operanti in campo internazionale.

UNI ISO 45001:2018; standard certificabile in tema di sicurezza e salute sul lavoro che sostituisce la precedente norma britannica OHSAS 18001; richiede il coinvolgimento dei lavoratori e include le tematiche della Conciliazione Vita Lavoro.

UNI ISO 26001; standard internazionale; sebbene non destinata ai fini di certificazione da parte di organismi terzi, rappresenta una "Guida alla responsabilità sociale" per tutti i tipi di organizzazioni.

IxCLF – Impegno per la Conciliazione Lavoro Famiglia (Work-Life Balance); standard sviluppato da AICQ (Associazione Italiana Cultura Qualità) secondo i criteri del TQM (Total Quality Management) e certificabile dall’organismo di parte terza Certiquality.

Inoltre, nel 2019, l’UNI (Ente Italiano di Normazione), supportato da CGM (Consorzio Nazionale della Cooperazione Sociale Gino Mattarelli), ha approvato l’avvio della pubblica consultazione per la redazione delle “Linee guida per i requisiti per la qualità dei fornitori di servizi alla persona/famiglia nel welfare aziendale” (ve ne abbiamo parlato qui).

Sistemi di gestione

Family Audit; è uno strumento manageriale per il Work-life-balance; marchio di proprietà della Provincia di Trento che funge come ente di certificazione; promosso dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia presso il Consiglio dei Ministri.

WHP – Workplace Health Promotion (promozione della salute nei luoghi di lavoro); iniziativa avviata dall’Unione Europea sul campo della Salute gestite dalle ATS; apre alle tematiche della Conciliazione Vita Lavoro.

Ot23; denominazione del nuovo modulo INAIL per le domande di riduzione del tasso medio di tariffa per la prevenzione; tra le aree di intervento riconosciute annoverano anche gli interventi di carattere generale ispirati alla responsabilità sociale.

Riconoscimenti e premi

Welfare Index PMI; il premio Welfare Index PMI si propone come l’esito di indagine rivolta ad aziende da 6 a 1000 dipendenti su tutto il territorio nazionale. Ogni impresa viene valutata in ultima analisi da un comitato guida che premia annualmente le realtà più virtuose.

Great Place To work; si tratta di un percorso di certificazione che consente alle aziende di misurare il clima di lavoro dal livello di fiducia che si manifesta in azienda fra i lavoratori, i manager e l’impresa stessa. Le aziende che concludono il processo di certificazione vengono classificate e premiare con il Best Place To Work.

Certificazione parità di genere; la certificazione è un’iniziativa di Winning Women Institute un’associazione impegnata sul tema della Gender Equality con l’obiettivo di diffondere il principio della parità di genere all’interno del mondo del lavoro. Il processo di Audit valuta le opportunità di crescita in azienda per le donne, l’equità remunerativa e i processi gestionali HR, le policy per la gestione della Gender Diversity e le policy per il sostegno della maternità.

Profili professionali e competenze specifiche

Per la gestione del benessere in azienda, infine, Regione Lombardia ha codificato nei propri QRSP (Quadro Regionale degli Standard Professionali) tre profili professionali con competenze specifiche che possono essere certificate attraverso percorsi di formazione promossi da enti accreditati e tramite un percorso di valutazione informale.

Fra le figure competenti troviamo il Welfare Manager, il Disability Manager e il Diversity Manager. Il Welfare Manager è un professionista che opera nel campo delle politiche del lavoro progettando, gestendo, monitorando e valutando i programmi di welfare sia a livello aziendale che territoriale. Tale figura svolge azioni di supporto ai responsabili della gestione delle risorse umane in materia di welfare, smart working e conciliazione vita-lavoro anche durante le fasi di negoziazione e contrattazione sindacale.

Il Disability Manager è invece il responsabile di tutto il processo di integrazione socio-lavorativa delle persone disabili all’interno delle imprese; si occupa quindi di tutte le fasi di pianificazione, ricerca, selezione, inserimento e mantenimento in azienda, fino allo sviluppo professionale e organizzativo dell’individuo con disabilità. Il Diversity Manager è infine il responsabile di tutte quell’insieme strutturale di pratiche innovative di gestione delle risorse umane nell’ottica di valorizzazione della diversità di ciascuno, promuovendo la cultura dell’inclusione ai fini strategici dell’impresa.

Verso nuovi strumenti di valutazione…

Tutte le pratiche e i meccanismi qui menzionati rappresentano solo un primo passo nell’analisi dei sistemi di riconoscimento e valutazione delle buone pratiche sul tema del benessere organizzativo. Esistono infatti altre forme di riconoscimento che si stanno inserendo in Italia; fra queste a titolo di esempio possiamo citare il Manager Della Felicità e altri premi e riconoscimenti che puntano all’innovazione del Welfare come More Than Pink, altri ancora meno noti, ma che trovano spazio in una terreno come benessere organizzativo tuttora fertile nuove idee e bisognoso di cornici di senso.

Prossimamente continueremo ad approfondire e monitorare tali strumenti allo scopo di fornire ai nostri lettori un elenco quanto più ricco e completo possibile.

Riferimenti

FareWelfare.it