5 ' di lettura
Salva pagina in PDF

Easy Welfare, provider di welfare aziendale di cui vi abbiamo parlato in un nostro precedente articolo, attraverso il proprio Osservatorio ha recentemente divulgato i dati relativi all’andamento dei progetti di welfare realizzati dalle proprie imprese clienti. Tale analisi – che si riferisce ad un campione di 382 aziende attive nel territorio italiano – fornisce degli spunti interessanti che ci aiutano a comprendere le caratteristiche del fenomeno nel nostro Paese.

La diffusione del welfare aziendale nei settori produttivi

Per quanto riguarda la diffusione del welfare, dall’indagine emerge che i servizi di natura aziendale sono maggiormente presenti nelle imprese del comparto industriale e manifatturiero (che compongono il 43% del campione). Tale dato è influenzato principalmente dalle novità introdotte nel Contratto Collettivo del settore, il quale ha previsto l’attivazione di piani di flexible benefit per un valore pari a 100 euro nel 2017, 150 euro nel 2018 e 200 nel 2019.

A seguire si trovano le realtà del commercio (12%), quelle che si occupano di servizi finanziari (9%), quelle che operano nel campo dei media e delle telecomunicazioni (9%) – un dato, quest’ultimo, probabilmente destinato a crescere poiché il CCNL di questo settore ha recentemente previsto l’introduzione del welfare – e quelle che svolgono servizi e consulenza alle imprese (8%). Costituiscono un peso inferiore al 5% del campione le imprese dei settori dell’energia (4%), dei servizi (4%), della ristorazione (3%), dell’immobiliare (3%), del trasporto e logistica (2%), dell’istruzione e ricerca (2%), della sanità (2%). Gli enti pubblici, infine, rappresentano solo l’1% del totale delle realtà coinvolte.

Differenze in base all’età e al genere

Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio, le misure di welfare aziendale interessano per il 69% dei casi beneficiari di genere maschile e solo per il 31% beneficiari di genere femminile, evidenziando quindi un gender gap a sfavore di queste ultime. Inoltre, tali interventi sembrano essere più apprezzati dai lavoratori meno giovani: circa il 65% delle persone che usufruiscono di tali prestazioni hanno più di 40 anni (figura 1).

Per spiegare queste tendenze, si sottolinea che i dati qui presentati sembrano essere influenzati – almeno in parte – dalla composizione del mercato del lavoro in Italia. Attualmente, infatti, nel nostro Paese la maggior parte degli occupati sono uomini (58%, contro il 49% delle donne) con un’età compresa tra i 35 e 49 anni (43%, secondo i dati pubblicato dall’ISTAT e relativi all’anno 2017)

Figura 1: Beneficiari dei benefit di welfare in base al genere

Fonte: Rapporto dell’Osservatorio Easy Welfare


Importo medio dei benefit di welfare

L’indagine permette di conoscere anche l’importo che ogni impresa stanzia per i servizi e i benefit di welfare in favore dei lavoratori. Secondo i dati presentati, a fronte di un importo medio – calcolato cioè sulla base del campione complessivo dei beneficiari – di 645 euro a lavoratore, sembrano emergere delle differenze in base al settore economico.

Le imprese che investono maggiormente nel welfare aziendale sono quelle del comparto bancario e assicurativo e gli enti pubblici, le quali destinano ai servizi per i propri dipendenti una quota che supera i 2.000 euro per lavoratore. Quelle del settore del trasporto, della ristorazione, dell’immobiliare e dell’industria realizzano in media piani di welfare inferiori ai 500 euro. Le realtà di tutti gli altri settori stanziano invece una quota compresa tra i 1.000 e i 2.000 euro (figura 2).

Figura 2: Importo medio dei benefit di welfare in base al settore produttivo

Fonte: Rapporto dell’Osservatorio Easy Welfare

Tendenzialmente, inoltre, il valore dei benefit di welfare tende a crescere con l’aumentare dell’età del lavoratore (figura 3). Questo perché, di solito, l’importo del benefit è condizionato anche dall’anzianità aziendale del singolo dipendente.

Figura 3: Valore medio dei benefit per fascia d’età

Fonte: Rapporto dell’Osservatorio Easy Welfare


Le prestazioni più apprezzate

Le prestazioni più apprezzate dai lavoratori riguardano l’area dell’istruzione dei figli (31%), la previdenza complementare (20%) e la sanità integrativa (19%). Seguono poi i fringe benefit (16%) – cioè beni e servizi in natura che possono andare dall’autovettura aziendale alle assicurazioni sulla vita e per gli infortuni, dai presiti bancari ai buoni benzina, fino ai buoni spesa – e le prestazioni relative all’area ricreativa e al tempo libero (12%). Sono residuali le aree che si riferiscono all’assistenza a familiari non autosufficienti e disabili, alla concessioni di mutui e finanziamenti a tasso agevolato e al trasporto casa-lavoro.

Approfondendo tale questione, è interessante notare che la scelta dei lavoratori sembra essere fortemente correlata a due dinamiche specifiche: la capacità di spesa e l’età. Per quanto riguarda la prima questione, i dati evidenziano che in presenza di importi pari o inferiori a 258,23 euro – cioè alla soglia entro cui i beni e servizi in natura possono godere di un importante vantaggio fiscale – i fringe benefit sono le prestazioni più richieste. Le scelte dei dipendenti cambiano però in maniera consistente con l’aumentare dell’importo: più la cifra da destinare al welfare è elevata, più sono privilegiate le aree di intervento in grado di fornire risposte ai bisogni sociali primari (istruzione per figli, previdenza e sanità) (figura 4).

Figura 4: Scelte dei dipendenti in base all’importo stanziato dall’impresa

Fonte: Rapporto dell’Osservatorio Easy Welfare

Anche l’età sembra condizionare le decisioni dei lavoratori: coloro che hanno un’età inferiore ai 35 anni prediligono prestazioni riguardanti l’area ricreativa e i fringe benefit, mentre tra i 35 e i 50 anni è l’ambito dell’istruzione ad andare per la maggiore; infine, al disopra dei 50 anni le scelte ricadono maggiormente su previdenza complementare e sanità integrativa.

Figura 5: Scelte dei dipendenti in base all’età

Fonte: Rapporto dell’Osservatorio Easy Welfare

Come si può osservare dalla figura 5:

  • i servizi di istruzione, sanità e previdenza risultano comporre almeno il 70% circa di spesa per i lavoratori con almeno 46 anni di età;
  • tra coloro che hanno tra i 31 e i 35 anni la quota imputabile a tali servizi risulta pari a circa il 50% dei consumi complessivi;
  • al di sotto dei 30 anni il consumo aggregato dei servizi di istruzione, sanità e previdenza non rappresenta in media più di un terzo dei consumi complessivi;
  • i servizi di previdenza complementare compongono almeno un quarto dei consumi complessivi per beneficiari oltre i 50 anni di età.

La conversione del premio di produttività in welfare aziendale

In ultimo, è interessante vedere qual è la percentuale dei lavoratori che hanno scelto di convertire il premio di produttività in welfare. Come vi abbiamo più volte ricordato, la Legge di Stabilità del 2016 ha introdotto la possibilità di trasformare – in tutto o in parte – il premio aziendale in una quota da spendere in beni e servizi di welfare. Tale possibilità consente all’impresa di avere dei vantaggi sotto il profilo fiscale e contributivo (per un approfondimento vi rimandiamo al capitolo 4 del Terzo rapporto sul secondo welfare in Italia).

Per analizzare tale tendenza, l’Osservatorio di Easy Welfare ha realizzato un focus specifico che ha coinvolto 27 grandi imprese. Secondo i risultati, solo il 19% dei beneficiari dei premio di produttività ha scelto di convertirne una quota o la totalità in beni e servizi welfare. Tra questi vi sono soprattutto le donne e lavoratori di età compresa tra i 35 e i 55 anni. Un elemento che può essere spiegato dal fatto che queste due categorie rappresentano quelle maggiormente “schiacciate” dai bisogni riguardanti la conciliazione vita-lavoro, le complessità legate alla dimensione genitoriale e i carichi di cura dei familiari anziani, e che quindi preferiscano investire in servizi di welfare ad hoc per affrontarli.