Per le organizzazioni il welfare è ormai una certezza. Secondo la recente Indagine di Confindustria sul lavoro, oltre la metà delle imprese associate alla Confederazione degli industriali (per la precisione il 51,3%) ha introdotto misure di welfare. Addirittura, se si considerano le aziende che hanno più di 100 dipendenti, la percentuale sale al 78,7%. Come vi raccontiamo da anni, il welfare è sempre più presente nelle imprese che lo considerano uno strumento chiave per migliorare il clima e favorire il dialogo sociale e la contrattazione. Questo è verso in modo particolare in alcuni territori, come la Lombardia.

Il welfare aziendale e contrattuale in Lombardia

Lo dimostrano i recenti dati raccolti dall’Osservatorio sul welfare di Assolombarda, l’unione delle imprese che operano nelle aree di Milano, Monza, Lodi e Brianza. Secondo l’associazione, circa il 68% degli accordi in corso di validità e sottoscritti nel 2023 da imprese con una sede nel territorio di competenza di Assolombarda prevede forme di welfare aziendale1. Tra i settori produttivi, il welfare aziendale è più diffuso tra le organizzazioni che operano nel settore industriale: il 71% delle imprese che appartengono a questo comparto ha introdotto azioni di welfare; sono invece “solo” il 62% le aziende del settore dei servizi.

Analizzando come vengono finanziate queste prestazioni, si osserva che la principale fonte è stata il budget “on top” 2., sebbene abbia subito un calo significativo rispetto al 2022. Attualmente, questa modalità è utilizzata dal 46% delle aziende, rispetto al 78% dell’anno precedente e alla media del 53% registrata tra il 2016 e il 2021. Anche la tendenza a prevedere welfare attraverso la “conversione premio” è diminuita, passando dal 43% del 2022 al 34%. Questi dati evidenziano una tendenza verso un riequilibrio tra le diverse forme di finanziamento, superando la precedente forte concentrazione su budget “on top” e conversione del premio (figura 1).

Figura 1. Fonti di finanziamento del welfare aziendale. Fonte: Osservatorio Welfare di Assolombarda 2024

Da un’analisi dei contratti che l’Osservatorio di Assolombarda ha a disposizione sono state individuate 9 aree di intervento nel campo del welfare: previdenza, assistenza sanitaria, area assistenziale, mutui e finanziamenti, scuola e istruzione, area culturale/ricreativa, programmi e servizi assicurativi, mobilità e fringe benefit.

In merito, la figura 2 mostra la diffusione di queste prestazioni all’interno delle offerte di welfare delle aziende. Come si può osservare, le prime tre posizioni rimangono invariate rispetto al 2022, ma si è verificata un’inversione tra il primo e il secondo posto. I benefit legati all’area culturale/ricreativa, presenti nel 93% dei pacchetti offerti, salgono al primo posto, seguiti dai fringe benefit al 90%. Al terzo posto si confermano le formule rimborsuali legate a scuola e istruzione, incluse nell’80% dei pacchetti.

Rispetto alle differenze tra il 2022 e il 2023, da segnalare un incremento notevole (dal 4% al 42%) dei servizi assicurativi, che sembra diventare un elemento centrale all’interno dei piani di welfare delle organizzazioni e della contrattazione. Si riducono invece i rimborsi delle quote degli interessi passivi per mutui e prestiti (dal 14% al 3%); cioè è causato dall’aumento dei tassi di interesse bancari.

Figura 2. Le prestazioni presenti nei contratti. Fonte: Osservatorio Welfare di Assolombarda 2024

Il “punto di vista” degli operatori del welfare aziendale

L’Osservatorio di Assolombarda analizza e presenta alcuni dati forniti da operatori e piattaforme di welfare aziendale. In merito, secondo i provider, in riferimento al budget medio che ogni lavoratore ha speso in welfare aziendale, si è passati dai 588 euro del 2022 ai 610 euro nel 2023, con un incremento su base annua del 3,7%. Tuttavia, questo importo rimane inferiore alla media di 700 euro registrata nei sei anni precedenti (2016-2021), a cui ha contribuito in modo significativo il picco post-pandemia di 858 euro raggiunto nel 2021. Secondo i dati forniti dagli operatori, nel 2023 è stato utilizzato il 77% del budget totale allocato al welfare, un dato in linea con il 79% del 2022, e superiore alla media del 72% rilevata nel periodo 2016-2021.

Le “welfare company” forniscono poi alcuni riscontri in merito all’utilizzo delle prestazioni da parte dei dipendenti delle società clienti nelle 9 aree di intervento. Come illustrato nella Figura 3, si evince un progressivo ridimensionamento dei fringe benefit, scesi al 29% nel 2023 rispetto al 41% del 2022. Dal nostro punto di vista, ciò è dovuto al fatto che tra il 2022 e il 2023 la normativa sulla soglia di defiscalizzazione dei fringe è stata modificata (cosa che è poi accaduta anche nel 2024). Come spiegato qui, nel 2023 la quota di fringe benefit è stata infatti aumentata a 3.000 euro per i soli dipendenti con figli; per tutti gli altri è rimasta a 258,23 euro: questo ha portato a una contrazione generale del loro utilizzo.

Da segnalare poi una crescita della richiesta di servizi legati all’area scuola e istruzione, che aumenta di 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Anche l’assistenza sanitaria e la previdenza complementare mostrano un trend in crescita significativo, aumentando rispettivamente del 4% e del 5%. Si tratta di dati in controtendenza rispetto a quelli riportati a livello nazionale da alcuni provider e qui raccontati nei mesi scorsi: facciamo riferimento a quelli dell’Osservatorio di Edenred e a quelli dell’Osservatorio di DoubleYou.

Figura 3. Le prestazioni più richieste dai lavoratori secondo i provider. Fonte: Osservatorio Welfare di Assolombarda 2024

Il welfare aziendale cresce, ma a velocità diverse

La crescita del welfare aziendale dunque sembra continuare. Come visto, la Lombardia, e in particolare l’area intorno a Milano, sono sicuramente dei territori in cui questa crescita prosegue maggiormente. Questo è dovuto al fatto che si tratta di un contesto in cui c’è un’economia molto sviluppata e in cui si trovano tante organizzazioni che hanno margini economici importanti. Ma anche dal fatto che vi sono tante aziende attente alle opportunità che il welfare può generare, in particolare in termini di attraction e retention.

La Lombardia è senz’altro la Regione in cui il welfare aziendale è più sviluppato. A evidenziarlo sono anche altre indagini. I report periodici del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ad esempio, mettono in luce come quasi 1 contratto aziendale su 3 che prevede misure premiali (ma anche di welfare) sia stato sottoscritto in Lombardia. Inoltre, anche i dati dei provider di welfare aziendale, già menzionati sopra, chiariscono come quello lombardo sia il contesto territoriale in cui le welfare company hanno il numero maggiore di clienti.

Anche la recente ricerca “Il welfare aziendale nelle cooperative della Lombardia”, condotta da Secondo Welfare e dall’Università degli Studi di Milano, sostiene come in questo contesto il welfare aziendale e occupazionale sia particolarmente evoluto anche tra le realtà del mondo cooperativo: oltre il 70% delle organizzazioni cooperative mette a disposizione azioni di welfare, attraverso la contrattazione o in modo unilaterale (per saperne di più).

Questa è sicuramente una buona notizia per chi lavoro in Lombardia; lo è meno per gli altri lavoratori dipendenti. Come spesso vi raccontiamo, infatti, se è vero che in Lombardia e nel Nord del Paese il welfare aziendale è una pratica ormai consolidata per le imprese e le parti sociali, nel Centro e soprattutto nel Sud Italia sono ancora poche le organizzazioni che lo stanno sperimentando.

In questa direzione sembra esserci ancora molto lavoro da fare. L’auspicio è che, in prospettiva, si aprano progettualità e interventi – anche attraverso bandi e risorse pubbliche ed europee – per avviare delle azioni di sensibilizzazione e conoscenza anche nelle regioni del Sud del nostro Paese. Al tempo stesso, sarebbe strategico incentivare in questi territori formule di collaborazione tra le imprese, per la promozione di reti e di strumenti aggregativi che sono essenziali per il welfare e non solo. Questa strada incrementerebbe anche la competitività delle organizzazioni, portando un beneficio a tutti i territori.

Note

  1. Questa percentuale si basa su un campione relativamente limitato, che coinvolge 300 aziende.
  2. Che comprendono cioè la contrattazione aziendale e territoriale e le azioni unilaterali dell’impresa che non prevedono il coinvolgimento della controparte sindacale (i regolamenti aziendali e le liberalità unilaterali).
Foto di copertina: Vitaly Gariev, Pexels.com