L’importanza del tema delle aree interne 1 nell’ambito delle politiche sociali è noto ai lettori di Secondo Welfare, che hanno avuto modo di approfondirlo anche grazie all’evidenze di una ricerca svolta in Calabria di cui avemmo già modo di parlare qui e qui. Quell’esperienza è ora  raccolta nel volume “Lento pede. Vivere nell’Italia estrema. Una ricerca sul campo” a cura di Domenico Cersosimo e Sabina Licursi, edito da Donzelli editore, che qui presentiamo. Un documento di valore, che rappresenta, al contempo, la sintesi di un complesso progetto di indagine e un aggiornamento della riflessione-interrogazione su una parte marginale del Paese, “l’estremo dell’Italia estrema” (p. 21), tutt’altro che irrilevante.

Una ricerca generatrice

Nata dalla collaborazione tra la Scuola superiore di scienze delle amministrazioni pubbliche (Sssap) del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università della Calabria ed il Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della Regione Calabria (Nrvvip), la ricerca ha visto coinvolti circa 30 tra sociologi, politologi, economisti e giuristi. Essi, tra il 2021 e il 2022, hanno indagato le condizioni di vita nei 63 paesi appartenenti alle quattro Aree pilota calabresi della Strategia Nazionale Aree Interne: Sila e Presila, Reventino-Savuto, Versante Ionico-Serre e Grecanica. Aggregazioni di comuni che attraversano la regione calabra da nord a sud, comprendendo territori montani, collinari e costieri.

Aree interne della Regione Calabria. Fonte: Agenzia per la Coesione territoriale
Aree interne della Regione Calabria. Fonte: Agenzia per la Coesione territoriale

Molteplici i focus presi in considerazione: le trasformazioni sociodemografiche nel primo ventennio di questo nuovo millennio e le previsioni future; le dotazioni e la qualità dei servizi pubblici essenziali (scuola, sanità e mobilità); le classi dirigenti locali, le loro valutazioni e rappresentazioni future della vita nelle aree con cittadinanza negata; la densità associativa e la  presenza di soggetti ed esperienze di «innovazione sociale»; la vita quotidiana e le valutazioni sul futuro atteso dei residenti; gli scenari economici e altro ancora.

Così come gli strumenti di indagine: interviste telefoniche, interviste in profondità a testimoni significativi, focus group in contesto, seminari di approfondimento, analisi fonti statistiche oltre che della relativa letteratura nazionale e internazionale.

Da qui i prodotti ad oggi disponibili, in forma di libri, articoli scientifici, articoli divulgativi, report per seminari, ecc.2, di cui il volume rappresenta una sintesi strutturata e organica aperta ad ulteriori sviluppi, sia sul versante scientifico che su quello delle policy multilivello.

Un oggetto di ricerca “interrogante”

Una ricerca che, riflessivamente, interroga il senso stesso del fare ricerca. Riprendendo quanto scritto da Carlo Levi nel 1959 (Levi 2000, p. 47):

In quel mondo di terra e di solitudine, dove sembra che il tempo sia fermo, e la storia, col suo variopinto corteo di avvenimenti, non sia arrivata, vive il popolo per cui l’Italia permane, e su cui fonda la sua esistenza e la sua grandezza. È una civiltà complessa e antica, tenace e paziente, ricca di umane virtù, legata alle realtà eterne, alla terra, alle stagioni, agli animali, originale e differenziata, sempre assoggettata e sconfitta, e sempre resistente e vincitrice: la più difficile a penetrare e comprendere, se soltanto il senso dell’uomo, e l’amore, aprono le sue porte.”

Il ricercatore/la ricercatrice non può evitare di misurarsi con il carattere interrogante, paradigmatico di cosa significhi fare ricerca in queste terre. Questo per almeno due motivi.

Il primo, determinato dalla percezione di una profonda asimmetria tra le evidenze disponibili – da qui lo sforzo notevole di indagine empirica profuso – e la loro capacità euristica di comprendere non tanto quello che manca o che non c’è, le disuguaglianze ampie e profonde, quanto la capacità di tenuta, di resilienza, delle comunità dei restanti (p. 78 e seguenti). Capacità generativa, nello specifico, di soluzioni di welfare – micro, informale, comunitario, ecc. – che va al di là e oltre certe mode sociologiche. Il secondo, legato alla necessità di cambiare i paradigmi con cui si analizzano questi mondi, di superare la emianopsiae/o la presbiopia che caratterizzano un certo modo di spiegare questo sociale. Perché, ed è il punto, se non si muta lo sguardo (p.133 e ssgg) non si riesce ad osservare e comprendere questi spazi del noi propriamente politici, generatori di valore, senso, appartenenza. Indissolubilmente legati a chi li abita, in una dinamica di cambiamento interagente tra luoghi-persone-comunità, nonostante i processi di abbandono, svuotamento e rarefazione.

Resilienza e comunità di pratiche: la cura degli anziani nelle aree interne della Calabria

Mutare sguardo, per chi fa ricerca, significa cambiare epistemologia, misurarsi con metodiche non tradizionali che registrino e diano conto, empaticamente, delle forme resilienti di solidarietà. Ovvero riscoprire e valorizzare i saperi tecnici non-esperti, veri e propri sistemi di conoscenza localizzata, lontani dagli standard di riproducibilità e codificazione della scienza. Grazie alla prossimità, alla emulazione, ma paradossalmente oggi anche alla digitalizzazione, essi divengono risorsa per affrontare efficacemente alcune sfide della sostenibilità ambientale oltre che della cura e del benessere. Significa accogliere il sapere letterario, la sapienza narrante, in quanto tale disvelante, quale risorsa esplicativa del tessuto delle relazioni/legami tra gli umani, la natura, la storia e le tradizioni, ecc., di luoghi sdoppiati da emigrazioni che nel frattempo si sono trasformate in post-migrazioni. Così come rivisitare metodologicamente le fonti statistiche disponibili, evidenziando l’effettività-non effettività dei diritti in un’ottica di epidemiologia di cittadinanza applicata, per l’appunto, a luoghi relegati lontano dalla cittadinanza.

Significa comprendere che l’abitare-riabitare le aree interne implica l’adottare un sapere situato (place based) ma non per questo rinchiuso, necessariamente plurale e aderente alle tante Italie di cui è composta l’Italia.  E, dall’altra, riformulare le categorie con cui leggere questo pluralismo, grazie ad un approccio orizzontale, accompagnato da uno sguardo dilatato, sul tempo lungo, chiamato a tenere conto di ciò che la storia ha sedimentato, che vada oltre il dualismo di una visione riduttiva, nostalgica di certezze da pensiero unico: nord sud; centro periferia; città campagna; metropoli montagna; produzione redistribuzione; grande industria piccola industria; ecc. – incapace di riconoscere nella varietà l’effettiva generazione del valore e della socialità.

Una sintesi efficace

Come dicevamo, il volume rappresenta la sintesi di un complesso programma di indagine, a carattere multidisciplinare e attraverso un uso integrato di metodiche di diversa natura. Ciò emerge chiaramente nella struttura assunta per questa pubblicazione, sua sintesi della sintesi.

Sanità territoriale e aree interne: considerazioni a partire dalla situazione della Calabria

Il perimetro è circoscritto ai determinanti del futuro possibile, ovvero a demografia (D. Cersosimo e S. Chimenti), vita quotidiana (D. Cersosimo e S. Licursi), bisogni sociosanitari (E. Chiodo e G. Marcello), scuola (E. Pascuzzi), mobilità (G. Passarella e G. Vella), economia locale (D. Cersosimo e A.R. Ferrara). L’Introduzione e le conclusioni dei Curatori, insieme ad una postfazione entnoantropologica di F. Librandi, contribuiscono ad aggiornare-proseguire nella discussione pubblica in merito al futuro delle aree interne del Paese, alla capacità di resilienza che riescono ad esprimere, e quindi alla funzione delle policy necessarie.

In questo senso, merita una menzione il titolo “lento pede”, che richiama, per un verso, la postura dei restanti, capaci di adattarsi alle caratteristiche dei luoghi e dei servizi, ma non rinunciando a perseguire vite dense e appaganti, ed auspica, al contempo, politiche attente ai luoghi e alle persone che li abitano.

Al di là delle retoriche e delle semplificazioni, sul welfare di comunità

Il tema della resilienza generativa dei restanti rappresenta, infatti, una opportunità per praticare politiche sperimentali il cui impatto va ben oltre i singoli luoghi. Insomma, l’innovazione è patrimonio (anche) dei margini.

In questi contesti estremi sono condensati i grandi nodi del sistema Paese, per usare un ossimoro, dell’universalismo territorialmente differenziato che lo caratterizza e che potrebbe amplificarsi alla luce delle recenti proposte normative. Povertà, assistenzialismo, denatalità, invecchiamento, mancanza di opportunità – scuola, lavoro, socializzazione – per i giovani, difficoltà di accesso ai servizi sanitari essenziali, carenza di servizi pubblici, ecc., sono alcuni dei nomi della questione sociale nelle e delle aree interne.

Al contempo però, in essi la partecipazione non può che essere forte (p. 50 e ssgg), e si presentano pratiche comunitarie di resilienza, se non di vera e propria rottura, capaci di garantire comunque livelli minimi di cittadinanza, di sostenere una visione ancora capace di futuro. Si tratta di un potenziale particolarmente importante a cui dovrebbero rivolgersi le politiche pubbliche, nel quadro di disegni di riforma più vasti. Come avrebbe dovuto essere, ma fino ad oggi non sembra tale, il Piano Nazionale di Riprese e Resilienza.

Così come, in essi, ritroviamo esemplificazioni veraci di ciò che comunemente chiamiamo, a volte in modo retorico rispetto ai determinanti della vita reale delle persone e dei collettivi, welfare di comunità. Se comunità, accezione preferita da chi scrive, significa riconoscersi in un destino comune, e welfare di comunità è l’insieme delle pratiche agite da chi vive tale dimensione di senso, nelle aree interne ciò è radicale e radicato nella materialità della vita di tutti i giorni. Una fonte fondamentale da cui attingere sia per la ricerca che per le policy.

 

 


Riferimenti

Note

  1. Zone geografiche caratterizzate da una distanza significativa dai principali centri di attività economica, servizi e infrastrutture; spesso in contesti rurali o montani. Le caratteristiche comuni delle aree interne includono una bassa densità di popolazione, un accesso limitato a servizi come istruzione, sanità e welfare. L’Italia si è dotata di una strategia nazionale per affrontare le sfide che riguardano queste aree.
  2. Oltre al libro qui presentato, ad oggi le pubblicazioni disponibili sono le seguenti: Campedelli M., Chiodo E. (2023), La sanità territoriale tra piani, decreti, sfide e… silenzi, in “Secondo Welfare”, 26 gennaio; Campedelli M., Chiodo E. (2023), Sanità territoriale e aree interne: considerazioni a partire dalla situazione della Calabria, in “Secondo Welfare”, 30 gennaio; Cersosimo D., Licursi S. (2023), Abitare la rarefazione | Dialoghi Mediterranei (istitutoeuroarabo.it), n.64; Cersosimo D., Licursi S. (2023), Un futuro per i luoghi rarefatti, La rivista il Mulino: Un futuro per i luoghi demograficamente rarefatti; Cersosimo D., Licursi S. (2023), Dove vivere? Le scelte individuali e i vincoli di contesto per i giovani nella Calabria del margine, in A. Membretti, S. Leone, S. Lucatelli, D. Storti, G. Urso  (a cura di), Voglia di restare. Indagine sui giovani dell’Italia dei paesi, pp. 119-40; Cersosimo D., Licursi S. (2022), Riavvicinarsi al paese. La Snai come politica-metodo  per l’Italia lontana, in Lucatelli S., Luisi D., Tantillo F. (a cura di), L’Italia lontana. Una politica per le aree interne, pp. 191-213; Cersosimo D., Licursi S. (2022), Abitare la ruralità. La coscienza di luogo dei giovani delle aree interne calabresi, in “RRN Magazine”, n. 16- 31, pp-23-24; Cersosimo D., Chiodo E., Licursi S. (2023), Calabria. La vita di chi torna nelle aree interne: motivazioni e futuri attesi, in Rapporto Migrantes. Italiani nel mondo, Roma; D’Agostino M., Tarditi V. (2024?), Logiche e forma della partecipazione nelle aree interne, in “Autonomie locali e servizi sociali”, n. 3, in corso di valutazione; Licursi S., Pascuzzi E. (2024), La povertà educativa nelle aree interne, in Salmieri L., Giancola O. (a cura di), I servizi sociali e la povertà educativa, in corso di stampa; Licursi S., Pascuzzi E.(2023), Giovani nel margine. Attese di futuro, legami con i luoghi e partecipazione alla vita pubblica nelle aree interne, in “Welfare & Ergonomia”, n. 2, in corso di valutazione; Musolino E. (2022), Life at the Margins: Chronicles from Inner Areas of Calabria, in “Rivista di sociologia del territorio, turismo, tecnologia”, vol 14, n. 1.
Foto di copertina: Fadi Al Shami, Unsplash