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Siamo a 1 a 4.100. Un’assistente sociale ogni 4.100 residenti. Quindi in teoria il rapporto ce l’abbiamo. Non ti nascondo, però, che comunque di difficoltà ne abbiamo molte”. Così esordisce Laura Maria Brambilla, Dirigente del Settore Personale, Organizzazione del Comune di Monza.

L’abbiamo intervistata perché volevamo provare a guardare oltre il rapporto numerico del Livello Essenziale di Prestazione (LEP) a cui abbiamo recentemente dedicato un lungo articolo, che stabilisce un rapporto di almeno un’assistente sociale1 ogni 5.000 residenti2. Il LEP infatti, pur essendo un presidio di tutela fondamentale, per certi versi è solo un numero: dal punto di vista dell’utenza, per esempio, non può certificare da solo la qualità dei servizi o delle prestazioni offerte. E, sul fronte organizzativo, non è in grado di esprimere la fatica delle assistenti sociali a fronte di un numero crescente di situazioni complesse oppure le difficoltà delle pubbliche amministrazioni nel trovare e trattenere assistenti sociali nei propri servizi.

Volevamo anche capire che cosa significa – dal punto di vista della Pubblica Amministrazione – cercare assistenti sociali faticando a trovarli. Abbiamo pensato di parlarne con il Comune di Monza, un ente da anni particolarmente attento ai temi del miglioramento e dell’innovazione nella PA (ne avevamo parlato qui) e che da un paio d’anni sta sperimentando nuovi strumenti per il reclutamento dei propri collaboratori. Anche, appunto, assistenti sociali.

Il Focus Assistenti Sociali

Secondo Welfare cura uno spazio di approfondimento dedicato al lavoro dell’assistente sociale in cui propone dati, esperienze concrete, problemi, soluzioni innovative e temi emergenti attraverso riflessioni e contributi scritti da assistenti sociali e dalla nostra community. Scopri di più.

La situazione nel Comune di Monza

Il Comune di Monza è un esempio interessante per provare ad andare “oltre” il LEP e scoprire difficoltà e sfide che moltissimi enti si trovano ad affrontare. Brambilla ci racconta infatti che il Comune ha “32 assistenti sociali, quindi un rapporto di circa 1 a 4.100”. Ma se il LEP è superato non mancano le difficoltà: “le nostre assistenti sociali comunque evidenziano un certo sovraccarico e affaticamento, i “casi” da seguire sono cresciuti dopo la pandemia”.

Un buon indicatore per capire le difficoltà, nonostante il LEP sia raggiunto, è il turnover; come racconta Brambilla: “dal 2019 abbiamo avuto 14 cessazioni e 12 assunzioni. Siamo riusciti più o meno a mantenere il rapporto (tra AS e popolazione, ndr), però evidentemente c’è una criticità sull’appetibilità del ruolo di Assistente Sociale negli Enti Locali”.

In altri articoli abbiamo approfondito alcune delle motivazioni alla base di questo “problema”: c’entra, per esempio, lo strutturale disinvestimento nei servizi sociali pubblici dei primi anni Duemila. Ma anche decisioni politiche come l’abolizione del Reddito di cittadinanza pongono problemi molto concreti ai servizi e agli assistenti sociali.

Laura Maria Brambilla, Dirigente del Settore Personale, Organizzazione del Comune di Monza
Laura Maria Brambilla, Dirigente del Settore Personale, Organizzazione del Comune di Monza

Dall’osservatorio di Brambilla bisogna aggiungere almeno altri due elementi, uno specifico e uno più generale. Innanzitutto dalla pandemia in poi il numero di persone da seguire è aumentato ed è aumentata anche la complessità delle situazioni; si tratta di una consapevolezza diffusa: ce ne avevano parlato, per esempio, anche il Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali e il Delegato al Welfare e alle Politiche sociali dell’ANCI in un’intervista risalente all’estate scorsa. Nell’esperienza di Brambilla l’aumento di “casi” si traduce in una generale maggiore esposizione a rischi e responsabilità.

In questa situazione – prosegue la Dirigente – può accadere più spesso che una persona, magari spinta da aspettative irrealistiche rispetto al lavoro dei servizi sociali, sollevi il sospetto di un’azione scorretta o di un’omissione da parte dell’assistente sociale determinando l’avvio di un procedimento disciplinare3. Questa è, per esempio, l’esperienza del Comune di Monza: “noi nell’ultimo anno abbiamo avuto alcuni procedimenti disciplinari aperti presso l’Ordine degli Assistenti Sociali, conclusi tutti positivamente. Questa circostanza peggiora la percezione di sovraesposizione sperimentata dalle assistenti sociali”.

Non solo assistenti sociali

Brambilla sottolinea però che, accanto a questi aspetti strettamente correlati alla professione dell’assistente sociale, ci sono dinamiche più generalizzate: “la difficoltà di reclutare personale, specialmente giovani, nella pubblica amministrazione è piuttosto diffusa. Faccio un esempio con i nostri numeri: su figure amministrative e giuridiche un tempo facevamo concorsi con 1.500 partecipanti, adesso è già tanto se arriviamo a 200”. Il problema delle risorse umane all’interno della PA peraltro è da tempo al centro di riflessioni, riforme e dibattiti. Secondo un documentario pubblicato alla fine del 2023 dal Forum DD (Diseguaglianze e Diversità) la PA è “sottodimensionata e pericolosamente invecchiata” e questo compromette e comprometterà sempre più l’esercizio dei diritti sociali e civili nel nostro Paese.

Il governo deve intervenire sulla capacità amministrativa dei Comuni

Secondo Brambilla sono moltissime le variabili che contribuiscono a creare questa situazione: certamente ci sono motivazioni economiche, che però sono valide soprattutto per le professioni considerate come più prestigiose e solitamente remunerative (come ingegneri e architetti). Brambilla sottolinea inoltre come “i giovani chiedano altro: ambienti di lavoro flessibili, aperti alla conciliazione tra lavoro e vita privata, benefit o piani di welfare aziendale, possibilità di sviluppo professionale”. Si tratta di aspetti su cui anche la PA si è attivata, anche se spesso questi passi in avanti non sono stati comunicati in modo chiaro e diffuso.

A fronte di queste difficoltà il Comune ha avviato una serie di azioni. L’ente ha iniziato a interrogarsi su come comunicare meglio la propria proposta lavorativa e ha “messo in campo delle politiche di employer branding”, per esempio partecipando sistematicamente ai career day delle università “per cercare di far conoscere meglio questo lavoro e le tante diverse professionalità che comprende”. C’è poi l’impegno a comunicare meglio e più chiaramente gli strumenti di flessibilità che il Comune offre: “voucher di conciliazione, flessibilità oraria, smart working. Sono elementi presenti anche nel Pubblico ma che spesso non sono raccontati chiaramente. Stiamo cercando di farlo emergere anche nei bandi di concorso”.

Un nuovo modo di fare concorsi

Il Comune di Monza si è poi interrogato sui concorsi: è difficile trovare assistenti sociali anche perché in pochi – rispetto a qualche anno fa – si iscrivono ai concorsi. Brambilla racconta che, da questo punto di vista, probabilmente l’attuale struttura dei concorsi pubblici rappresenta una barriera all’ingresso, specialmente nei confronti dei più giovani: “quei concorsi nozionistici, con molteplici materie da studiare, orientati solo a valutare le conoscenze tecniche dei candidati… ecco, non sono più lo strumento giusto per attirare i giovani nella pubblica amministrazione”.

Per questo motivo hanno deciso di sperimentare nuove modalità di reclutamento, con gli assistenti sociali ma anche con le altre figure di cui avevano bisogno (tecnici, polizia locale, ecc.). “Abbiamo progettato il meccanismo di selezione puntando solo ed esclusivamente sulla valutazione delle competenze attitudinali dei candidati. Non c’è nessuna materia da studiare, i candidati vengono sottoposti a varie prove attitudinali e di setting. Facciamo delle prove di tipo logico e di comprensione verbale. E poi, per esempio, nel caso degli assistenti sociali i candidati si confrontano con alcuni casi situazionali studiati appositamente per poter valutare le competenze attitudinali, la motivazione, la “vicinanza” al ruolo da ricoprire”.

Rientra in questo tipo di sperimentazioni anche il concorso pubblicato alla fine del 2023 dal Comune di Monza, in accordo con i Comuni di Bergamo e Seregno. I tre enti si sono aggregati per fare un concorso congiunto che ha permesso di stilare un elenco di selezionati4.  Chi è in questo elenco potrà poi accedere a una seconda selezione che sarà realizzata direttamente dai singoli Comuni nel momento in cui avranno bisogno di assistenti sociali. Il vantaggio – afferma Brambilla – è che questa seconda selezione sarà aperta solo a “persone che sono già risultate idonee a quella posizione. Potrà dunque essere più leggera e potrà concentrarsi maggiormente sugli elementi ritenuti più importanti per la posizione: potrà trattarsi di nuovo di prove attitudinali, oppure di un colloquio più tecnico e specifico. Nel caso degli assistenti sociali potrà esserci un focus sullo specifico ambito in cui andrà a lavorare la figura richiesta (minori, anziani, disabilità, ecc., ndr)”.

La pubblica amministrazione giusta per un Paese più giusto

La valutazione sul concorso per assistenti sociali è complessivamente positiva secondo Brambilla. Il concorso ha registrato 94 candidature. Alle prove, svoltesi a fine febbraio, si sono presentati in 69 e 48 idonei hanno superato la selezione. “Tra le iscrizioni e la lista di idonei – sintetizza Brambilla – c’è una caduta di circa il 50%. Un dato che è in linea con i concorsi in altri settori del Comune e che è simile anche a quello che registrano diversi colleghi con cui mi sono confrontata in Lombardia, in particolare nel Milanese”.

I numeri degli iscritti non sono altissimi – sottolinea ancora Brambilla – ma sono in linea con la dinamica generale e sono comunque più alti di quelli che avevamo registrato nell’ultimo concorso, nel 2019”. Da questo punto di vista la strada da fare è ancora lunga ma sono molte le azioni che possono essere messe in campo: “pensiamo che sia fondamentale rafforzare il legame con le università, per esempio proseguendo nell’impegno a far conoscere meglio il lavoro nel Pubblico. Stiamo lavorando anche su aspetti più pratici, per esempio per conciliare i tempi delle selezioni con le sessioni di laurea”.

Un altro ambito su cui la dirigenza si propone di intervenire è quello della comunicazione sui social, percepita come canale fondamentale per valorizzare ancora di più la proposta di impiego nella PA. Conclude Brambilla: “C’è ancora un bel po’ da fare anche per migliorare la “cattiva” reputazione del Pubblico che anni e anni di scarsi investimenti e poche assunzioni e stereotipi sui dipendenti pubblici hanno generato”.

 

Note

  1. Come facciamo spesso nel Focus Assistenti sociali anche qui, scrivendo di assistenti sociali, alterniamo la declinazione femminile e quella maschile: la professione è composta per più del 93% da donne.
  2. Rapporto che peraltro è stato stabilito solo come prima soglia minima da raggiungere: contestualmente al LEP, nel 2021, è stato indicato un ulteriore “obiettivo di servizio” di 1 assistente sociale ogni 4.000 residenti.
  3. Secondo il Regolamento per il funzionamento del procedimento disciplinare locale del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali il procedimento disciplinare è “volto ad accertare la responsabilità disciplinare dell’iscritto all’Albo [degli Assistenti sociali, ndr] per le azioni o le omissioni che violino le norme di legge, gli obblighi per i professionisti che ne derivano, le disposizioni dell’Ordine professionale e del Codice Deontologico, o che siano comunque in contrasto con i doveri generali di dignità, probità e decoro, a tutela dell’interesse pubblico al corretto esercizio della professione”. In sostanza si tratta di un procedimento che verifica se ci siano state azioni scorrette o omissioni da parte degli assistenti sociali. L’azione disciplinare può nascere da segnalazioni provenienti da soggetti pubblici o da privati non anonimi, ma anche su impulso del Consiglio Regionale dell’Ordine o su richiesta di un Pubblico Ministero. Per approfondimenti si rimanda al Regolamento stesso.
  4. Brambilla spiega che si tratta di una nuova procedura introdotta dall’articolo 3-bis del DL 80 del 2021. Attraverso un meccanismo di convenzione gli enti locali possono aggregarsi per svolgere insieme selezioni pubbliche dalle quali scaturisce un elenco di idonei. Una volta composto l’elenco degli idonei, gli enti convenzionati possono attingere a quell’elenco per assumere il personale di cui hanno bisogno (che sarà comunque oggetto di una seconda selezione). Oltre ai vantaggi sul fronte della selezione (esplicitati di seguito nell’articolo), secondo Brambilla attraverso questo strumento i Comuni possono attuare una “economia di scala”, perché si ripartiscono i costi dei concorsi. Un altro vantaggio è che l’elenco di idonei deve essere aggiornato almeno una volta all’anno: “in questo modo – evidenzia Brambilla – si hanno sempre candidati tendenzialmente davvero interessati e disponibili alle posizioni offerte, mentre spesso le graduatorie “fisse” si esauriscono oppure vanno incontro a una sorta di obsolescenza”.
Foto di copertina: StartupStockPhotos via Pixabay.