“Quando mio padre è arrivato a Torino da Napoli aveva un lavoro – la Fiat – e una casa. Mancava tutto il resto: non sapeva a chi chiedere per trovare un medico, non sapeva dove fare i documenti, quali erano i negozi… Mancava la prossimità”. Secondo Antonio Damasco, direttore della Rete Italiana di Cultura Popolare, queste reti di prossimità sono ancora oggi fondamentali e sempre più difficili da realizzare nei nostri quartieri e paesi. Proprio a questo bisogno vogliono rispondere le Portinerie di comunità, al centro della settima puntata di Intrecci: creare comunità insieme, il podcast che racconta 10 iniziative che rafforzano le comunità grazie al supporto delle Fondazioni di origine bancaria.
In questo articolo vi raccontiamo il funzionamento delle Portinerie di comunità, soprattutto in alcune aree interne, e approfondiamo la storia della Rete Italiana di Cultura Popolare, associazione di promozione sociale torinese che da vent’anni – anche grazie al sostegno continuativo della Fondazione CRT – si impegna a studiare e sostenere le relazioni di prossimità.
Dopo le tappe di Milano, Napoli, Sardegna, Volterra, Bologna e Trento siamo andate in Piemonte a intervistare Antonio Damasco della Rete, Stefania Coni della Fondazione CRT e Valeria Ardissone, “Abitante” della Portineria di Pont Canavese.
In questo articolo partiamo dalle Portinerie di comunità per raccontare il ruolo delle Fondazioni tra prossimità e fiducia, specialmente nelle aree interne.
Attivare le comunità attraverso le relazioni
Le Portinerie di comunità®1 sono nate a Torino nel 2020 dall’idea e dall’impegno della Rete Italiana di Cultura Popolare (avevamo raccontato qui la primissima Portineria). Le Portinerie sono presidi territoriali che possono ricordare in parte il portierato condominiale: sono luoghi “di fiducia” in cui poter lasciare le chiavi di casa, farsi consegnare un pacco o cercare consiglio su un buon artigiano o manutentore. Però sono anche molto di più: grazie a precisi strumenti di mappatura e attivazione del territorio sono in grado di creare o rafforzare la rete tra gli attori locali per rispondere a bisogni molto più articolati.
Il lavoro di ogni Portineria è diverso perché è guidato dai bisogni e dai desideri dei suoi Abitanti (così sono chiamate tutte le persone che vi accedono). Questi bisogni e desideri, grazie alla Portineria, vengono messi insieme e possono trovare una risposta attraverso il coinvolgimento di altri Abitanti o enti del territorio. Le iniziative che possono nascere sono moltissime e di vario genere: la persona disoccupata viene messa in contatto con il centro per l’impiego, il giovane di origine straniera partecipa a un percorso di formazione e inserimento lavorativo come barista, l’artigiana organizza un corso gratuito di origami, bambini e bambine della scuola dell’infanzia più vicina possono partecipare a un laboratorio di lettura o a uno spettacolo di pupi.
Questo lavoro di attivazione non sarebbe possibile senza strumenti come il Portale dei saperi®2, come raccontiamo nel podcast. Ma soprattutto non sarebbe possibile senza il coinvolgimento attivo del più ampio numero possibile di attori locali. Come ci ha raccontato Damasco le Portinerie “devono essere centrifughe, non centripete”. Non accentrano su di sé risorse ed energie, ma le individuano e mettono in rete per far sì che siano sempre più efficaci e accessibili per tutte le persone che vivono in un determinato luogo.
Un nodo fondamentale di questa rete è l’attore pubblico, come esemplifica bene l’esperienza di Pont Canavese, che è al centro del podcast: lì la Portineria è nata grazie alla collaborazione con il CISS 38, Consorzio Intercomunale dei Servizi Socio Assistenziali3 che associa 41 Comuni del Canavese. Per gli operatori del CISS 38 (amministratori, assistenti sociali, educatori, ecc.) – ci ha raccontato Damasco – è molto importante che i servizi sociali non rispondano solo alle emergenze ma promuovano una cultura di prevenzione del disagio sociale. “E la cultura della prevenzione – prosegue – arriva se esiste una cultura della comunità. Se in qualche modo la comunità si prende cura di se stessa”. Gli attori del Terzo Settore come la Rete e le Portinerie possono svolgere un ruolo fondamentale in questo processo, mappando il territorio e mettendo in relazione persone, desideri, competenze e disponibilità. Il lavoro delle Portinerie si basa anche su questo assunto, come precisa Damasco: “Le Portinerie fanno un lavoro sussidiario a quello degli enti pubblici, mettendo a disposizione luoghi “di inciampo”, a bassa soglia e gratuiti. Non faremo mai un servizio che il Pubblico già fa. Però possiamo aiutare il Pubblico a organizzarlo in maniera che sia più accessibile per le persone che arrivano in Portineria”. Un approccio assolutamente in linea con la logica propria del secondo welfare.
Un altro attore indispensabile nell’ecosistema delle Portinerie è la Fondazione CRT (Cassa di Risparmio di Torino), una Fondazione di origine bancaria che opera nel territorio piemontese e che sostiene la Rete Italiana di Cultura Popolare fin dalla sua nascita, nel 2004. “Vent’anni di collaborazione tra Fondazione CRT e la Rete raccontano un percorso straordinario nel segno della solidarietà, dell’inclusione e dell’innovazione sociale”, sottolinea la Presidente della Fondazione CRT Anna Maria Poggi. La Fondazione in questi anni ha sostenuto economicamente la Rete Italiana di Cultura Popolare permettendo la realizzazione di progetti con la vocazione “di ridefinire il concetto di comunità e di rispondere ai bisogni concreti del territorio”, tra cui anche le Portinerie. È importante sottolineare, tuttavia, che in questi anni “la Fondazione CRT non ha avuto semplicemente il ruolo di sostenitore, ma di vero e proprio partner strategico”, evidenzia Poggi. Come racconta nel podcast Stefania Coni, che è responsabile delle attività internazionali della Fondazione e che siede anche nel Direttivo della Rete, il supporto ha assunto nel corso degli anni diverse forme: “mettiamo a disposizione le nostre reti, i nostri network, valorizzando le iniziative che la Rete porta avanti anche in contesti internazionali”. Da questo confronto con la dimensione europea è nata, per esempio, anche l’idea del social franchising: attraverso questo processo – come approfondiamo nel podcast – la Rete Italiana di Cultura Popolare intende favorire la diffusione del modello delle Portinerie garantendo determinati standard qualitativi, attraverso percorsi di formazione, monitoraggio e coordinamento garantiti dalla Rete stessa.
La fiducia è la base della prossimità
Nel racconto del lavoro delle Portinerie e della Rete c’è un elemento ricorrente: la fiducia. Si tratta della fiducia di chi è disposto a raccontare la sua storia e i suoi bisogni perché vengano raccolti nel Portale dei saperi, la fiducia di chi dona il proprio tempo, le proprie competenze o anche le proprie risorse confidando che saranno custodite e “amministrate” per rafforzare la propria comunità, ma anche la fiducia costruita nel corso di 20 anni tra un ente filantropico e un soggetto del Terzo Settore.
Nel dibattito internazionale sulla filantropia questo tema sta assumendo una centralità crescente: nel corso degli ultimi anni si è diffuso un nuovo approccio denominato proprio “filantropia basata sulla fiducia”, a cui è dedicato un rapporto di documentazione pubblicato recentemente da Secondo Welfare (curato da Eleonora Rossero e Franca Maino). Questo paradigma punta a riequilibrare il rapporto tra enti filantropici e organizzazioni non profit, attraverso modalità operative più collaborative e orizzontali, e a promuovere relazioni di lungo periodo e finanziamenti continuativi che consentano una pianificazione a lungo termine.
Non a caso questo approccio è anche chiamato “relazionale”: invita infatti gli enti a investire su una relazione filantropica trasparente e bidirezionale, attraverso lo scambio e l’apprendimento reciproco con le organizzazioni non profit che sostengono. Questa relazione si basa su alcuni valori condivisi – come l’attenzione all’equità e il desiderio di mettere in pratica una redistribuzione del potere all’interno della relazione filantropica – e passa attraverso un cambiamento culturale, nelle pratiche e nella leadership delle fondazioni.
La filantropia basata sulla fiducia è guardata con molto interesse dai diversi attori che compongono il mondo filantropico italiano perché – secondo moltissimi osservatori – favorisce una relazione che permette di liberare e valorizzare al massimo le energie e le risorse di tutti gli enti del territorio. Le organizzazioni del Terzo Settore, potendo beneficiare di supporti continuativi – non solo di tipo economico (v. immagine sotto) – e del riconoscimento di fiducia da parte delle fondazioni, possono rafforzare la propria capacità organizzativa, fare investimenti strategici e di lungo periodo e provare a sperimentare nuovi servizi e prestazioni. Allo stesso tempo le fondazioni, lavorando a stretto contatto con organizzazioni non profit esperte, possono ampliare le proprie conoscenze su un determinato territorio o fenomeno realizzando interventi sempre più efficaci. Anche con il coinvolgimento di reti di attori diversi.
Un elemento particolarmente interessante di questo approccio è che permette di evidenziare e valorizzare le moltissime e diverse forme di sostegno che la filantropia può mettere a disposizione degli enti del territorio. Nel corso degli anni, come illustrato sopra, la Fondazione CRT ha fornito molti tipi di supporto diverso alla Rete – tra cui il networking, la visibilità e la facilitazione, oltre al sostegno economico – e sono stati tutti in qualche misura fondamentali per permettere la nascita e lo sviluppo di iniziative sperimentali come le Portinerie.
Prossimità e aree interne
La fiducia è un elemento fondamentale delle relazioni di prossimità, e questo vale anche e soprattutto nelle aree interne. Qui – a causa di dinamiche come lo spopolamento, il calo demografico e la diminuzione di servizi pubblici e privati – le relazioni di prossimità sono messe in difficoltà. Per questo motivo le Fondazioni di origine bancaria (e non solo) da anni realizzano progetti e programmi a sostegno delle comunità nelle aree interne.
Un esempio è il Progetto Appennino, un’iniziativa promossa dalla Fondazione Edoardo Garrone per sostenere lo sviluppo dei territori montani attraverso l’imprenditoria giovanile. La Fondazione mette a disposizione una serie di strumenti e competenze rivolti alla nascita di nuove imprese e alla piena valorizzazione del tessuto imprenditoriale esistente, anche grazie alla creazione di reti capaci di condividere risorse, conoscenze e opportunità. L’idea è nata 10 anni fa con i campus ReStartApp e ReStartAlp, rivolti ad aspiranti giovani imprenditori di montagna. Dopo i primi anni di sperimentazione, nel 2020, l’iniziativa ha assunto il nome “Progetto Appennino – Idee che muovono le montagne” e ha allargato i suoi obiettivi puntando anche al consolidamento delle imprese già esistenti e al coinvolgimento di tutte le dimensioni della comunità per la creazione di progetti condivisi di rilancio e valorizzazione del territorio.
Ogni edizione del Progetto Appennino è ospitata da un partenariato territoriale individuato attraverso una “Call per i territori”. Negli ultimi anni spesso le Fondazioni di origine bancaria, a causa del ruolo strategico che giocano nei propri territori di riferimento, hanno condotto i partenariati coinvolti nel Progetto Appennino: nel 2021 la Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno ha guidato la rete che ha ospitato il Progetto nell’appennino umbro-marchigiano, mentre nel 2023 la Fondazione Compagnia di San Paolo è stata capofila di un partenariato composto da enti pubblici e privati (tra cui altre due Fondazioni di origine bancaria, Fondazione De Mari e Fondazione Carige) che ha ospitato l’iniziativa sull’appennino ligure a Sassello (Savona).
Il rafforzamento delle comunità – come stiamo raccontando nelle diverse tappe di Intrecci – passa dalla cura delle relazioni e dalla creazione di rapporti di fiducia che permettano alle persone e agli enti di immaginare nuove strade per rispondere ai propri bisogni e desideri. Anche e soprattutto nelle aree più isolate e marginali.
Intrecci è realizzato da Percorsi di secondo welfare con il supporto di Acri, l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria. Intrecci è un progetto giornalistico ibrido: un podcast per conoscere attraverso le voci dei protagonisti i progetti di comunità e una serie di articoli di approfondimento per mettere a fuoco il ruolo della filantropia. |
Note
- Le Portinerie di comunità, così come il Portale dei saperi (strumento di attivazione di cui si parla più avanti nell’articolo), sono marchi registrati dalla Rete Italiana di Cultura Popolare. Come spieghiamo nel podcast la Rete ha avviato un processo di social franchising allo scopo di diffondere il modello delle Portinerie garantendo determinati standard qualitativi soprattutto in termini di attivazione comunitaria, attraverso percorsi di formazione, monitoraggio e coordinamento garantiti dalla Rete stessa. Per fare parte di questo modello è possibile mettersi in contatto con la Rete Italiana di Cultura Popolare.
- Si tratta di uno strumento basato su dialoghi e interviste che permette di mappare risorse e necessità di uno specifico territorio, mettendo in collegamento persone ed enti. Anche il Portale è un marchio registrato nell’ambito del social franchising delle Portinerie di comunità.
- I Comuni possono associarsi tra loro per l’erogazione di alcuni servizi, tra cui quelli sociali. Gli enti costituiti a questo scopo (Consorzi, Unioni di Comuni, Unioni Montane, …) sono chiamati enti gestori delle funzioni socio-assistenziali. In Piemonte i servizi sociali sono gestiti in questo modo nella maggior parte dei casi (e solo i Comuni più grandi, come Torino e Novara, hanno servizi sociali comunali).