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Si torna a parlare di fringe benefit. Nei giorni scorsi l’ANSA ha infatti rilanciato la notizia secondo cui, attraverso la Legge di Bilancio per il 2025, l’aumento della soglia di defiscalizzazione dei fringe ci sarà anche per il prossimo anno. E sarà ancora una volta temporaneo, valido fino a inizio 2026. Secondo fonti parlamentari questa volta non ci sarà però alcuna differenziazione tra chi ha figli e chi non ha figli: il tetto allo studio del Governo sarà uguale per tutti e dovrebbe dioscillare tra i 1.500 euro e i 2.000 euro. Come vi abbiamo raccontato qui, per il 2024 le Manovra aveva infatti imposto due diverse soglie: 1.000 euro per i lavoratori e le lavoratrici senza figli e 2.000 euro per coloro che hanno invece figlia a carico. Ma facciamo un po’ di ordine e qualche riflessione su questa scelta del Legislatore.

Cosa sono i fringe benefit e perché se ne parla tanto

I fringe benefit sono strumenti regolati dalla normativa a cui si fa riferimento quando si parla di welfare aziendale, cioè gli articoli 51 e 100 del TUIR, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi. In sintesi, i fringe sono un’insieme di misure di sostegno al reddito di lavoratori e lavoratrici che godono di specifici benefici fiscali per le imprese che li erogano: tra le formule più comuni ci sono card o voucher acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online) e buoni benzina.

La normativa, nello specifico il comma 3 dell’articolo 51 del TUIR, prevede che le aziende possano concedere ai singoli lavoratori/trici fino a un massimo di 258,23 euro attraverso lo strumento dei fringe benefit. Tra il 2020 e il 2024 i Governi che si sono susseguiti hanno però realizzato una serie di interventi finalizzati a garantire un aumento temporaneo della soglia di deducibilità dei cosiddetti fringe.

Welfare aziendale e fringe benefit: i trend attesi nel 2024

Nel 2020 e nel 2021 il limite dei 258,23 euro è stato raddoppiato (516,46 euro) con lo scopo di rilanciare i consumi dopo la pandemia. Nel 2022 la soglia è stata alzata a 600 euro dal Governo Draghi e poi, dal Governo Meloni, a 3.000 euro. L’intento di questi interventi era di contenere la spirale tra salari e inflazione e fornire una risposta in più per fronteggiare la crisi dei costi dell’energia dopo l’inizio della guerra in Ucraina, permettendo di utilizzare i fringe benefit per rimborsare le utenze domestiche di acqua, luce e gas.

Per quanto riguarda il 2023, attraverso il Decreto Lavoro (DL 4 maggio 2023, n. 48), il limite di deducibilità è stato mantenuto a 3.000 euro ma solamente per  i dipendenti con figli. Infine, nel 2024 la soglia è stata aumentata, questa volta, a 2.000 euro per chi ha figli a carico; mentre per chi non ha figli il tetto sarà di 1.000 euro. È stata poi confermata la possibilità di utilizzare queste cifre per il pagamento delle bollette, a cui sono stati aggiunti anche i costi sostenuti per il pagamento dell’affitto o del mutuo relativo alla prima casa.

Il welfare aziendale non è fatto solo di fringe benefit

La strada che il Governo Meloni intende percorrere per il 2025 sembra sostanzialmente la stessa seguita in precedenza. La volontà apparente è (ancora) quella di non modificare una volta per tutte la normativa e di adottare (ancora) un intervento temporaneo che varrà solo per il 2025, che avrà sicuramente un impatto comunicativo positivo ma che (ancora) non andrà a modificare strutturalmente la regolamentazione degli strumenti di welfare aziendale.

Inoltre, come sottolineato in passato (ad esempio qui e qui) il continuo – ed esclusivo – ricorso ai fringe benefit quando si deve intervenire nel campo del welfare aziendale ha dei limiti evidenti. Il rischio è che tutti gli investimenti delle imprese in questo campo si riducano ai fringe e, quindi, a buoni, voucher e card acquisto.

Welfare aziendale, il dibattito deve andare oltre i fringe benefit

 

Pur trattandosi di un’opportunità in termini di sostegno alla retribuzione, questa scelta rischia di ridurre il potenziale impatto sociale che le altre “voci” del welfare aziendale possono genere (si pensi ad esempio alla previdenza complementare, alla sanità, alla cura e all’assistenza alla famiglia). In altre parole: aumentare eccessivamente la soglia dei fringe benefit rischia di far scomparire tutte le altre prestazioni e gli altri servizi, in primis quelli sociali, sanitari e assistenziali.

Per questo, come ricordato in passato in queste pagine, potrebbero esserci altri interventi da parte del Legislatore per massimizzare la componente sociale del welfare d’impresa. Tra questi c’è il facilitare l’utilizzo di servizi di natura sociale, sanitaria e assistenziale, anche incentivando l’utilizzo dei fringe per queste prestazioni. Ma anche l’introduzione di nuove voci alla normativa, come la flessibilità, la formazione continua, l’orientamento e l’ascolto dei lavoratori/trici per migliorare l’impatto delle misure.

O, ancora, sarebbe strategico valorizzare le reti e la dimensione territoriale, prevedendo sgravi e incentivi per le organizzazioni che fanno rete (tra loro e con il territorio) in modo da incentivare (anche) lo sviluppo territoriale grazie al welfare aziendale.

 

Foto di copertina: Generata con DALL·E di OpenAI su prompt di Secondo Welfare