Silvio Giovine è un deputato di Fratelli d’Italia eletto alla Camera nel 2022. Avvocato, prima di entrare in Parlamento, è stato Assessore al Commercio e attività produttive, lavoro, turismo e centro storico del Comune di Vicenza, la città in cui è nato nel 1983. Nel corso dei lavori parlamentari per l’approvazione del cosiddetto Ddl Concorrenza, Giovine ha proposto un emendamento che prevede di introdurre un tetto massimo del 5% sulle commissioni che le società emettitrici dei buoni pasto possono richiedere agli esercenti che li accettano, come ristoratori, bar e supermercati. Questo provvedimento potrebbe rivoluzionare il mercato di quello che, negli anni, è diventato uno dei principali strumenti di welfare aziendale in Italia. Per questo abbiamo intervistato alcuni protagonisti di questo mondo, tra cui lo stesso Giovine.
Onorevole, Giovine, cosa l’ha spinta a proporre un emendamento riguardante i buoni pasto?
È un tema che ho avuto modo di approfondire con associazioni di categoria, sindacati ed esercenti quando sono stato assessore alle attività produttive della città di Vicenza. Il fatto che negli anni le commissioni siano arrivate a sfiorare soglie di percentuali inaccettabili che hanno minato per anni l’attività di bar e ristoranti generando effetti negativi sulla effettiva spendibilità dei buoni e causando conseguentemente danni concreti a lavoratori e aziende mi ha spinto a presentare un emendamento per correggere una stortura che a nostro parere dura da troppo tempo.
Quali sono gli obiettivi principali che questa norma si propone di raggiungere?
Prima di tutto di restituire al buono pasto quella dimensione per cui è stato concepito ossia virtuoso strumento di welfare aziendale. Ritengo altrettanto importante aver equiparato con l’emendamento il settore privato a quello pubblico dove il tetto del 5% per le commissioni è già in vigore. Confido inoltre che grazie a questa modifica normativa bar e ristoranti possano tornare ad accettare i buoni pasto senza dover temere eccessivi costi aggiuntivi.
Secondo Federdistribuzione, il mercato dei buoni pasto “è dominato da pochi operatori” e gli esercenti si trovano in una condizione negoziale svantaggiata. Cosa ne pensa?
Che ci siano delle aziende più strutturate di altre in questo settore è evidente. Ma non deve passare per una colpa. La condizione negoziale di svantaggio pensiamo di averla riequilibrata con le novità introdotte.
Che ruolo giocano in questo mercato le aziende che acquistano buoni pasto per i loro dipendenti e che possono dedurre integralmente questa spesa?
Sono attori principali che abbiamo inteso tutelare con la nostra proposta emendativa. Per noi gli imprenditori devono essere messi nelle condizioni migliori per fare impresa e contestualmente garantire le migliori condizioni per i propri lavoratori.
Quali conseguenze si aspetta possa avere l’emendamento sulle società emettitrici e su lavoratori e lavoratrici?
È evidente che le società emettitrici dovranno compiere uno sforzo notevole, ne siamo consapevoli. Per questo abbiamo previsto una clausola transitoria e abbiamo costantemente dialogato con le loro associazioni. Ma era necessario dare un segnale su una materia che certamente merita una rivisitazione anche più profonda, che vorremo portare avanti in sinergia proprio con loro. Per aziende, lavoratori ed esercenti le conseguenze non potranno che essere positivi.
Per ANSEB, l’Associazione Italiana Società Esercenti Buoni Pasto, la misura potrebbe avere conseguenze gravi sul settore: le aziende che usano i buoni potrebbero ridurre gli investimenti e, di conseguenza, impattare negativamente su lavoratori e lavoratrici. Cosa pensa di queste preoccupazioni?
Con la clausola transitoria pensiamo di aver consentito un equilibrato riallineamento delle pattuizioni contrattuali. Le disposizioni dell’emendamento per altro andranno ad applicarsi da subito per i nuovi accordi mentre per gli accordi in essere entreranno in vigore a partire dal primo settembre 2025, fatta salva ovviamente la rinegoziazione. La dimostrazione che non c’è stato alcun intento vessatorio nei confronti delle società emettitrici.
I buoni pasto sono stati strategici per la sua diffusione del welfare aziendale, non pensa che il tetto del 5% possa rallentarne la diffusione?
Siamo convinti dell’esatto opposto. Abbiamo voluto porre un tetto alle commissioni proprio per far tornare il buono pasto una soluzione concreta e praticabile per le aziende di welfare aziendale. Per quanto ci riguarda accrescere il benessere personale e lavorativo dei dipendenti e dei loro familiari rimane una priorità.
Buoni pasto: diamo voce ai protagonistiCosì si va a “correggere una stortura che dura da troppo tempo” Un emendamento “rischioso” che “può far crollare l’intero sistema” Riportare il buono pasto “alla sua funzione originaria” L’occasione per aprire “un mercato notoriamente chiuso e concentrato” Come disinnescare i rischi delle commissioni al 5% |