Negli ultimi mesi anche in Italia si è sviluppato un interessante dibattito sul tema della filantropia basata sulla fiducia: Secondo Welfare ha recentemente pubblicato il rapporto “Filantropia basata sulla fiducia: promuovere l’innovazione e il cambiamento sociale investendo sulle relazioni” e “Fiducia e filantropia” è stato il tema scelto per il terzo incontro di Philanthropy Experience1 tenutosi nel novembre 2024 a Salerno.
Il dibattito prende spunto dal paradigma anglosassone che enfatizza l’importanza di una maggiore collaborazione tra donatore (grantor) e destinatario dei contributi (grantee). L’idea è che entrambi concorrano, seppur con ruoli diversi, alla produzione di benefici per la collettività su cui agiscono e che sia quindi necessario improntare questa collaborazione a un reciproco riconoscimento di intenti, strumenti e saperi. In estrema sintesi, sull’instaurarsi di rapporti di fiducia.
Poiché su questo punto c’è un sostanziale accordo da parte dei rappresentanti delle due comunità coinvolte nella riflessione – enti filantropici da una parte, enti operativi dall’altra – il dibattito si sviluppa soprattutto sul come questa fiducia debba nei fatti tradursi in un cambiamento nel modello di relazione e azione tra le parti. Due sono in particolare i temi più discussi.
Il primo riguarda il ruolo di donatore e grantee nella scelta delle strategie e degli ambiti di intervento. Da una parte gli enti filantropici vogliono libertà nell’esprimere ed esercitare la propria visione strategica, dall’altra gli enti attuatori sottolineano la propria sensibilità nel riconoscere e rispondere ai bisogni delle comunità in cui agiscono. Le due posizioni non sono tuttavia in antitesi e trovano nella fiducia il terreno di incontro affinché la visione strategica dei primi accolga le istanze e le esperienze dei secondi2.
Valutare l’impatto delle politiche ha senso?
Il secondo tema, più sensibile, riguarda l’opportunità di valutare l’efficacia degli interventi finanziati dalla filantropia. In particolare il suggerimento proposto è quello di abbandonare il focus sull’impatto originato dal singolo finanziamento e di concentrarsi su “altro”, ad esempio una più accurata analisi del problema che muove di volta in volta un intervento o una descrizione più dettagliata delle strategie messe in campo.
Questo suggerimento si basa sull’ipotesi che un singolo intervento non sia in grado di innescare cambiamenti su problemi collettivi complessi o che non sia possibile stimare in maniera robusta una relazione di causa effetto tra intervento realizzato e (eventuale) cambiamento generato. L’esperienza accumulata ci restituisce in realtà numerosi esempi di interventi con obiettivi di cambiamento definiti, in scenari complessi, su cui è stata costruita una robusta evidenza: la National Supported Work Demonstration americana, le tante politiche di contrasto alla povertà sperimentate da J-PAL nei Paesi in via di sviluppo (motivo di premio Nobel per gli economisti Duflo, Banerjee e Kremer), Progresa (e i suoi derivati Oportunidades, Prospera e Bienestar realizzati nei paesi latini) sono solo alcuni esempi di migliaia di interventi realizzati e valutati con robusti disegni controfattuali in ambiti e su tematiche molto eterogenei.
Non mancano esperienze significative in Italia, anche relativamente a interventi molto più circoscritti, di cui sono realizzate rigorose valutazioni controfattuali: il programma Benvenido della Fondazione Cariparo (cofinanziato dal Fondo per il contrasto alla povertà educativa) combina diverse azioni con l’obiettivo di rafforzare le famiglie e promuovere lo sviluppo dei bambini; lo stesso fa con altre strategie il progetto Villaggio per Crescere del Centro per la Salute del Bambino; il programma Articolo+1 della Fondazione Compagnia di San Paolo promuove interventi complessi per favorire l’impiego e il rafforzamento dei giovani NEET; “Nati per leggere” (di cui è disponibile il rapporto di valutazione) interviene per promuovere la lettura con i bambini e migliorare vari aspetti del vivere familiare e delle competenze individuali. Questi sono solo alcuni esempi.
La valutazione di impatto d’altro canto non rappresenta una alternativa all’analisi del problema (punto di partenza per il disegno delle policy) o alla riflessione sulle strategie messe in campo per aggredirlo. Quest’ultima dovrebbe anzi partire dall’interpretazione dei risultati prodotti dalla valutazione di impatto.
E se si ha fiducia?
Accantonato il dubbio sulla possibilità di produrre evidenza robusta circa la capacità di singoli interventi di produrre cambiamenti (anche) su fenomeni complessi, resta la seconda obiezione mossa contro la valutazione di impatto: l’opportunità/necessità che il filantropo valuti l’efficacia dell’azione del beneficiario dei propri contributi in presenza di una relazione di fiducia. A questa obiezione si può rispondere con tre considerazioni.
La prima riguarda l’utilizzo del termine “beneficiario”, che porta con sé un equivoco non tanto semantico quanto sostanziale: è (eventualmente) beneficiario delle azioni realizzate grazie al contributo messo a disposizione dalla filantropia il soggetto o la comunità su cui agisce l’intervento, e non l’ente che utilizza le risorse per erogare i servizi finanziati. Questo porta alla seconda considerazione che riguarda l’oggetto della valutazione di impatto: la politica (intesa come policy) messa in campo e non il suo attuatore. La terza riguarda il dubbio che muove la valutazione: anche in caso di buone intenzioni, capacità di azione e conoscenza dei fenomeni su cui agire, non sempre le strategie introdotte funzionano. La fiducia tra finanziatore e attuatore non elimina quindi il rischio di insuccesso.
Come valorizzare il rapporto di fiducia anche per valutare gli interventi?
Partendo dalla consapevolezza che filantropo e grantee concorrono al successo della policy (che è l’unico oggetto della valutazione), alcuni accorgimenti basati sulla relazione di fiducia possono sicuramente essere di aiuto.
In primo luogo un maggior coinvolgimento del grantee nel processo di definizione delle strategie da adottare a fronte di specifici problemi incentiverebbe un processo di corresponsabilità. In secondo luogo, il confronto su quali siano le dimensioni che approssimano in maniera più appropriate e credibile il successo della politica (gli outcome oggetto della valutazione) aiuterebbe a porsi obiettivi credibili e a partecipare più attivamente al loro raggiungimento. In terzo luogo, una maggiore valorizzazione dell’attività di raccolta delle informazioni utili alla valutazione permetterebbe di allocare le risorse necessarie a questo fine. In questo senso, una attenzione particolare dovrebbe essere posta al rischio di moltiplicare richieste informative per finalità diverse: la rendicontazione finanziaria (spesso onerosa e poco utile ai fini della conoscenza sull’efficacia delle strategie attuate) potrebbe cedere il passo ad una raccolta di informazioni utili alla valutazione. Infine, una maggiore condivisione dell’evidenza prodotta dalla valutazione aiuterebbe a programmare e attuare in maniera più consapevole.
Il presupposto della fiducia non può tuttavia sostituirsi alla ricerca di conoscenza, anche sui fallimenti. La fiducia (anche in quello che si fa) è alla base del disegno dell’intervento e delle ipotesi sui cambiamenti che dovrebbe produrre. Alla valutazione controfattuale il compito, con metodi oggettivi e non con supposizioni, di verificarli.
Note
- Si tratta di un appuntamento annuale sul tema della filantropia, giunto alla sua terza edizione. L’evento, che ogni anno è ospitato da un’organizzazione diversa, intende favorire l’incontro, lo scambio e la riflessione tra filantropi, fondazioni, imprese inclini a processi di CSR e operatori del Terzo Settore.
- Su questo tema importante sarà interessante soffermarsi in altra occasione. Comprendere il ruolo di enti filantropici e organizzazioni non profit nel definire gli obiettivi e le modalità con cui intervenire, introdotto nel rapporto “Filantropia basata sulla fiducia: promuovere l’innovazione e il cambiamento sociale investendo sulle relazioni”, sarà ulteriormente approfondito nei prossimi articoli del focus tematico “Filantropia e Fiducia”, NdR.